Venerdì 25 marzo a Roma, presso la Biblioteca della Camera dei Deputati, l’autrice Lié Larousse interverrà con un breve discorso poetico sulla Pace per la Giornata Mondiale della Poesia evento diretto ed organizzato dalla F.U.I.S
Attraverso la voce di Lumas, giovane sedicenne ottocentesca rappresentata nel romanzo RID DEMENTIA, Lié porta alla luce la crisi di pensiero adolescenziale in una chiave psicologica e animica.
Di seguito un breve estratto: “Lumas questa notte, come ormai le ultime notti passate, non riesce a dormire. Scende dal letto, si avvicina alla finestra che dà sul mare, fuori l’aria è salmastra, qui, dentro di lei, un pensiero non le dà Pace. La Pace. Come si vive in Pace se siamo in lotta nel nostro cuore, nella nostra mente, ogni giorno. Come possiamo puntare il dito contro le ingiustizie del mondo quando siamo noi i primi ad essere ingiusti, con noi stessi, addirittura con i nostri cari, o con il nostro vicino di casa o di Paese. Come possiamo essere tanto ipocriti? Lumas immaginò di capire…”
“L’anima della Poesia incontra la forza della Musica: si mescoleranno e si legheranno alla musica del cantautore Emilio Stella, che con i suoi brani racconta la quotidianità vera, cruda e ironica, i versi dell’ultima raccolta poetica di Lié Larousse .la vita comunque. e a quelli dell’autore Gianluca Pavia che con il suo ultimo romanzo Ucciderò l’Editoria Nazional Popolare ci porterà a spasso nel mondo delle pubblicazioni editoriali e dei miti da sfatare. Ospite della serata Caterpillar con il suo ultimo libro ” Il Capo” (Sem Plumas Edizioni) un ibrido che raccoglie monologhi, poesie e prose che negli anni hanno costituito l’ossatura del suo impegno teatrale.
Durante la serata sarà presentato il brano .la vita comunque. che ha dato vita al primo BOOK MUSIC FILM della storia musica e della poesia nato dalla collaborazione tra Lié Larousse e Emilio Stella prodotto da Pontina Sound.
****CASA CLANDESTINA**** Mercoledì 21 luglio 2021, ore 21:00 Via San Quiriaco – Lido di Ostia
**Gradita la prenotazione: 3494586224** INGRESSO LIBERO
Quando poesia e musica decidono improvvisamente di accompagnarti in questa vita, dove ognuno di noi almeno una volta si è sentito perso e poi ascoltando il brano .la vita comunque. di Lié Larousse feat. Emilio Stella ci si ritrova. In un attimo si viene letteralmente rapiti da un vortice di sensazioni che spaziano dal dolore, alla gioia, alla potenza, regalandoti un momento di piacevole riflessione. Tutto questo viene meravigliosamente raccontato da Lié Larousse accompagnata dalle note e dai versi inediti di Emilio Stella, dalle visioni della regista Virginia Pavoncello, in una collaborazione veramente ben riuscita che ha saputo unire immagini, parole e musica in un Book Music Film, creazione originale dei tre artisti, che ti lascia lì leggero, con una percezione di appartenenza e memoria. Con questo brano Lié Larousse conferma la sua capacità di sorprendere unendo tre arti: poesia, musica e video, in un modo tutto nuovo!
Recensione di Loris Giorgi
Mercoledì 21 luglio 2021 alle ore 21:00 presso Casa Clandestina Via San Quiriaco, Lido di Ostia, Roma, gli artisti Lié Larousse, Emilio Stella, Gianluca Pavia si esibiranno per una serata di poesia e musica durante la quale sarà presentato il brano .la vita comunque.
BOOKMUSICFILM .la vita comunque. di Lié Larousse Feat. Emilio Stella
LIBRO .la vita comunque. di LIE’ LAROUSSE EDITORE BESTSELLER BOOKS & Co.
