365 giorni, Libroarbitrio

“In tutte le mie azioni” Paul Fleming

William Whitaker

Vado in terre lontane
per la missione
che mi ha assegnato.
La sua benedizione
capir mi farà il bene
e il giusto a favor del mondo.
Quando sarò nel deserto,
sarò vicino a Cristo
e Cristo vicino a me.
Chi aiuta nei pericoli
saprà bene proteggermi
là così come qua.

365 giorni, Libroarbitrio

“Il profumo” Patrick Suskind

Il profumo - storia di un assassino

Nel diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di quell’epoca non povera di geniali e scellerate figure. Qui sarà raccontata la sua storia. Si chiamava Jean-Baptiste Grenouille, e se il suo nome, contrariamente al nome di altri mostri geniali quali de Sade, saint-Just, Fouché, Bonaparte ecc, oggi è caduto nell’oblio, non è certo perché Grenouille stesse indietro a questi più noti figli delle tenebre per spavalderia, disprezzo degli altri, immoralità, empietà insomma, bensì perché il suo genio e unica ambizione rimase in un territorio che nella storia non lascia traccia: nel fugace regno degli odori.
Al tempo di cui parliamo, nella città regnava un puzzo a stento immaginabile per noi moderni. Le strade puzzano di letame, i cortili interni di orina, le trombe delle scale di legno marcio e di sterco di ratti, le cucine di cavolo andato a male e di grasso di montone; le stanze non areate puzzavano di polvere stantia, le camere da letto di lenzuola bisunte, dell’umido dei piumini e dell’odore pungente e dolciastro dei vasi da notte. Dai camini veniva puzzo di zolfo, dalle concerie veniva il puzzo di solventi, dai macelli puzzo di sangue rappreso. La gente puzzava di sudore e di vestiti non lavati; dalle bocche veniva un puzzo di denti guasti, dagli stomaci un puzzo di cipolla e dai corpi, quando non erano più tanto giovani, veniva un puzzo di formaggio vecchio e latte acido e malattie tumorali. Puzzavano i fiumi, puzzavano le piazze, puzzavano le chiese, c’era puzzo sotto i ponti e nei palazzi. Il contadino puzzava come il prete, l’apprendista come la moglie del maestro, puzzava tutta la nobiltà, perfino il re puzzava, puzzava come un animale feroce, e la regina come una vecchia capra, sia d’estate sia d’inverno. Infatti nel diciottesimo secolo non era stato ancora posto alcun limite all’azione disgregante dei batteri, e così non v’era attività umana, sia costruttiva sia decostruttiva, o manifestazione di vita in ascesa o in declino, che non fosse accompagnata dal puzzo.
E naturalmente il puzzo più grande era a Parigi, perché Parigi era la più grande città di Francia. E all’interno di Parigi c’era poi un luogo dove il puzzo regnava più che mai infernale, tra Rue aux Fers e Rue de la Ferronnerie, e cioè il Cimetière des Innocents. Per ottocento anni si erano portati qui i morti dall’ospedale Hotel-Dieu e delle parrocchie circostanti; per ottocento anni in cripte e ossari si erano accumulati, strato su strato, ossa e ossicini. E solo più tardi, alla vigilia della Rivoluzione Francese, quando alcune fosse di cadaveri smottarono pericolosamente e il puzzo del cimitero straripante indusse i vicini non più a semplici proteste, bensì a vere e proprie insurrezioni, il cimitero fu definitivamente chiuso e abbandonato, e milioni di ossa e di teschi furono gettati a palate nelle catacombe di Montmartre, al suo posto sorse una piazza con un mercato alimentare.
Qui dunque, nel luogo più puzzolente di tutto il regno, il 17 luglio 1738 nacque Jean-Baptiste Grenouille.

365 giorni, Libroarbitrio

“Er Natale de un Babbo” scritto da Lollo & illustrato da Enrico Riposati

 

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Er ventiquattro, ‘na città piena de luci

tratteneva er fiato aspettanno er redentore,

regazzini a festa pieni de gioia e de fervore

pe’ na serata de magnate e piatti truci.

 

Se svejò de botto in un brutto vicoletto,

n’occhio nero er sangue sur petto,

no strano alone sur cavallo dei carzoni

pure ‘n sorcio lo guardava da ‘n cantone

co’ n’aria schifata, de disapprovazione…

 

Arzasse ‘n piedi fu un tripudio de dolori,

finta barba de lato e beretto rosso rincarcato,

e strambi ricordi: de fumo e bicchierate de liquori,

nun je riccontavano dove diavolo era stato,

solo i carci ricordava, de’ n’infame buttafori.
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Se fece forza butannose pe’ strada,

a vedè l’ora fra poco doveva riattacare,

arrivò davanti ar centro commerciale

pieno de festoni e famije alla sfilata:

 

er principale l’aspettava lì all’entrata,

quanno lo vide co’ n’arai assai schifata

je fece “Fatte ‘na doccia e cambiete er costume,

che puzzi e fai schifo sei pieno de lordume!”
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S’aritrovò da Babbo Natale arivestito,

su un trono, circondato da balocchi

na torma urlante in fila de marmocchi

e un mar de cranio a dir poco inferocito.

