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La Nascita della Strega – Introduzione

Negli idiomi moderni, i termini con cui si designano streghe e stregoni hanno un’origine varia, in genere non collegabile al latino Strix, letteralmente un uccello notturno come la stringe o il barbagianni, come per esempio si è verificato nella lingua italiana. In francese, per esempio, sorcier/sorcière deriva dal latino sortilegius/sortilega , che originariamente indicava coloro che traevano le sortes o, più in generale, i “divinatori”. In inglese, invece, wizard/witch deriva dal sassone wicca/wicce, ossia “saggio/a” o “sapiente” che corrisponde al latino saga, mentre sorcer/sorceress, prestito del francese, si ricollega all’etimologia originaria, indicando gli indovini. In tedesco Hexer/Hexe, al pari di wizard/witch, ha nell’etimo un significato sapienziale. 
Poiché l’evoluzione delle parole è saldamente legata alla storia dei fenomeni che designano, è facile capire che l’identificazione della stregoneria come concetto separato rispetto ad altri aspetti del mondo magico è un percorso tutt’altro lineare. Tale complessità semantica rispecchia l’eterogeneità della stregoneria e della “caccia alle streghe” quali si conobbero in Europa fra Quattro e Settecento. Sulla genesi del fenomeno pesarono alcuni fattori di tipo sociale. Come è noto, nel Trecento una grave crisi coinvolse il pontificato, mentre le carestie e le epidemie flagellavano la popolazione. Con l’acutizzarsi dei disagi crebbero le paure collettive, e montò una crescente diffidenza verso quei gruppi – eretici, lebbrosi, omosessuali, ebrei – che per condizione fisica, sociale, economica o culturale apparivano “marginali”. Il passo per giungere alle accuse di stregoneria – possiile sul piano giuridico dal momento che la magia costituiva un crimine, equiparato all’eresia – appariva breve.
Nei secoli succesivi, la demonologia definì con precisione crescente lo stereotipo della strega; tuttavia, le specificità culturali delle regioni in cui la demonomania si diffondeva, e che ancora oggi emergono dal lessico, non subirono mai un occultamento totale: sotto l’uniformità delle domande rivolte dai giudici alle presunte streghe emergono sovente tracce del folklore e di antichi miti.

da Atlanti Universali Giunti

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Lao – Tzu “Un buon viaggiatore non lascia tracce”

Hokusai, Ragazzo sul monte Fuji

Un buon viaggiatore non lascia tracce,
un buon oratore non fa errori,
un buon calcolatore non si serve di contrassegni.
Una buona chiusura non ha bisogno di catenacci
eppure nessuno può aprirla.
Una buona legatura non ha bisogno di corda e di nodi,
eppure nessuno può scioglierla.

Il saggio è sempre pronto a salvare le persone
e non rifiuta nessuno,
è sempre pronto a salvare le cose
e non sprecare nulla.
Questo si chiama “seguire la luce interiore”.

Perciò il buono è maestro del cattivo
e il cattivo è la materia con cui il buono lavora.
Se non c’è devozione verso il maestro
e amore verso la materia,
per quanta pazienza ci sia, c’è confusione.
Questo si chiama “il segreto essenziale”.

da Tao- te ching

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Seneca “Il Tempo” (XII parte)

Roma 16 marzo 2014

Amsterdam

 

Seneca
Il Tempo  XII

C’è molta differenza tra il ritiro del saggio e
l’inerzia di chi se ne sta come in un sepolcro.

Vive veramente chi è utile all’umanità
e sa usare se stesso;
mentre coloro che stanno appartati e nell’inerzia,
fanno della loro casa una tomba.
Sulla soglia, al posto del nome,
si potrebbe scrivere,
come un’epigrafe sul marmo:
sono già morti prima di morire.

A domani
Lié Larousse

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Seneca “Il Tempo” (XI parte)

Roma 15 marzo 2014

Seneca copertina libro

Spazia ampiamente la vita del saggio,
che non si sente chiuso, come gli altri,
entro limiti angusti e, sottratto alle leggi  comuni,
ha tutti i secoli al suo servizio,
come fosse un dio:
abbraccia col ricordo il passato,
utilizza il presente,
pregusta il tempo che deve ancora venire.
A lui rende lunga la vita questa possibilità di
unire tutti i tempi insieme.