REGIA E MONTAGGIO VIRGINIA PAVONCELLO TESTO E VOCE NARRANTE LIE’ LAROUSSE – TESTO E VOCE CANTATA EMILIO STELLA MUSICA SAMUEL STELLA PRODUZIONE PONTINA SOUND VOICE OVER RECORDING FRANCESCO COPPOLA con MANUEL GENTILE, MARTINA BENIGNI, ROBERTA MASSOTTI, FRANCESCA CORTONA GIOIELLI I,WITCH di SARA TEODORI
.e se invece del cellulare avessimo sempre a portata di mano un quadernino e una penna biro e ci accostassimo ai nostri pensieri più che a quelli degli altri ogni volta che ci sentiamo stanchi ed annoiati disperati e ossessionati, e accostassimo la macchina o un piede ad un albero all’ombra di un caffè nella pausa pranzo, affamati e insonni nel cuore della notte, e iniziassimo ad appuntare solo le nostre di emozioni i deliri e i nomi di amici, e nemici, che sarebbe meglio evitare, e scarabocchiassimo disegni e parole come odori e sogni a fuoriuscire da vecchi cassetti mentali d’impolverate speranze da rispolverare nuove e smettere di farci una guerra antisociale e smetterla anche di pensare che l’erba del vicino è sempre più verde e fashion che solo chi vivrà vedrà, che volere è potere che mal comune fa sempre mezzo gaudio di dare il tempo al tempo, e se ce lo riprendessimo noi, fin da subito, tutto questo nostro tempo? appuntandoci a cuor leggero la lista delle cose da non fare perché lo sappiamo che tanto poi ci faranno male e con estrema audacia invece scriver ciò che di bello abbiamo e siamo, e sappiamo e vogliamo creare, per liberarci un po’ la testa, e stare meglio davvero, a volte penso, che addirittura, potremmo semplicemente esser felici così, annotando tutto di noi, ma solo con l’inchiostro, su questo quadernino tutto nostro questo tempo dedicato, troppo spesso impiegato a star piegati su mille lumen, messaggini e mail ad affaticarci a dar consigli che la gente non vuole davvero è solo un impicciarsi delle fatiche altrui e perderci così l’essenziale della vita nostra che è solo una, e questa.
.la maggior parte di un concerto jazz è improvvisazione e allora ho pensato arrivi sul palco, e improvvisi, e invece no è studiata l’improvvisazione nulla è lasciato al caso, tu non lasciarti al caso.
di Lié Larousse dal libro .la vita comunque. scritta per il concerto al conservatorio di Santa Cecilia eseguita con il maestro Paolo Damiani, per “LIBRO CHE SPETTACOLO” di Pier Paolo Pascali, Agis Nazionale. Giornalista dell’evento Gabriele Spila.Una giornata indimenticabile, speriamo di poter tornare a suonare e a cantare poesia a teatro presto, Pubblico e Istituzioni non lasciateci soli! #unannosenzaeventi #laculturanonsiferma
Il taccuino ingiallito dei buoni propositi ammicca per farsi notare. Dirigo, allora, lo sguardo altrove imbattendomi nella solita finestra che sempre mi regala un quadratino di cielo fra i palazzi abusivi del mio quartiere. Abusivo sembra anche lui adesso: blu con pennellate di bianco, rapitore di pensieri e che oggi mi distare dai buoni propositi per l’anno nuovo. Sono, in realtà, quelli di settembre, tutto quello che ho rimandato a dopo l’estate e che ora rimanderò al fatidico gennaio che a pensarci bene, allora, di nuovo avrà ben poco. Se c’è una cosa che la sudata lista mi ha insegnato è che la Vita va sempre dove dice lei: la sento ridere mentre fa a brandelli quei fogli pasticciati di punti e obiettivi inutili come la prossima prova costume o l’iscrizione al corso di campana tibetana. Nell’impegno del procrastinare, però, ho scoperto una grande verità che un poeta spagnolo, Antonio Machado (1875-1939), aveva cantato in una splendente poesia prima che io venissi al Mondo: “Viandante, sono le tue orme/ il sentiero e niente più;/ viandante, non esiste il cammino, / il cammino si fa camminando.”
