365 giorni, Libroarbitrio

Fichte e la teoria dell’uomo libero

Roma 31 maggio 2013

La vita di Johann Gottlieb Fichte sembra confermare il principio fondamentale della sua dottrina:

“non esistono insuperabili limiti oggettivi alla libertà  dell’uomo; ogni individuo, purché lo desideri con l’adeguata intensità, può superare qualsiasi ostacolo e realizzare pienamente  se stesso”.

Nato da una poverissima famiglia contadina conobbe da giovane la miseria, tanto che per aiutare  i genitori fece il guardiano di oche.

La sua straordinaria intelligenza attirò l’attenzione di un ricco nobile della sua città (Rammenau in Sassonia) che gli pagò gli studi.

Si iscrisse alla facoltà di Teologia a Jena e iniziò uno studio appassionato dei testi di Kant, al punto che il suo primo scritto giovanile “Saggio di una critica di ogni rivelazione”, pubblicato anonimo, fu attribuito allo stesso Kant, che dovette intervenire per chiarire  l’equivoco.

Divenuto così improvvisamente celebre, visse per cinque anni lavorando all’Università di Jena un periodo denso di successo  e di opere da suscitare l’invidia dei colleghi.

L’occasione venne dalla polemica sull’ateismo: Fichte, sempre generoso e appassionato nella polemica intellettuale, si espose troppo nella difesa di un suo discepolo, reo di aver sostenuto la tesi che l’ateismo non coincide con l’immortalità e che se l’etica costituisce il nucleo essenziale di ogni religione, si può allora essere religiosi anche senza credere in Dio.

Fichte fu licenziato e dovette, per alcuni versi, ricominciare da capo, ovviamente ci riuscì benissimo.

Lasciata Jena per Berlino, visse dando lezioni private, tornando così ad una condizione di estrema povertà, che accettò con orgoglio, vedendovi un’occasione di crescita morale.

Nel giro di pochi anni tornò all’insegnamento e nel 1810, anno di fondazione dell’Università di Berlino, fu nominato dapprima professore e poi rettore.

A questo straordinario successo contribuì anche l’impegno politico nella lotta contro Napoleone espresso nei Discorsi alla nazione tedesca.

Morì poco più che cinquantenne, forse proprio per un’indiretta conseguenza del suo impegno civile: contrasse il colera dalla moglie ammalatasi curando come infermiera volontaria i soldati negli ospedali militari.

A domani

LL

 

Testo di lettura:

Antologia illustrata di filosofia
Demetra Editore

 

365 giorni, Libroarbitrio

Condillac e “il saggio sull’origine della conoscenza”

Roma 28 maggio 2013

Etienne Bonnot, poi abate di Condillac, fu un rappresentante della cultura illuministica.

A metà del Settecento abbandonò gli interessi teologici per dedicarsi pienamente allo studio della filosofia.

Entra così in contatto con i maggiori esponenti del suo tempo: Diderot, Rousseau, D’Alembert, e nel 1746  scrisse Il saggio sull’origine della conoscenza, la sua opera più importante, in cui enunciò la celebre ipotesi della statua.

I suoi interessi per i fenomeni della sensazione lo portano, assieme a Berkeley e a Diderot, alla partecipazione su discussioni sorte a seguito dei primi interventi chirurgici di cataratta, che riproponevano in modo nuovo gli antichi problemi relativi alla visione.

Nel 1758 lo accusano di eresia e ateismo, per tale avvenimento si vede costretto ad abbandonare Parigi per stabilirsi a Parma. Durante il periodo “italiano”, durato dieci anni, lavora presso Ferdinando di Borbone, esercitando un notevole influsso sugli intellettuali italiani.

Tornato a Parigi, si ritira nella sua dimora, un castello di famiglia sulla Loira.

Questi saranno gli ultimi anni di studio,  approfondirà argomentazioni sulla scienza dell’economia, dell’agricola, della pedagogia e della logica.

A domani

LL

 

365 giorni, Libroarbitrio

La “Fiaba” di Jakob & Wilhelm Grimm

Roma 17 maggio 2013

I fratelli Grimm, Jakob 1785-1863 e Wilhelm 1786-1859, furono scrittori e studiosi del folklore tedesco.

Jakob insegnò lettere antiche e successivamente lavorò a Berlino, alla corte di Federico Guglielmo IV. Si dedicò agli studi di grammatica, linguistica e mitologia e la sua attività di ricercatore fu sempre tesa a indagare sulle origini, le radici e l’evoluzione della lingua tedesca, di cui nell’Ottocento fu il principale studioso.

Dopo numerose pubblicazioni di carattere scientifico, fu la raccolta di Fiabe dei bambini e della casa, compiuta con il fratello Wilhelm e pubblicata in cinque successive edizioni, dal 1812 al 1857, a dargli un notevole successo in Germania e in Europa.

