365 giorni, Libroarbitrio

Santa Lucia: il processo alla donna e il Femminicidio ai tempi degli imperatori – di Lié Larousse


In questi giorni si celebra la Dea celtica Brigid, meravigliosa divinità associata alla primavera, al fuoco e alla fertilità, è ritenuta inoltre protettrice dei poeti, dei guaritori, dei druidi, dei combattenti e degli artigiani, di cui in particolare dei fabbri. Proprio in questi giorni di rituali e preghiere a questa meravigliosa Dea, ed anche di approfondimento sul tema del femminicidio e dei processi alle streghe, ho sentito forte il desiderio di approfondire i miei studi su una nostra Santa, che voglio proporvi in questo periodo di richiamo alla luce interiore, sto parlando di Santa Lucia.
La conosciamo attraverso i detti popolari, le storie per bambini e quelle religiose ma sappiamo davvero cosa le sia accaduto e come sia diventata Santa?
Ecco la storia di un’altra donna morta in nome della propria libertà:

– Lucia era una nobile fanciulla siracusana, promessa sposa fin da piccolissima ad un giovane concittadino patrizio di credo pagano. Rimasta precocemente orfana del padre, fu cresciuta dalla sola madre Eutichia, donna buona ed altruista, che la educò all’amore verso i più poveri e bisognosi.
Quando Lucia aveva 19 anni, la madre si ammalò di un flusso emorragico che la indeboliva progressivamente. Vedendo che la situazione peggiorava, Lucia, dopo aver ascoltato il racconto del brano del Vangelo nel quale si descrive la guarigione di una donna ammalata come la madre, grazie al tocco del manto di Gesù, convinse la madre a recarsi in pellegrinaggio al sepolcro di Sant’Agata perché pensava che dopo aver toccato la tomba della Santa, la madre sarebbe guarita proprio come la donna del vangelo!
Giunta al luogo sacro il 5 febbraio del 304, immediatamente dopo aver toccato il sepolcro, Lucia fu subito colta da un’insolita stanchezza e si assopì sognando Sant’Agata.
Nella visione la Santa che, la salutò chiamandola con l’appellativo di “sorella Vergine in Cristo”, le profetizzò la sua futura Santità e rivelò che lei stessa, per la sua forte fede, aveva già interceduto per la guarigione della mamma.
Risvegliata, appurando la reale guarigione della madre decise di consacrare ufficialmente la propria esistenza a Cristo.
Tornata a Siracusa, la giovane convinse la madre a desistere dai progetti matrimoniali e a distribuire ai poveri la parte del patrimonio della famiglia a lei destinato per la sua dote e si dedicò assiduamente all’aiuto ai Cristiani che a causa delle persecuzioni di Diocleziano erano costretti a nascondersi nelle catacombe di Siracusa.
Avendo cominciato a vendere le sue sostanze ed a fare la distribuzione hai poveri dei suoi averi, ne pervenne la notizia alle orecchie del promesso sposo che offeso da tale gesto e indispettito da tanta arroganza, la denunciò al Prefetto Pascasio accusandola di cristianesimo. Erano quelli gli ultimi anni delle feroci persecuzioni di Diocleziano verso i cristiani e un’accusa del genere si traduceva quasi sempre in una condanna a morte.
Inoltre la scelta fatta da Lucia si scontrava con le tradizioni del tempo: lei era la promessa sposa di una persona importante e, in quell’epoca, non erano sicuramente le donne che potevano annullare i contratti di matrimonio.
Lucia venne presa dai soldati e condotta dinnanzi al tribunale di Pascasio, dove però si mostrò serena e lieta in volto. Il prefetto, sapendo che essa apparteneva a nobile famiglia e vedendo che era giovanissima e di una rara bellezza, la trattò dapprima con buone maniere, consigliandola a lasciare la superstizione cristiana e ad offrire incenso agli idoli pagani. La rimproverò pure perché sciupava la dote che poteva servire allo sposo ed infastidito dalla sua resistenza le disse: Tu hai dissipato le tue sostanze con uomini dissoluti.
Ma Lucia rispose: Io ho posto al sicuro il mio patrimonio e il mio corpo non conosce l’impurità. Voi invece siete schiavi della corruzione del corpo e allontanate le anime degli uomini dal Dio vivente per farle servire al diavolo e agli angeli suoi. Preferire le ricchezze passeggere ai beni eterni.
E Pascasio in tono minaccioso: Ti farò condurre in un luogo infame, dove sarai, costretta a vivere nel disonore e così lo Spirito Santo fuggirà da te.  
Lucia, nella sua calma imperturbabile, rispose ancora: Non viene deturpato il corpo, se non dal consenso della volontà. Se tu comandi che io subisca una violenza contro la mia volontà, la mia castità avrà il merito di una doppia corona.
Pascasio confuso e adirato, ordinò di trascinare Lucia in un luogo infame, radunando, per maggior vergogna, tutto il popolo.
Ma avvenne un grande prodigio! Lucia era immobile, da non poterla nessuno delle guardie riuscire a smuoverla. Vi provarono i più robusti soldati, ma Lucia resta ferma, mentre quei forti cadono spossati. La legano ai piedi e alle mani, con delle corde, e incominciarono a tirare tutti insieme; ma quella rimane incrollabile come un monte.
Pascasio, furibondo, dà ordine di far venire molte paia di buoi. Sforzi inutili! Neanche gli animali riescono a smuoverla.
Pascasio, sempre più cieco dalla rabbia, le grida: Quali sono le tue arti magiche?
Lucia rispose: Queste non sono arti magiche, ma è la potenza di Dio.
Ma quegli diventa maggiormente furibondo e ordina che sia acceso un gran fuoco attorno a lei, che vi si getti pece, resina olio, affinché sia consumata al più presto. Vano tentativo anche questo!
Le fiamme ardono ma non toccano la santa martire, la quale, sorridente alla letizia degli angeli, canta inni al Signore.
Gli amici di Pascasio la tolgono di là, per finirla col pugnale. Mentre il carnefice si accinge a vibrare il colpo fatale, Lucia, piegate le ginocchia, prega e dice agli astanti: “Fra breve sarà data pace alla Chiesa di Dio. Diocleziano e Massimiano cadranno dall’impero e finiranno miseramente. Come la città di Catania ha in venerazione sant’Agata, così anche voi onorerete me.”
Era il 13 dicembre 304