 

E mentre li regazzini accontentava

pensava alla paga della sera,

mezza fella per quer tipo de cariera:

l’unica cosa che su quer trono l’incollava

 

Era solo, senza nisuno: peggio de ‘n cane

ad aspettallo nessun cardo focolare,

solo du’ cartoni in croce e un freddo vento

a ricordaje ‘na bastarda vita in fallimento.

 

Così staccanno chiamò sora Carmela,

trent’anno d’onorata professione:

Posso venì? C’ho sordi e abnegazione!”

Je disse senza ombra de cautela.
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Carmela, la sera de Natale era da sola

arispose: “Vieni pure raggiugime ora!”

E s’incontrorno du anime rejette e sole

e fecero l’amore in silenzio, senza parole

come solo du pazzi disperati sanno fare,

che danno e prendono senza manco ringraziare

 

Babbo cadde poi addormentato,

dall’arcol, dalle botte e da troppo amore frastornato

russava come ‘n treno alla stazione,

solo je mancava lo sbruffo de vapore…

 

Carmela invece arimase aggrapata a quella panza,

come ‘na naufraga sur legno, in cerca de speranza,

che la solitudine è ‘na bestia brutta, de più a Natale

anche un po’ d’amore inaspettato può bastare.

 

Stette immobile quasi senza respirare,

speranno de dilatà quer momento all’infinito,

e in quer silenzio interiore, ancestrale,

 

se godeva l’attimo de pace conquistato

sapenno che quell’istante così ambito,

nun sarebbe più de tanto mai durato.

 

La vigilia der Natale era finita

na città stanca dai bagordi s’era assopita,

la luna irradiava un ber lucore,

e io nun ve so dì, se in quella sera tanto ambita,

ce sia stata più gioia….o più dolore.

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365 giorni, Libroarbitrio

“Nell’acqua” Rezophonic & Caparezza

Ogni astrofisico pensa che la vita sia nata
Con l’esplosione di un’immensa infinita granata
Per i credenti, nada
La Terra fu creata
Da un essere supremo in meno di qualche giornata

Ebbene si, lascia che seguano libri di Genesi
Anche se c’è chi si dilegua come Phil coi Genesis, si
I testamenti dispensano nemesi ma
In fondo sono popolari più di Elvis in Tennessee

Mi chiedi: “Credi a quelli là?
O credi a questi qua?
Dimmi qual è la verità
Chi la merita?”
La vita non è là
La vita non è qua
Né là né qua, ma nell’acqua

Né là né qua, ma nell’acqua
Né là né qua, ma nell’acqua
La vita non è là
La vita non è qua
Né là né qua, ma nell’acqua!

Sono un credente, eccome! Io credo in Poseidone
Perché se l’acqua scompare… dopo un po’ si muore
Io nella commedia della vita voglio recitare
Anche una particella elementare come Positrone

Perciò non credo a quelli là
Né credo a questi qua
Tu vuoi da me la verità?
Bè, la verità
La verità non è là
La verità non è qua
Né là né qua, ma nell’acqua

Né là né qua, ma nell’acqua
Né là né qua, ma nell’acqua
La vita non è là
La vita non è qua
Né là né qua, ma nell’acqua!

Né là né qua, ma nell’acqua
Né là né qua, ma nell’acqua
La vita non è là
La vita non è qua
Né là né qua, ma nell’acqua!

E io non seguo gli schemi
Di chi mi crede nato dagli atti osceni degli alieni
Non credo nella cometa
Che fecondò questo pianeta
In un colpo di reni

Io venero Atraua
Dio dell’acqua degli Aztechi
Ti condanna se la sprechi
Se ti ci anneghi e la neghi
Se dici che te ne freghi
Sedici Mesi di siccità
E allora capirai che la vita non sta

Né là né qua, ma nell’acqua
Né là né qua, ma nell’acqua
La vita non è là
La vita non è qua
Né là né qua, ma nell’acqua!

Né là né qua, ma nell’acqua
Né là né qua, ma nell’acqua
La vita non è là
La vita non è qua
Né là né qua, ma nell’acqua!