In Italia l’opera dei fratelli Grimm verrà pubblicata dalla casa editrice Hoepli con il titolo “50 Novelle per i bambini e per le loro famiglie”. 

La fiaba, massima testimonianza della narrazione orale popolare, riconquistò, in un epoca di grandi ricerche illuministiche agli albori del movimento letterario romantico, con il lavoro dei Grimm una posizione di primo piano nella letteratura dell’Ottocento.

A domani

LL

 

365 giorni, Libroarbitrio

Vittorio Alfieri: Cessar io d’amarti?…

Roma 14 maggio 2013

Cessar io d’amarti? Ah! pria nel cielo

di sua luce vedrai muta ogni stella,

lo gran pianeta, che ogni cosa abbella,

ingombro pria vedrai d’eterno velo:

pria verran manco, al crudo verno il gelo,

erbette e fiori alla stagion novella,

al mio signor faretra, arco, e quadrella,

giovinezza e beltade al dio di Delo.

Cessar d’amarti? o mia sovrana aita,

di’, non muovon da te l’aure ch’io spiro?

Fonte e cagion non mi sei tu di vita?

Principio e fin d’ogni alto mio desiro,

finché non sia da me l’alma partita,

tuo sarà, né mai d’altra, il mio sospiro.

di Vittorio Alfieri

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

Giovanni Gherardo De Rossi e il Viaggiatore di Lié Larousse

Roma 12 maggio 2013

L’orologio d’amore

Non so con qual pensiero

donar mi volle un oriolo Amore;

io l’accettai, ma sempre è menzognero:

ché del piacer nell’ore

corre troppo veloce, e troppo lento

nell’ore del tormento.

di Giovanni Gherardo De Rossi

Viaggiatore

E io che ieri ero persa
nello sguardo tuo ammutolita,
che gioia però
mirarti dopo tanto passato tempo,
e ritrovarti sempre
in quel austero cielo
ch’è nell’immutabile dei tuoi occhi,
e mai si accinge a cambiare,
mai.

Lié Larousse

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

Jean Jacques Rousseau:l’uomo nato libero è dappertutto in catene.

Roma 10 maggio 2013

Nato a Ginevra da una famiglia piccolo borghese, studiò come autodidatta durante una giovinezza disordinata ed errabonda.

Nel 1742 si trasferì a Parigi e iniziò a guadagnarsi da vivere facendo il copista i musica. In questo periodo entrò in contatto con l’ambiente degli Illuministi e in particolare con Diderot e d’Alembert: per loro curò gli articoli musicali della grande Enciclopedia.

Incapace di stabilire legami umani soddisfacenti, finì con il rompere ogni rapporto con gli Illuministi.

Nel 1762, costretto a fuggire dalla Francia perché sospettato di ostilità al regime, si rifugiò in  Inghilterra dove trovò ospitalità per un certo periodo presso Davide Hume.

Presto anche il rapporto con il filosofo inglese si ruppe e Rousseau dovette ritornare a Parigi.

Trascorse la sua vita in solitudine completando le sue  memorie I sogni di un viandante solitario.

Si può dunque d’egli dire che certo fu un illuminista ma che abbracciava già molti dei canoni romantici dell’epoca futura, nonché anticonformista, inquieto e individualista al tal punto che molte dicerie accompagnano ancora oggi il suo nome e non solo, molte delle sue produzioni letterarie e scientifiche sono diversamente interpretate.

Per alcuni rappresenta il teorico ispiratore della rivoluzione francese, per altri l’autore di una critica globale alla società moderna, per altri ancora il nostalgico sognatore di una perduta innocenza primitiva dell’umanità.

Tuttavia ciò su cui tutti sono d’accordo è il riconoscergli il merito dell’aver dato inizio allo studio della  storia della pedagogia moderna con l’Emilio o Dell’educazione 1762.

A domani

LL

 

Testo di lettura:
Antologia illustrata di Filosofia
Demetra Editore

365 giorni, Libroarbitrio

Francois-Marie Arouet. La lotta contro il fanatismo religioso e l’arroganza politica

Roma 9 maggio 2013

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Il Settecento Illuministico fu vissuto da grandi personaggi che oltre a studiare le lettere furono grandi scienziati dell’essere umano e delle sue innate doti comunicative, pertanto non possiamo non dedicare una pagina a Lui,  Francois-Marie Arouet, detto Voltaire.

Parigino di nascita, rientra nella sua patria dopo ventotto anni di assenza per ammirare la sua opera Irène nel 1778, la sua ultima commedia, in questa occasione non più giovane ma bensì ottantenne e con la fama di studioso delle scienze filosofiche, viene applaudito e acclamato dall’enorme folla che si riunì per l’occasione.

La sua morte in quello stesso anno fu il degno epilogo di una vita dedicata alla lotta contro il fanatismo religioso e l’arroganza politica, in cui l’impegno sociale si univa a una prosa tanto elegante quanto sarcastica e graffiante.