di Lié Larousse












365 giorni, Libroarbitrio

“Che ogni giorno sia un nuovo anno” – Di fiori di pesco e pagine scritte di Martina Benigni



Il taccuino ingiallito dei buoni propositi ammicca per farsi notare. Dirigo, allora, lo sguardo altrove imbattendomi nella solita finestra che sempre mi regala un quadratino di cielo fra i palazzi abusivi del mio quartiere. Abusivo sembra anche lui adesso: blu con pennellate di bianco, rapitore di pensieri e che oggi mi distare dai buoni propositi per l’anno nuovo. Sono, in realtà, quelli di settembre, tutto quello che ho rimandato a dopo l’estate e che ora rimanderò al fatidico gennaio che a pensarci bene, allora, di nuovo avrà ben poco. Se c’è una cosa che la sudata lista mi ha insegnato è che la Vita va sempre dove dice lei: la sento ridere mentre fa a brandelli quei fogli pasticciati di punti e obiettivi inutili come la prossima prova costume o l’iscrizione al corso di campana tibetana.
Nell’impegno del procrastinare, però, ho scoperto una grande verità che un poeta spagnolo, Antonio Machado (1875-1939), aveva cantato in una splendente poesia prima che io venissi al Mondo: “Viandante, sono le tue orme/ il sentiero e niente più;/ viandante, non esiste il cammino, / il cammino si fa camminando.”


Capodanno è un giorno come un altro, in fondo, ma nel cuore di tutti noi c’è una speranza feroce appesa all’uno che sostituirà lo zero di quest’anno che, per ovvietà, non nominerò. Mai come adesso, forse, non vediamo l’ora di cambiare il calendario, le prospettive, le parole…
Il tempo è fuori e dentro di noi, ognuno lo scandisce come meglio sente, ma davvero penso che stavolta sia stato diverso, sia stato un po’ più “simile” per tutti.
Il taccuino si sta avvicinando, vorrebbe che lo sfogliassi e che lo accarezzassi con la mia penna per goderne di nuovo, ma ho deciso che voglio provare ad imitare la Vita, lui ancora non sa che brutta fine farà: strapperò pagina per pagina fino all’inizio dei fogli bianchi, nuovo mare dove tuffarmi. Forse, quando vedrà il nuovo titolo, mi perdonerà per aver frantumato tutti quei buoni propositi.
Si chiamerà “Il taccuino della Viandante” e per prima cosa vi scriverò una citazione, un augurio che voglio rivolgere a tutti quanti, prendendo in prestito le parole di Antonio Gramsci (1891-1937), grande uomo in un tempo piccolo, che già mie, spero possano ricordarvi che la vita va celebrata ogni giorno e che il Tempo e il Cammino, alla fine dei conti, li facciamo noi, viandanti di questa terra eterna come i nostri attimi.

“[…] Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore. Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse.”

-Antonio Gramsci, 1° gennaio 1916, “Avanti!”

articolo di Martina Benigni

365 giorni, Libroarbitrio

“Il dolore è fatto della pelle degli altri” le mancanze che abbiamo attraverso i versi di Ilaria Palomba – di Lié Larousse

Ilaria Palomba

“Ho l’impressione di lottare contro le pietre,
il futuro si spalanca negli occhi
ma le viscere sono fredde,
l’unico spazio possibile è lontano,
l’unico tempo possibile è mai,
quando sono con loro non esiste nient’altro
la mente mia è labile,
non regge gli sbalzi,
schiva l’umana presenza,
mi costringe a frasi fatte e sorrisi di circostanza
mentre dentro ancora molta terra miseramente brucia
e in ogni istante la pelle viene via.”