Ma nell’acqua…
Ma nell’acqua…

Né là né qua, ma nell’acqua!
(Né là né qua, ma nell’acqua!)
Ma nell’acqua
(Né là né qua, ma nell’acqua!)
Ma nell’acqua
(La vita non è là, la vita non è qua)
Né là né qua, ma nell’acqua!

Ma nell’acqua…
Ma nell’acqua…

365 giorni, Libroarbitrio

“Primavera (la prima rosa)” Armando Bettozzi

Roma 6 aprile 2014

fatina e rosa

Ieri pomeriggio sostavo col volto tra le ringhiere verdi smeraldo di un grande vivaio. Teneri boccioli sbucavano da vasi sparpagliati, alberi di limoni mostravano fieri i loro frutti grandi come cedri e arance selvatiche ciondolavano invidiose spossate dal vento. L’aria odorava di marmellata e io col naso arricciato e il mento un pochino di traverso mi spingevo oltre convinta sarei potuta passarci attraverso quella ringhiera e cogliere un frutto.
– Signorina? Signorina le piacciono i fiori?-.
Un uomo in bicicletta mi sorrideva di un sorriso che gli copriva anche gli occhi ed io di rimando.
– Sì!-
– Allora le faccio un dono. Sono un poeta, dono le mie poesie!Ecco. Questa è per lei –
Il tempo di osservare la mano che rovistava tra fogli colorati, che si avvicinava con uno di essi alla mia, il giallo brillante e rosa di un fiore stampato e parole di rosso  scritte, un nome Armando Bettozzi.
– Grazie!!!! Quindi voi siete – ho alzato lo sguardo e l’uomo poeta in bicicletta se ne era già andato.

Primavera
(la prima rosa)

Ho visto la rosa, la prima che è nata:
iersera non c’era e stamane è sbocciata
su un ramo spinoso d’un vecchio roseto
che pur nell’orgoglio rimane discreto.

Di esser felice la rose ha ben donde:
è bella e il profumo per l’aria diffonde
e un’ape richiama che vola e si posa
su lei e con lei si confonde e si posa.

Ho visto una donna che prima non c’era,
è solo vestita di fiori di prato
e il cuore suo tutto ha di già riservato
a chiunque sa amarla: è la Primavera.

A domani
Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

I Canti degli indiani Omaha “Per la nascita di un bambino”

Roma 1 Agosto 2013

INDIANO OMAHA

Presso le popolazioni native del Nord America, i cosiddetti “indiani”, la profonda dimensione spirituale  della vita che permeava di sé tutte le manifestazioni umane era testimoniata dalle invocazioni, dalle preghiere, dalle cerimonie sacre che si intrecciavano alla vita quotidiana e ne scandivano il ritmo e le stagioni.

Tra le varie occasioni di canto e preghiera la nascita del bambino era una delle più significative.

Presso molti popoli nordamericani  si credeva che la vita fosse trasmessa al bambino dal Popolo Soprannaturale  e venisse soffiata nel suo corpo dal vento.

Questo si stabiliva vicino al cuore e di lì controllava i movimenti della persona  come un giudice.

Alla nascita di un bambino, nella tribù veniva scelto un saggio che, presente al parto, doveva benedire il nuovo nato con una preghiera augurale come quella che si legge qui di seguito:

O sole, lune e stelle, che percorrete i cieli,

vi prego , ascoltatemi:

è giunta una nuova vita in mezzo a voi,

accoglietela, vi imploro,

rendete facile la sua strada

perché possa raggiungere

il livello della prima altura!

O venti, nubi, pioggia e nebbia,

che vi muovete nell’aria,

vi prego , ascoltatemi:

in mezzo a voi è giunta una nuova vita,

accoglietela, vi imploro,

rendete facile la sua strada

perché possa raggiungere

il livello della seconda altura!

O colline, valli, fiumi, laghi. alberi, erbe,

voi tutti sulla terra, ascoltatemi, vi prego:

in mezzo a voi è giunta una nuova vita,

accoglietela, vi imploro,

rendete facile la sua strada

perché possa raggiungere

il livello della terza altura!

O uccelli piccoli e grandi,

che abitate nei boschi!

O insetti che volate fra le erbe

e vi seppellite nella terra,

ascoltatemi, vi prego:

in mezzo a voi è giunta una nuova vita,

accoglietela, vi imploro,

rendete facile la sua strada

perché possa raggiungere

il livello della quarta altura!

O voi tutti in cielo, nell’aria, sulla terra:

ascoltatemi, vi prego:

in mezzo a voi è giunta una nuova vita,

accoglietela, vi imploro,

rendete facile la sua strada ché possa andare

oltre le quattro alture!

de’ il Popolo degli Omaha

A domani

LL