Voltaire fu il padre spirituale dell’Illuminismo francese, l’emblema stesso del movimento, caratterizzando tutta la sua opera con l’espressione sorridente che è ben evidente in tutte le opere pittoriche che lo ritraggono ove si allude all’ironia con la quale egli caratterizzò tutto il suo lavoro, i suoi scritti e il suo pensiero.

Nonostante ciò, nei suoi primi anni della maturità, non erano mancati momenti di difficoltà: il filosofo fu arrestato due volte e rinchiuso alla Bastiglia per ordine degli arroganti nobili, le cui prepotenze non si stancava di denunciare.

Il barone di Rohan lo fece persino bastonare brutalmente dai servi, dopo essersi rifiutato di battersi a duello con lui, un semplice borghese figlio di un ricco notaio parigino.

A trent’anni, costretto all’esilio a Londra, entrò in contatto con la cultura inglese, subendo l’influenza della  filosofia di Locke e del metodo scientifico inaugurato da Newton, che non cessò mai di divulgare sul continente.

Nel 1746, riconciliatosi con la corte, soprattutto per i buoni uffici della Pompadour, fu ricevuto solennemente  nell’Académie e nominato storiografo di Francia.

 

A domani

LL

 

In copertina:

Portrait de Voltaire
Atelier de Nicolas de Largillière
Musée Carnavalet

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Locke: la mente è un foglio bianco

Roma 8 maggio 2013

Sfogliando un libro per la nostra ricerca sull’Illuminismo mi sono imbattuta in questa frase “la mente non inventa idee”,
-Impossibile!- ho pensato e sfogliando indietro le pagine ho fatto le miei presentazioni con Locke.

John Locke è un altro studioso classico prima e autodidatta poi, non sazio e mai soddisfatto dell’educazione culturale ricevuta a Oxford che definiva uno studio fondato su inutili ricerche e parole oscure, si interessò alle scienze mediche e letterarie.

Da qui nascono le polemiche contro le teorie cartesiane: Cartesio ritiene che taluni, come opinione incontestabile, che nell’intelligenza vi siano certi principi innati, certe nozioni primarie, altrimenti dette nozioni comuni, caratteri per dir così, impressi nella nostra mente, che l’anima riceve fin dal primo momento della sua esistenza, portandoli con sé nel mondo.

Locke, invece, dimostra con argomenti tratti dall’esperienza l’inesistenza delle idee innate, i bambini, i pazzi , i selvaggi non possiedono alcuna idea di Dio né dei fondamentali principi geometrici. Ciò dimostra sperimentalmente che  nella conoscenza nulla vi è di innato e tutto è appreso dall’esperienza. Per illustrare questa teoria, Locke ricorre a una metafora divenuta celebre: la mente umana è alla nascita una tabula rasa, un foglio bianco su cui la pratica del mondo esterno e la riflessione dell’individuo su se stesso imprimeranno quei segni che chiamiamo conoscenza.

Risulta quindi falsa l’idea fondamentale del Razionalismo cartesiano, per cui determinate verità evidenti e intuitive debbano essere per forza precedenti a qualsiasi esperienza.

Voi cosa ne pensate?

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

Introduzione al Settecento

Roma 2 maggio 2013

La storia del Settecento si colloca sotto il segno del rinnovamento e della trasformazione.

La nuova società si scontra con la vecchia in un aperto conflitto di fatti ed idee.

Con l’antico ordine sociale, fondato sull’assolutismo monarchico e sul potere  del clero e della nobiltà, contrasta la nuova forza della borghesia.

Il primo grande atto di rinnovamento viene compiuto da un vasto movimento di idee, che si indica con il nome di illuminismo.

Questo movimento ha l’intento di di combattere i pregiudizi, far coincidere le istituzioni con le necessità reali, riscoprire i concetti di libertà, sovranità popolare  e uguaglianza civile, esaltare i diritti umani, la tolleranza, la giustizia, ricondurre l’uomo ad un dominio equilibrato del mondo attraverso l’energia della ragione.

Dal punto di vista letterario  la prima parte del secolo predilige  lo stile dilettevole  e raffinato, elegante nelle forme, evasivo nella sostanza, frivolo e cortigiano.

Non ha nulla di intimo e commovente, deve solo allietare e onorare la società aristocratica nella sua vita quotidiana.

Nella seconda parte del Settecento le idee illuministiche richiamano la letteratura ad un compito di aderenza alla realtà, di educazione morale e civile, di indagine severa dei problemi.

La cultura non deve restare esperienza privata e personale per pochi, ma raggiungere strati sempre più vasti della popolazione.

A domani

LL

 

Spunto di lettura:
Poesia, Antologia illustrata,
Elvira Mrinelli
Editore Demetra