Ciao, disse allegramente.
Ciao. Che cosa ci fai qui? domandai.
Ho cercato il tuo indirizzo sull’elenco telefonico, ma lì non ci sei ancora, così ho chiamato l’ufficio informazioni abbonati, rispose. Posso entrare?
Non dovrebbero darlo, l’indirizzo, ribattei.
No, lo so, ma se fai finta di averlo già e dici per esempio: Hayden di Maple Avenue, loro ti dicono sempre, no, e ti danno l’indirizzo giusto. O una parte, almeno. Poi riagganci, provi con qualcun altro e poi usi quello che hai saputo per sapere il resto. Funziona sempre.
Guardò alle mie spalle.
Posso entrare?
Entrò senza aspettare risposta. Sorridendo, guardò le pareti del mio appartamento.
Però, è proprio bello, qui. Mi piace molto come hai sistemato questo posto.
Si lasciò cadere su una sedia.
Sono venuta qui perché ho pensato che magari potremmo parlare.
Non volevo farla sentire sgradita, ma non mi ero proprio aspettata una sua visita. E per un attimo mi lasciò interdetta.
Cerchi sempre di parlarmi, in macchina, quando mi porti a Fenton Boulevard, disse, ma c’è troppo poco tempo. So che il viaggio finirà presto e non riesco mai ad organizzarmi le idee abbastanza velocemente. Stasera non avevo niente da fare così ho pensato di venire qui a parlare.
Tag: Giappone
“Origami” Tan Taigi
Sakura
“Il fiore della poesia” Basho
Ponyo sulla scogliera 崖の上のポニョ Hayao Miyazaki
Su questa nostra magica terra vive Bambino
che sente in un libro l’odore più buono del mondo
che ama stare con i suoi mostri
che cresce dalle difficoltà
senza importarsi di quale strade prenderà
né il fine che sceglierà
per arrivare a raggiungere la sua libertà
perché ha quella sua forza stravagante
che lo rende capace di mescolarsi
alle musiche e alle genti del mondo
e divenire Eroe
PUNTO E BASTA!
L.L.
“Il bambino ricorda” da il Dhammapada
Per quanto penetrante,
il profumo del sandalo
non si propaga contro vento.
Ma il profumo della virtù
raggiunge ogni angolo del mondo
e si innalza fino agli dèi.
Il loto profumato che al cuore dà allegrezza
cresce nel fango sul ciglio della strada.
Il saggio si muove nel mondo come un’ape,
che dai fiori il nettare raccoglie
e intatti ne lascia la bellezza e il profumo.
Così le parole sincere
di chi vive la propria verità
sono fiori variopinti e profumati.
Meglio di mille vuote parole
è una sola parola di pace.
Meglio vincere se stessi
che mille battaglie
contro mille uomini.
Il dominio di sé
è la vittoria più grande
Come il bambino ricorda
le sue precedenti dimore,
conosce il cielo e l’inferno.
La sua saggezza è perfetta. E’ giunto alla fine del viaggio. Ha fatto tutto ciò che doveva fare.
“La Quercia” Basho
Sul sentiero di montagna
qualcosa di grazioso,
un ciuffo di violette.
Nobile è colui
che non dai lampi capisce
la vanità delle cose!
Eccomi, sono un uomo
che mangia il suo riso
seduto tra i convolvoli.
Di tanto in tanto le nubi
concedono riposo
a noi che guardiamo la luna.
Se a un peperone
mettete le ali
ecco una libellula rossa.
“Il Manyoshu” Shotoku Taishi
Se fosse a casa
fra le braccia di chi ama
riposerebbe, povero viandante.
Qui, lungo la strada, giace sfinito
sopra un letto d’erba.
Al periodo Nara della storia giapponese, 710 – 794 d.C. , appartiene la più bella raccolta di poesie giapponesi antiche, il Manyoshu. Si tratta di 4.496 poesie e canti popolari, il loro tema fondamentale è il “makoto”, cioè la semplicità, la schiettezza e sincerità di espressione. In Giappone, in quell’epoca, la poesia divenne il mezzo usato quotidianamente per comunicare i pensieri, i sentimenti e i desideri, anche più semplici e comuni!.
Lao – Tzu “Un buon viaggiatore non lascia tracce”
Un buon viaggiatore non lascia tracce,
un buon oratore non fa errori,
un buon calcolatore non si serve di contrassegni.
