365 giorni, Libroarbitrio

DuediRipicca Vincitori del Premio Racconti nella Rete – Volevo solo morire e invece sono morto – Lié Larousse & Gianluca Pavia

Abbiamo vintoooo!
“Volevo solo morire e invece sono morto” di DuediRipicca – Lié Larousse e Gianluca Pavia – è stato premiato dalla giuria tecnica della XV edizione del premio letterario “Racconti nella rete” per la nostra originalità ed inventiva stilistica fuori dal comune!
Il nostro racconto inoltre sarà inserito nell’antologia del premio 2016 edita da Nottetempo assieme agli altri racconti selezionati, verrà illustrato dagli studenti del Liceo Artistico Passaglia di Lucca ed esposto durante il festival letterario che si terrà nel mese di ottobre.
Con l’occasione ringraziamo tutti coloro che ci hanno letto e commentato, tutti voi followers che ci seguite ogni giorno, la giuria che ci ha premiato e il presidente Demetrio Brandi che con questo progetto letterario dà l’opportunità ai nuovi e sconosciuti scrittori come noi di farci conoscere al mondo della letteratura.
Le nostre congratulazioni e sentiti complimenti vanno all’amico e scrittore stimato Andrea Mauri selezionato anche lui nella rosa dei 25 premiati con il suo racconto “Un banchetto diverso”.
A novembre saremo in libreria!
Intanto vi lasciamo alla lettura della poesia scritta e dedicata al racconto premiato, perché sarà follia o sarà normalità o forse non è nulla di entrambe, perché noi siamo così senza essere così, e il senso alle cose non lo stiamo più a cercare, e allora dedichiamo parole alle parole, oltre che alla pittura  alle muse al vino agli amici e a tutto ciò che non conosciamo e invece sì, e poesiamo racconti, e raccontiamo poesie, immaginatevi un nostro romanzo, immaginatevi il poesare immorale fazioso inopportuno romanzesco raccontare nostro, ecco anche per quello, il poesare immorale fazioso inopportuno romanzesco raccontare nostro, non dovrete aspettare molto, tant’è che la raccolta di racconti è pronta, e che c’entra?Interpretazioni arbitrarie? Ne siamo tutti liberi…continuate a seguirci e a leggerci!

autoritratto-uomo-disperato- gustave coubert 1844

Che sia dolce e cruento

Guardo il mondo
da dietro uno specchio,
tipo in un film,
e oltre, l’interrogatorio
con lo sbirro cattivo
e l’altro, ancor di più.

C’è un’indagine in corso,
ormai sono coinvolto
ma il mio ruolo
non lo conosco:

vittima o carnefice
accusa o difesa,
il grado d’imputazione
neanche m’interessa.

E le giuro
signor Giudice
né colpevole
né innocente,
ma colpevole d’innocenza
o forse ingenuità.

Volevo solo vivere
e mi ritrovo a morire
tutto il giorno
tutti i giorni,
ma la prego
signor Giudice
che sia almeno
dolce e cruento.

Gianluca Pavia 

 

http://www.raccontinellarete.it/?p=28273

 

 

 

 

365 giorni, Libroarbitrio

“Er puggile sonato” Lollo

Giovanni-Segantini-L-ultima-fatica-del-giorno

Era stato a’n pugno esatto dalla gloria

a solo ‘n passo dar diventà er campione:

co’ l’avversario ormai ito ‘n confusione

sur ring danzava già gustanno la vittoria.

Ma quanno che c’hai troppa confidenza

è lì ch’er diavolo t’aspetta come n’amante:

er rivale che partì disperato co’n montante

e pe’ culo je corpì er mento de potenza.

Fu cappaò brutto, cadde a terra come morto

e quer botto je segnò pe’ sempre la cariera,

nun s’ariprese più: nun ce fu modo né maniera

se diede ar clandestino: de sordi stava a corto.

Quante botte prese: troppe, pe’ ‘n’unico marpione,

insino a che divenne mezzo sciroccato

fu chiamato lo scemo der rione: lo sbroccato,

e nessuno più s’aricordò de quer campione.

E borbottando pe’ li vicoli, solitario s’aggirava

perso ner passato come ‘na mosca nella giada

li rigazzini  lo piaveno a serciate pe’ la strada,

ma lui nun li sentiva: in se stesso camminava.

Lavorava come ‘n pazzo come manovale,

senza fa ‘n fiato: ‘n culo come ‘n secchio

a sera ‘n casa faceva er vuoto fronte specchio

sognandose quer ring, co’n fottuttissimo rivale.