Waterhouse “the lady of shalott”

Sono giorni precari e difficili per quegli esseri umani come me, saturi di una realtà che soffoca e acceca tanto, tanto da impedirci a tratti di vedere anche solo uno spiraglio, un breve e stretto raggio di sole, o di luna, poco importa, la notte non abbandona mai il giorno di questi tempi, e di questi tempi il giorno ha ore infinite per concedersi presto alla notte. Così, a distanza di tre anni, irrequieta e stanca tra una correzione di romanzi e la costante dell’inquietudine ho ripreso tra le mani “MANCANZA” , raccolta poetica di Ilaria Palomba, datata 2017, e nei suoi versi è stato come ritrovare una me, non una vecchia me, ma una me di oggi, di adesso, di qui e ora.
E’ questo che sanno fare i poeti, ed è proprio questo che sa fare la poesia, a prescindere dalla loro fama, o dal successo di aforismi e citazioni, a prescindere dal numero di copie vendute, la poesia descritta dall’anima di un poeta, di una poetessa, è il viaggio che tutti noi primo o poi dobbiamo fare verso casa, seppur triste ed angosciante, seppure senza un’apparente meta, un viaggio verso il nostro “Io” che troppo abitualmente, ormai senza quasi più farci caso, nascondiamo indifferenti dietro a maschere e soliti cliché, e non dobbiamo essere noi poeti per capirlo, ma solo e semplicemente esseri umani che vivono a cuore ed occhi aperti amando noi stessi e il nostro prossimo, come fratelli e sorelle.

“Il dolore è fatto della pelle degli altri
come assaporare gli sguardi alla finestra
e chiudere le serrande per spiare dai buchi.
Purtroppo sbocciamo solo
dove dilaga una morte.”

Articolo di Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

COSA RIMANE – La poesia in musica di Emilio Stella e Er Pinto

Emilio-Stella-&-Er-Pinto---Cosa-Rimane

La copertina del singolo è stata disegnata a mano
e colorata in digitale dall’illustratore e Street Artist, Mattia Yest.

Quanto spesso ci chiediamo come vivono la loro vita artistica cantautori e poeti, come passano le giornate? Li sappiamo di notte tra concerti e presentazioni di libri e dischi, li immaginiamo a feste circondati da fiumi di alcool e belle donne fino a mattino, ma che significa essere un poeta e un cantautore per davvero, nell’epoca contemporanea, a Roma, durante una pandemia globale?

Ce lo raccontano il cantautore Emilio Stella ed il poeta Er Pinto, con Cosa Rimane, due uomini che non amano essere etichettati come “artisti” perché per loro l’arte non è un mero status quo ma è una vocazione che ha delle solide basi nella vita di tutti i giorni, con tutto ciò che di buono e cattivo essa porta in se’, con “il peso delle cose” che si trascina dentro ci scriverebbe Er Pinto, con una testa ed un animo tutto “Suonato” ci canterebbe Stella, perché queste non sono solo parole scelte e virgolettate a caso, ma sono i titoli delle loro ultime opere d’arte, uno in poesia l’altro in musica. Con la parola entrambi giocano e la rispettano cercandola, studiandone il significato, apprezzandone la musicalità e il ritmo, ed è proprio questa loro vita di parole che li ha fatti incontrare, un giorno, anni fa per Roma.  Così con il tempo idee e intuizioni si sono trasformate in sceneggiature teatrali e canzoni, con  “E io te amo” (2015) hanno regalato alla loro città Natale una poesia che in brevissimo tempo è diventata una delle più belle dichiarazioni d’amore a Roma, per poi approdare a teatro con lo spettacolo “Tutte le Strade Portano ar Core”, con la partecipazione dell’attore Ariele Vincenti, durante lo spettacolo raccontano di un viaggio in musica e poesia che parte dalla periferia per arrivare al cuore pulsante della città.

Ma è in questi ultimi due mesi, quando il mondo si è ritrovato a fronteggiare una pandemia a cui nessuno era preparato che i due hanno unito riflessioni a passione con ore e ore di discorsi, che si sono tramutate in una minuziosa ricerca, e questa ricerca è divenuta la stesura del  brano scritto a due mani: Cosa Rimane.

A fare da sfondo al brano la passione per uno dei grandi maestri della musica italiana: Rino Gaetano. Immaginando di poter duettare con il loro idolo, i due artisti romani, hanno scritto un omaggio che prende ispirazione dalla “Fontana chiara un poco dolce e un poco amara” cantata dal loro mentore.
Cosa Rimane è una vera e propria poesia musicata, e poi suonata dai musicisti che spesso accompagnano Emilio Stella nei suoi tour in tutta Italia: Primiano Di Biase (piano) – Ruggero Giustiniani (percussioni) – Samuel Stella (chitarre) – Davide Costantini (basso)

 

La data del release è domani
2 Giugno 2020

 

di seguito il link per il Pre-Save su Spotify e il Pre-Order su ITunes

PRESAVE DIGITAL STORE: https://tropicana.lnk.to/CosaRimanePre

 

Il brano Cosa Rimane è sotto Edizioni Aloha Dischi/Tropicana
e distribuito digitalmente da Artist First.
Booking e management: alohadischi@gmail.com
Alessandro Martinelli:    +39 3397992043

 

articolo di Lié Larousse
http://www.libroarbitrio.com