Roma 8 giugno 2013
In Italia si cominciò a parlare di romanticismo solo dopo la caduta di Napoleone, anche se si erano già manifestate personalità dalla sensibilità e dal temperamento chiaramente romantici, come Alfieri e Foscolo.
Nel 1816 sulla “Biblioteca Italiana” un giornale letterario milanese, apparve un articolo in cui Madame de Stael invitava gli italiani a liberarsi dal culto esclusivo dei classici ed a leggere i contemporanei scrittori stranieri.
L’articolo suscitò una battaglia letteraria in cui si scontrarono i fautori della nuova letteratura e i difensori della tradizione classicistica. Questi ultimi , opponendosi a ogni novità di pensiero e di espressione artistica, si rivelarono ben presto reazionari e conservatori anche in politica.
I romantici invece sentivano la necessità di una poesia e di una letteratura nuove e aderenti agli ideali e ai sentimenti che in quegli anni attraversavano l’Europa e che invano la Restaurazione cercava di soffocare.
La battaglia tra classici e romantici si trasformò ben presto da discussione letteraria a polemica di significato civile e politico.
A questo dibattito partecipò Giovanni Berchet con un opuscolo intitolato Sul cacciatore feroce e sulla Eleonora di G.A. Burger: lettera semiseria di Grisostomo, considerato il manifesto del romanticismo italiano.
Nella Lettera di Berchet troviamo già gli indirizzi e le scelte fondamentali del nostro Romanticismo: rifiuto degli aspetti più individualistici e patetici del romanticismo d’oltralpe, accettazione invece della polemica anticlassicistica ed antimitologica, insistenza sul motivo dell’importanza educativa e sociale della poesia.
A domani
LL
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