Capodanno è un giorno come un altro, in fondo, ma nel cuore di tutti noi c’è una speranza feroce appesa all’uno che sostituirà lo zero di quest’anno che, per ovvietà, non nominerò. Mai come adesso, forse, non vediamo l’ora di cambiare il calendario, le prospettive, le parole… Il tempo è fuori e dentro di noi, ognuno lo scandisce come meglio sente, ma davvero penso che stavolta sia stato diverso, sia stato un po’ più “simile” per tutti. Il taccuino si sta avvicinando, vorrebbe che lo sfogliassi e che lo accarezzassi con la mia penna per goderne di nuovo, ma ho deciso che voglio provare ad imitare la Vita, lui ancora non sa che brutta fine farà: strapperò pagina per pagina fino all’inizio dei fogli bianchi, nuovo mare dove tuffarmi. Forse, quando vedrà il nuovo titolo, mi perdonerà per aver frantumato tutti quei buoni propositi. Si chiamerà “Il taccuino della Viandante” e per prima cosa vi scriverò una citazione, un augurio che voglio rivolgere a tutti quanti, prendendo in prestito le parole di Antonio Gramsci (1891-1937), grande uomo in un tempo piccolo, che già mie, spero possano ricordarvi che la vita va celebrata ogni giorno e che il Tempo e il Cammino, alla fine dei conti, li facciamo noi, viandanti di questa terra eterna come i nostri attimi.
“[…] Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore. Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse.”
Quella di Lié non è solo Poesia: esonda, attraverso espressi concetti di cogito e coscienza, con cruda delicatezza e sfrontato garbo, in una “filosofia” che ha al suo centro il concetto di vita. La vita è teatro, ma non sono ammesse le prove, diceva Anton Čechov. L’ Autrice “questo teatro” lo percorre come si fa con una strada, a volte, poche in verità, dritta e perfetta, altre volte sconnessa e in salita come un sentiero di montagna su cui faticosamente inerpicarsi; sempre, però, con la ben presente consapevolezza della necessità e inevitabilità del cammino e dei suoi infiniti possibili bivi e della impossibilità di percorrerlo a ritroso. I versi sono il suo carburante: quello che le serve per non fermarsi mai. La méta diventa quasi irrilevante, vacua, incerta, fumosa. E’ il passo (il muoversi, l’avanzare) a fare da metronomo alla musica dell’esistenza e a dare tempi e ritmo al momento. Lié riesce ad annullare le distanze fra passato e futuro contestualizzandole in un presente che ogni cosa avvolge, e che poi è l’unica cosa che, in fondo, esiste per davvero. Esattamente “ in questo preciso punto/ qui nella testa/ qui nel ricordo” . E questa condizione diventa la sua “sofferenza” : .se questa tua vita/ in una vita si aprisse/ una dentro un’altra/ e dentro questa/ un’altra ancora/ vita su vita.; ma anche la sua forza perché sa trasformare ogni negatività, che sia sua o altrui non importa, in energizzante poesia che per lei, e per chi legge, è rinvigorente come la Madre Terra per il gigante Anteo. Chi leggerà questo libro scoprirà che è un aiuto alla riflessione sulle relazioni intercorrenti fra Noi egli Altri, e sul come dovremmo allenare, con l’immedesimazione, la percezione empatica del mondo che ci circonda. Imparando a fare un po’ più nostri i sentimenti e le sensazioni delle persone che, magari per un attimo, gravitano nelle nostre vite o anche solo nei nostri pensieri. La poesia di Lié non risponde (non vuole, non deve); la poesia di Lié solo dipinge, magari con iperrealistica crudezza, e a volte domanda. Con un approccio soggettivo, istintivo ed istantaneo. Che, come una rasoiata, ferisce a fondo ma senza immediato dolore: “ho lasciato che il vento/ di questo pomeriggio disgraziato/ prendesse a sé/ tutte le promesse di film al cinema mai visti/ l’intonaco e gli stracci di pelle/ che a fine giornata/ ancora m’erano rimasti appiccicati/ al culo però/ più che al cuore”. Una ferita che non ti uccide e da cui puoi guarire: per continuare a vivere, a vivere .la vita comunque.