Brevissima invece e piena di angosce è la vita,
di chi dimentica il passato,
trascura il presente
e ha paura del futuro.

A domani
Lié Larousse

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Gottfried Benn “Poesie statiche”

Roma 25 ottobre 2013

Gottfried Benn

Il rifiuto dell’evoluzione

 è la profondità del saggio,

i figli e i figli dei figli

non lo inquietano

non lo scalfiscono.

Professare opinioni,

agire,

arrivare e partire

sono il segno di un mondo

che non ci vede chiaro.

Davanti alla mia finestra

– dice il saggio-

si stende una valle

dove si adunano le ombre,

due pioppi demarcano un sentiero

 tu sai – verso dove.

Prospettivismo

è un’altra parola per la sua statica:

disporre delle linee,

proseguirle

secondo la legge dei tralci –

sprizzare tralci -,

anche scagliare stormi e corvi

nel rosso invernale dei cieli all’alba,

poi lasciare cadere –

tu sai – per chi.

Poeta rivoluzionario e dissacratore, impietoso rappresentante  di una rivolta  a oltranza contro ogni norma familiare, sessuale, sociale dell’epoca, e come tale uno dei più illustri fondatori dell’espressionismo tedesco.

La sua opera più significativa è la raccolta di poesie, pubblicata a Zurigo nel 1948, dal titolo Statische Gedichte (Poesie statiche), in cui si riflette quella netta separazione tra arte e vita che conduce e costringe il poeta a una irreversibile “emigrazione interiore”.

Radicato in un nichilismo nicciano, persuaso che la cifra dell’uomo moderno sia la lacerazione cosciente della personalità, Gottfried Benn muore a Berlino nel 1956.

A domani

Lié Larousse

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I Canti degli indiani Omaha “Per la nascita di un bambino”

Roma 1 Agosto 2013

INDIANO OMAHA

Presso le popolazioni native del Nord America, i cosiddetti “indiani”, la profonda dimensione spirituale  della vita che permeava di sé tutte le manifestazioni umane era testimoniata dalle invocazioni, dalle preghiere, dalle cerimonie sacre che si intrecciavano alla vita quotidiana e ne scandivano il ritmo e le stagioni.

Tra le varie occasioni di canto e preghiera la nascita del bambino era una delle più significative.

Presso molti popoli nordamericani  si credeva che la vita fosse trasmessa al bambino dal Popolo Soprannaturale  e venisse soffiata nel suo corpo dal vento.

Questo si stabiliva vicino al cuore e di lì controllava i movimenti della persona  come un giudice.

Alla nascita di un bambino, nella tribù veniva scelto un saggio che, presente al parto, doveva benedire il nuovo nato con una preghiera augurale come quella che si legge qui di seguito:

O sole, lune e stelle, che percorrete i cieli,

vi prego , ascoltatemi:

è giunta una nuova vita in mezzo a voi,

accoglietela, vi imploro,

rendete facile la sua strada

perché possa raggiungere

il livello della prima altura!

O venti, nubi, pioggia e nebbia,

che vi muovete nell’aria,

vi prego , ascoltatemi:

in mezzo a voi è giunta una nuova vita,

accoglietela, vi imploro,

rendete facile la sua strada

perché possa raggiungere

il livello della seconda altura!

O colline, valli, fiumi, laghi. alberi, erbe,

voi tutti sulla terra, ascoltatemi, vi prego:

in mezzo a voi è giunta una nuova vita,

accoglietela, vi imploro,

rendete facile la sua strada

perché possa raggiungere

il livello della terza altura!

O uccelli piccoli e grandi,

che abitate nei boschi!

O insetti che volate fra le erbe

e vi seppellite nella terra,

ascoltatemi, vi prego:

in mezzo a voi è giunta una nuova vita,

accoglietela, vi imploro,

rendete facile la sua strada

perché possa raggiungere

il livello della quarta altura!

O voi tutti in cielo, nell’aria, sulla terra:

ascoltatemi, vi prego:

in mezzo a voi è giunta una nuova vita,

accoglietela, vi imploro,

rendete facile la sua strada ché possa andare

oltre le quattro alture!

de’ il Popolo degli Omaha

A domani

LL

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Charles Dickens: pubblicazioni a puntate

Roma 2 luglio 2013

Charles Dickens nacque a Portsmouth, in Gran Bretagna, nel 1812.

