365 giorni, Libroarbitrio

POETA IO?… ” Madrigali moderni” Tullo Gramantieri 1928

Boldini- Il pianista -la-cantante-mondana

Nel dopoguerra.
Di sé.
Fece perdere le sue tracce.
Nessuno conosce.
Nessuno sa.
L.L.

POETA IO?…
Signora,
perché mai a me che in una
lettera, ho detto a voi dell’irrequieta
anima mia, dei sogni miei, del mio
sùbito amor per voi, del gran desio
che m’assalì di voi, sotto la luna,
l’altra notte, voi mi date del poeta?

Poeta io!…Perché?…Se avvien che Amore
mi detti dentro, in bei versi sonati
nel difficile gioco delle rime,
io scrivo come l’anima s’esprime;
– e son parole dolci come canti
poiché dell’imo sgorgano del cuore –

se avvien che porga orecchio all’infinita
canzon che della terra al cielo azzurro
innalza a noi d’intorno la natura,
io, nell’immensità spersa creatura,
unisco la mia voce, il mio sussurro
all’immortale canto della vita.

E allora creder ti fan l’identica
bambina incapricciata
che non vuol sonno prendere
se sola vien lasciata…

Perciò io m’offro subito
a farti compagnia:
ti narrerò la favola
più bella che ci sia!…

e spero poi che varie
volte ti desterai
e ripeter la favola
da capo mi farai…

365 giorni, Libroarbitrio

Stendhal l’inventore del romanzo realistico europeo

Capalbio 22 agosto 2013

Nato a Grenoble in Francia, nel 1783, Stendhal (pseudonimo di Henri Beyle), di origini borghesi, lasciò la famiglia a sedici anni poiché, deceduta la madre  quando era piccolissimo, non tollerava più di vivere col padre, uomo di idee chiuse e autoritarie.

Soggiornò a Parigi qualche mese e poi si arruolò  giovanissimo nelle armate napoleoniche, partecipando alla Campagna d’Italia nel 1800.

Per quasi dieci anni, fino alla caduta di Napoleone, percorse vari paesi d’Europa, con incarichi politici per conto dell’imperatore.

Alla caduta di Napoleone rientrò in Italia e rimase sette anni a Milano.

Fu in questo periodo che iniziò l’attività di scrittore, soprattutto con saggi di musica, di arte e di teatro.

Dopo una delusione amorosa, nel 1821 tornò in Francia, a Parigi, anche perché le autorità austriache in Italia lo sospettavano di cospirazione.

Qui visse con amarezza e difficoltà economiche il periodo della restaurazione seguito alla caduta di Napoleone.

Dopo alcune collaborazioni come critico su alcune riviste , nel 1827 pubblicò il primo romanzo e le prime novelle.

Con la rivoluzione del 1830, che portò al potere Luigi Filippo, riprese l’attività politica  e venne mandato come console in Italia, prima a Trieste e poi a Civitavecchia.

Proprio in quell’anno scrisse il primo dei suoi capolavori , Il rosso e il nero, cui seguirono altri romanzi e novella tra cui, nel 1839, La certosa di Parma. 

Dopo un’intensa attività di scrittore  e numerosi viaggi , nel 1841 tornò  a Parigi, dove morì l’anno seguente.

Considerato un romantico soprattutto per la sua capacità di rappresentare il conflitto tra gli ideali e le passioni  degli uomini  e l’ipocrisia della società, seppe però trovare un’originalità che lo distinse profondamente dal romanticismo di maniera.

Di questo rifiutò la rappresentazione poco realistica della società e lo stile di scrittura troppo enfatico.

Grazie al “il rosso e il nero” Stendhal è considerato come l’inventore del moderno romanzo realistico europeo.

Molto personale è il suo stile  narrativi, quasi anticipatore della scrittura moderna: asciutto, immediato, cronachistico, quasi da “codice civile”, come scrisse egli stesso.

A domani

LL

 

365 giorni, Libroarbitrio

Il Romanticismo in Italia

Roma 8 giugno 2013

In Italia si cominciò a parlare di romanticismo solo dopo la caduta di Napoleone, anche se si erano già manifestate personalità dalla sensibilità e dal temperamento chiaramente romantici, come Alfieri e Foscolo.

Nel 1816 sulla “Biblioteca Italiana” un giornale letterario milanese, apparve un articolo in cui Madame de Stael invitava gli italiani a liberarsi  dal culto esclusivo dei classici ed a leggere i contemporanei scrittori stranieri.

L’articolo suscitò una battaglia letteraria  in cui si scontrarono i fautori della nuova letteratura  e i difensori della tradizione classicistica. Questi ultimi , opponendosi a ogni novità di pensiero e di espressione  artistica, si rivelarono ben presto reazionari e conservatori anche in politica.

I romantici invece sentivano la necessità di una poesia e di una letteratura nuove e aderenti agli ideali e ai sentimenti che in quegli anni attraversavano l’Europa e che invano la Restaurazione cercava di soffocare.

La battaglia tra classici e romantici si trasformò ben presto da discussione letteraria a polemica di significato civile e politico.

A questo dibattito partecipò Giovanni Berchet con un opuscolo intitolato Sul cacciatore feroce  e sulla Eleonora di G.A. Burger: lettera semiseria di Grisostomo, considerato il manifesto del romanticismo italiano.