Fu ‘na vorta ‘n strada: s’allenava a dà cazzotti

che se dimenticò der monno e venne circondato

da ‘n gruppo de coatti, branco losco e malandato:

tutti contro uno, quei balordi così s’erano ridotti.

“Ah ecco er puggile sonato!!” urlavano sguaiati

tutt’intorno a quer poraccio ridendo come pazzi,

lui sei li guardava: nun capiva quei schiamazzi,

poi un coatto uscì dar cerchio: de quelli palestrati.

Se mise ‘n guardia cor soriso fra li denti

grosso come n’cristo gustanno già er pestaggio,

er puggile sonato se squadrava quer servaggio

insino che ‘ntese ‘n gong che lo mise sull’attenti!

Era stato uno dei coatti a corpì er palo della luce

pe fa’ lo scherzo come de n’inizio de n’incontro

nun sapeva d’avè dato er via a quello scontro

riportanno quer diavolo ar passato: quello truce.

Er pubblico all’intorno, er sono de campana:

er mec era iniziato, se fece serio, concentrato

nun avrebbe perso n’antra vorta, assicurato,

già studiava er suo rivale co’ carma disumana.

Er coatto se fece avanti senza n’attenzione,

pensando de combatte con misero micetto,

nun aveva ancora afferato quer concetto:

che avevan tramutato er micio in un leone.

Tranquillo er coatto partì de dritto, senza slancio

er pugile sonato già lo vide ‘n lontananza:

uscì da quell’attacco con massima eleganza

tronco verso er basso, ‘ncrociò partì de gancio.

Fu na bomba in piena faccia: ‘na mina…

se sentì ‘no schiocco de mascella

er coatto se sciolse come ‘na frittella,

e cadde a terra, stecchito dalla crina.

Er coattume, basito più nun se moveva

er puggile cadde in ginocchio braccia ar celo

aveva vinto quell’incontro co’n gran zelo

rimasero in silenzio, nessuno più rideva.

Ar processo ar poro puggile je diedero ‘na venti

ma lui manco ce badava: oramai era partito

la fece franca ‘nvece er gruppo de coatti inebedito

e furon dichiarati tutti  innocenti…

…che in questo monno Giustizia è rara mercanzia

e purtroppo esse ‘n gruppo de dementi nun è reato

nun se po’ giudica  er tasso de idiozia

antrimenti mezzo monno anderebbe carcerato.

365 giorni, Libroarbitrio

“Il bambino ricorda” da il Dhammapada

Albero

Per quanto penetrante,
il profumo del sandalo
non si propaga contro vento.
Ma il profumo della virtù
raggiunge ogni angolo del mondo
e si innalza fino agli dèi.

Il loto profumato che al cuore dà allegrezza
cresce nel fango sul ciglio della strada.

Il saggio si muove nel mondo come un’ape,
che dai fiori il nettare raccoglie
e intatti ne lascia la bellezza e il profumo.

Così le parole sincere
di chi vive la propria verità
sono fiori variopinti e profumati.

Meglio di mille vuote parole
è una sola parola di pace.

Meglio vincere se stessi
che mille battaglie
contro mille uomini.

Il dominio di sé
è la vittoria più grande

Come il bambino ricorda
le sue precedenti dimore,
conosce il cielo e l’inferno.

La sua saggezza è perfetta. E’ giunto alla fine del viaggio. Ha fatto tutto ciò che doveva fare.

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“Antidoto” di Alceo

Sangue fluido Alessandro Crapanzano

Sangue fluido opera di Alessandro Crapanzano

Affoga i polmoni di vino.
La costellazione orbita.
Questo tempo pesa.
Mondo assetato da calura.
Riverbera tra fronde ebbrezza di cicale…
Sboccia il cardo.
Ora sfiancano, le donne.
Liquefatti, gli uomini: testa ginocchia
fulmina canicola

non cedere a desolazione: è doveroso.
Non facciamo passi avanti lacrimando,
Bicchis. Eroica medicina
è vino a fiotti, e stordimento

sì, vino è spioncino d’uomo

sotto a bere!
Non tiriamo ai lumi.
Il giorno è spanna.
Amico, abbassa le caraffe grandi, disegnate.
Vino: sì, il figlio di Semele e Zeus,
scacciapensieri umano l’ha creato.
Mescola uno a due.
Riempi all’orlo.
Una caraffa
via l’altra…

Oggi, obbligo di vino, vino!
Sforzato avvicinarci!
Eh sì, Mìrsilio è crepato.

 Irroriamo la lotta di sangue acre sale e miele
sarà piacevole la sconfitta
dopo aver ucciso
L.L.