Le disagiate condizioni economiche della famiglia lo costringono al lavoro in una fabbrica già da bambino: lì ebbe modo di conoscere le condizioni di miseria e di sfruttamento di tanti coetanei inglesi all’epoca della rivoluzione industriale.

Più tardi, dopo brevi studi, lavorò come impiegato presso un avvocato, collaborando nel frattempo a un giornale umoristico.

A ventiquattro anni gli arrise improvvisamente il successo come scrittore: le avventure umoristiche  dei personaggi de Il circolo Pickwick, pubblicate a puntate su una rivista, ebbero un seguito straordinario: basti pensare che la rivista passò da una tiratura di 400 copie a una di 40.000!

Da allora Dickens scrisse inesauribilmente, alternando testi narrativi umoristici a racconti polizieschi a racconti di fantasia, non secondari nella sua produzione, a romanzi di “realismo sociale”, nei quali denunciò le terribili condizioni di vita degli operai inglesi dell’Ottocento.

Dickens ebbe successo presso il grande pubblico perché sapeva trattare temi in cui il lettore comune si riconosceva, con personaggi identificabili nella vita quotidiana: il padrone di casa, il capoufficio, l’operaio, l’ubriacone che chiede l’elemosina agli angoli delle strade.

I critici letterari, invece, non gli furono sempre favorevoli, accusandolo di eccessivo moralismo, frettolosità nello scrivere e schematismo nel dividere i personaggi in buoni e cattivi.

Prima di morire ci lasciò in eredità molte importanti opere: Racconti di Natale, Il circolo Pickwick, Le avventure di Oliver Twist, David Copperfield, Grandi speranze, Nicholas Nickleby, La piccola Dorritt, Il nostro comune amico, Impressioni d’Italia. 

Dickens morì nel 1870.

A domani

LL

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Fichte e la teoria dell’uomo libero

Roma 31 maggio 2013

La vita di Johann Gottlieb Fichte sembra confermare il principio fondamentale della sua dottrina:

“non esistono insuperabili limiti oggettivi alla libertà  dell’uomo; ogni individuo, purché lo desideri con l’adeguata intensità, può superare qualsiasi ostacolo e realizzare pienamente  se stesso”.

Nato da una poverissima famiglia contadina conobbe da giovane la miseria, tanto che per aiutare  i genitori fece il guardiano di oche.

La sua straordinaria intelligenza attirò l’attenzione di un ricco nobile della sua città (Rammenau in Sassonia) che gli pagò gli studi.

Si iscrisse alla facoltà di Teologia a Jena e iniziò uno studio appassionato dei testi di Kant, al punto che il suo primo scritto giovanile “Saggio di una critica di ogni rivelazione”, pubblicato anonimo, fu attribuito allo stesso Kant, che dovette intervenire per chiarire  l’equivoco.

Divenuto così improvvisamente celebre, visse per cinque anni lavorando all’Università di Jena un periodo denso di successo  e di opere da suscitare l’invidia dei colleghi.

L’occasione venne dalla polemica sull’ateismo: Fichte, sempre generoso e appassionato nella polemica intellettuale, si espose troppo nella difesa di un suo discepolo, reo di aver sostenuto la tesi che l’ateismo non coincide con l’immortalità e che se l’etica costituisce il nucleo essenziale di ogni religione, si può allora essere religiosi anche senza credere in Dio.

Fichte fu licenziato e dovette, per alcuni versi, ricominciare da capo, ovviamente ci riuscì benissimo.

Lasciata Jena per Berlino, visse dando lezioni private, tornando così ad una condizione di estrema povertà, che accettò con orgoglio, vedendovi un’occasione di crescita morale.

Nel giro di pochi anni tornò all’insegnamento e nel 1810, anno di fondazione dell’Università di Berlino, fu nominato dapprima professore e poi rettore.

A questo straordinario successo contribuì anche l’impegno politico nella lotta contro Napoleone espresso nei Discorsi alla nazione tedesca.

Morì poco più che cinquantenne, forse proprio per un’indiretta conseguenza del suo impegno civile: contrasse il colera dalla moglie ammalatasi curando come infermiera volontaria i soldati negli ospedali militari.

A domani

LL

 

Testo di lettura:

Antologia illustrata di filosofia
Demetra Editore