“…vivere è proprio un lavoro.” Così recita una delle poesie di Lié Larousse che è una donna che ama, come lei stessa ci confessa, e proprio per questo è una donna che Vive. Con questa raccolta ci fa affacciare sulla sua vita, anzi, sulle sue vite che si mischiano inevitabilmente con quelle degli altri “scapigliati”, distratti, di fretta, alcuni innamorati e bellissimi. La vita è dolorosa e il “tempo è bastardo”, ma in tutto ciò giace una profonda dolcezza che la poetessa sa ritrarre alla perfezione nelle immagini quotidiane e intime che regala ai lettori, come la pennellata d’acquerello della bimba dai capelli rossi o il sughettofinto del Nonno. Lié lo sa che “.è la vita, si muore.” e, forse, proprio in questo nostro essere “un attimo” si cela tutta la nostra eternità. Ci vuole davvero tanto amore per scrivere versi come questi, per riuscire a cogliere tutta la poesia che divampa dai bar di periferia ad una Nonnina che chiacchiera “di tempo al tempo”. L’amore è la forza segreta che tutto muove: delusioni e gioie, soprattutto quelle, e in quanto tale va difeso. Mai farsi rubare l’amore, mai. Forse è proprio questo il messaggio più potente che sprigionano queste pagine, quasi accecandoci, lasciandoci senza fiato, inebetiti di fronte a tanta “semplice” verità. La vita ci porta spesso a navigare mari in tempesta, così scuri e grandi da farci credere che tutto sia ormai perduto, che la rotta sia introvabile, ma è proprio allora che dobbiamo scrivere più forte, amare più forte e vivere più forte, che penso di non sbagliare nel definire sinonimi. Vivere è, dunque, sbagliare, ridursi in pezzi, frantumarsi il cuore, per poi scoprirsi dolcissime “Sìbellule” pronte ad amare e ad amarsi perché non dobbiamo “lasciarci al caso”, ma reinventarci per noi e per chi amiamo. Ecco, c’è tutto questo e molto di più nelle poesie di Lié: c’è la Vita. La Vita comunque.
di Martina Benigni
Martina Benigni è attualmente una studentessa della Magistrale in Lingue e Civiltà Orientali, presso La Sapienza di Roma, città dove è nata e cresciuta. Dopo la laurea triennale decide di recarsi in Cina, a Pechino, per approfondire la lingua, innamorandosene ancor di più, grazie alla bellezza della cultura, dei luoghi e delle persone conosciute durante quei tre mesi di studio e scoperta. L’amore per la letteratura comincia in tenera età, fra i banchi di scuola: da sempre avida lettrice, scopre molto presto anche la bellezza della poesia che diventa una sorta di bussola nella vita di tutti i giorni. Il sogno è quello di scrivere e viaggiare, che sono un po’ la stessa cosa, e di riuscire a tornare presto nella sua amata Cina. Da dicembre terrà una sua rubrica letteraria sul sito e blog http://www.libroarbitrio.com
Oggi, di cinque anni fa, io e lo scrittore Gianluca Pavia vincevamo i premi letterari Tell Book Your Story e il Premio delle Due Rocche – Teatro sull’Acqua, a scegliere i nostri racconti fu Dacia Maraini, che li lesse con accuratezza e ci consigliò di continuare a scrivere a quattro mani. E io piansi di felicità da sola nell’ascensore dell’albergo, e ve lo giuro, non per la nostra doppia vittoria di cui sono fierissima, che poi non vi descrivo la gioia che avevo in corpo solo al pensiero di vedere dal vivo Dacia Maraini, ma perché a colazione, mentre tutti erano indaffarati in faccende di caffelatte e uova sode, io stavo creando dietro di me una fila indecente perché volevo farmi un semplicissimo tè ma, la grandiosità del luogo dove ero ospitata aveva imposto anche la grandiosità di un’infernale macchina di bevande calde espresse che, io, non riuscivo proprio a capire come far funzionare.
Sapete come è andata a finire?
Al mio fianco si avvicinò Lei, che sorridendomi con dolcezza mi disse “Ragazza delle formiche posso aiutarla?”
-Vorrei solo un tè,- mormorai, allora Lei, con calma e decisione, cliccò tasti e numeri e dalla macchina infernale uscì il mio tè, bollente e pure zuccherato alla perfezione.
Mi invitò a sedere al suo tavolino ed iniziammo una conversazione veloce per i pochi minuti a disposizione che aveva, parlammo dei grandi scrittori contemporanei, della mia scrittura, di quella di Gianluca, ci diede dei consigli, ci firmò le nostre copie dei libri dedicandoci tante buone parole, e infine mi salutò sorridente e delicata.
Ecco, in ascensore cinque anni fa, ed ora oggi, penso ancora che questo è un giorno di vita felice che ricorderò per sempre, “persempre sempre”.
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