Una buona chiusura non ha bisogno di catenacci
eppure nessuno può aprirla.
Una buona legatura non ha bisogno di corda e di nodi,
eppure nessuno può scioglierla.
Il saggio è sempre pronto a salvare le persone
e non rifiuta nessuno,
è sempre pronto a salvare le cose
e non sprecare nulla.
Questo si chiama “seguire la luce interiore”.
Perciò il buono è maestro del cattivo
e il cattivo è la materia con cui il buono lavora.
Se non c’è devozione verso il maestro
e amore verso la materia,
per quanta pazienza ci sia, c’è confusione.
Questo si chiama “il segreto essenziale”.
da Tao- te ching
“Compagno di letture” Haruki Murakami a Raymond Carver
Haruki Ray e Tess
Dissi a Ray: ” A volte percepisco i tuoi racconti come fossero delle poesie e le tue poesie, a volte, come dei racconti”. Era così compiaciuto dell’osservazione che balzò in piedi e chiamò Tess: “Ehi, Tess, senti questa. Sai che ha detto?” E le ripeté le mie parole.
Ray scrisse una poesia intitolata “Il proiettile”, ispirata dalle impressioni del suo incontro con me. E questa poesia, per quanto mi sia difficile crederlo, è dedicata a me. Naturalmente è diventata una delle mie preferite. Ogni volta che la leggo, sono pervaso da un’ondata di affetto. Quando leggo i versi di Ray, certe volte sento l’ispirazione a cimentarmi anch’io nella poesia. Sebbene non abbia mai scritto una poesia, quando leggo le sue ho subito la sensazione che potrei scriverne anch’io.
Penso che sia meraviglioso.
“Il Proiettile”
Sorseggiavamo il tè. Scambiandoci educate
congetture su come mai i miei libri
avessero tanto successo nel tuo paese. Non so come,
ci mettemmo a parlare del dolore e delle umiliazioni
che, secondo te, ricorrono spesso
nei miei racconti. E quell’elemento
di pura casualità. E di come tutto ciò si traduce
in termini di vendite.
Ho fissato un angolo della stanza.
E per un attimo ho avuto di nuovo sedici anni,
quando in cinque o sei scemotti ce ne andavamo in giro
sbandando nella neve in una Dodge del ‘50.
Mandavamo a farsi fottere altri scemotti
che urlando bersagliavano la nostra macchina
con palle di neve, ghiaia, rami
secchi. Noi sgommavamo via, berciando.
E sarebbe finita lì.
Se non che il mio finestrino era abbassato di tre dita.
Solo tre dita. Ho scagliato il mio ultimo
insulto e ho visto uno di quei tizi
prendere lo slancio per tirare una cosa. Da dove mi trovo ora
immagino di vederla arrivare. La vedo
accelerare in aria mentre guardo,
come quei soldati che all’inizio
del secolo scorso vedevano volare
verso di loro le granate
mentre se ne stavano lì paralizzati
dal tremendo fascino del terrore.
In realtà mica l’ho vista avevo già girato
la testa per ridere insieme ai miei compagni.
Quando quella cosa mi ha colpito alla tempia
così forte che mi ha sfondato un timpano e poi
mi è caduta in grembo, intatta. Una palla di ghiaccio
e neve compressi. Il dolore fu stupefacente.
Per non parlare dell’umiliazione.
La cosa peggiore fu che mi misi a piangere
davanti a quei duri mentre gridavano:
Che botta di culo ! Che caso strano !
Una possibilità su un milione !
Il tizio che l’aveva tirata, anche lui deve essere rimasto sorpreso
e fiero di sé mentre si sentiva acclamato
con urla e pacche dai suoi compagni.
Deve essersi asciugato le mani sui pantaloni.
E poi avrà combinato qualche altro casino
prima di tornare a casa per cena. Poi sarà cresciuto,
avrà avuto la sua parte di difficoltà e si sarà perso
nella vita proprio come io mi sono perso nella mia.
A quel pomeriggio non avrà mai più
pensato. E perché mai avrebbe dovuto?
Ci sono sempre tante altre cose a cui pensare.
Perché ricordarsi di quella stupida macchina
che slittando in discesa girò l’angolo
e sparì per sempre ?
Educatamente alziamo le nostre tazze di tè nella stanza.
La stanza in cui per un attimo è entrata un’altra cosa.
Raymond Carver
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