Nella Lettera di Berchet troviamo già gli indirizzi e le scelte fondamentali del nostro Romanticismo: rifiuto degli aspetti più individualistici e patetici del romanticismo d’oltralpe, accettazione invece della polemica anticlassicistica ed antimitologica, insistenza  sul motivo dell’importanza educativa e sociale della poesia.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

Neoclassicismo “Bellezza” valore assoluto

Roma 5 giugno 2013

Sotto il profilo letterario ed artistico l’età napoleonica fu caratterizzata dal neoclassicismo.

Questo movimento fu  sostanzialmente una forma del gusto, che si riferisce ai modelli classici, che ebbe origine verso la metà del ‘700, manifestandosi prima di tutto nelle arti figurative.

Risalgono a quel tempo gli scavi di Ercolano e Stabia con la conseguente diffusione di stampe riproducenti monumenti, sculture e pitture in quella occasione ritrovate, e gli studi archeologici del Winckelmann, un tedesco trasferitosi a Roma, che diffuse il gusto dell’antichità e l’amore per la bellezza concepita classicamente come armonia e proporzione.

Il modello classico passò ben presto dalle arti figurative alla letteratura, favorito dal gusto classicheggiante imperante nel ‘700 e dall’amore per le libere istituzioni repubblicane romane  spesso richiamate alla memoria da pensatori e uomini politici avversi alle monarchie assolute.

Anche durante questo periodo come per tutta l’era napoleonica erano forti i sentimenti rivolti alla disperata ricerca della libertà, ma l’aspetto prevalente del neoclassicismo fu quello ellenizzante.

Affermato il valore assoluto della Bellezza come ideale supremo dell’esistenza, essa fu identificata nell’armonia alla grazia, espressa attraverso la serenità che nasce dal superamento delle passioni, l’equilibrio dei sentimenti, l’esatto rapporto delle proporzioni.

La mitologia fu lo strumento di questa evasione: personaggi ed avvenimenti della vita contemporanea furono descritti attraverso il travestimento  mitologico o paragonati a momenti dei miti antichi, con un gusto decorativo spesso esteriore e coreografico.

Tutto il repertorio mitologico fu ripreso dai letterati che ricantarono antichi miti o nel linguaggio del mito fecero rivivere personaggi ed episodi della vita contemporanea, mentre gli artisti scolpivano, decoravano e dipingevano Napoleone nelle vesti di Giove olimpico o di un eroe invitto della mitica Ellade.

Quindi possiamo dire che il neoclassicismo non fu propriamente una corrente di idee ma fu la forma del gusto, il metodo del dipingere, di scolpire, di costruire e di poetare, ed influì la moda e le cosiddette arti minori.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

Fichte e la teoria dell’uomo libero

Roma 31 maggio 2013

La vita di Johann Gottlieb Fichte sembra confermare il principio fondamentale della sua dottrina:

“non esistono insuperabili limiti oggettivi alla libertà  dell’uomo; ogni individuo, purché lo desideri con l’adeguata intensità, può superare qualsiasi ostacolo e realizzare pienamente  se stesso”.

Nato da una poverissima famiglia contadina conobbe da giovane la miseria, tanto che per aiutare  i genitori fece il guardiano di oche.

La sua straordinaria intelligenza attirò l’attenzione di un ricco nobile della sua città (Rammenau in Sassonia) che gli pagò gli studi.

Si iscrisse alla facoltà di Teologia a Jena e iniziò uno studio appassionato dei testi di Kant, al punto che il suo primo scritto giovanile “Saggio di una critica di ogni rivelazione”, pubblicato anonimo, fu attribuito allo stesso Kant, che dovette intervenire per chiarire  l’equivoco.

Divenuto così improvvisamente celebre, visse per cinque anni lavorando all’Università di Jena un periodo denso di successo  e di opere da suscitare l’invidia dei colleghi.

L’occasione venne dalla polemica sull’ateismo: Fichte, sempre generoso e appassionato nella polemica intellettuale, si espose troppo nella difesa di un suo discepolo, reo di aver sostenuto la tesi che l’ateismo non coincide con l’immortalità e che se l’etica costituisce il nucleo essenziale di ogni religione, si può allora essere religiosi anche senza credere in Dio.

Fichte fu licenziato e dovette, per alcuni versi, ricominciare da capo, ovviamente ci riuscì benissimo.

Lasciata Jena per Berlino, visse dando lezioni private, tornando così ad una condizione di estrema povertà, che accettò con orgoglio, vedendovi un’occasione di crescita morale.

Nel giro di pochi anni tornò all’insegnamento e nel 1810, anno di fondazione dell’Università di Berlino, fu nominato dapprima professore e poi rettore.

A questo straordinario successo contribuì anche l’impegno politico nella lotta contro Napoleone espresso nei Discorsi alla nazione tedesca.

Morì poco più che cinquantenne, forse proprio per un’indiretta conseguenza del suo impegno civile: contrasse il colera dalla moglie ammalatasi curando come infermiera volontaria i soldati negli ospedali militari.

A domani

LL

 

Testo di lettura:

Antologia illustrata di filosofia
Demetra Editore