365 giorni, Lié Larousse, Libroarbitrio

.un quadernino e una penna biro. di Lié Larousse

.e se invece del cellulare
avessimo sempre a portata di mano
un quadernino e una penna biro
e ci accostassimo ai nostri pensieri
più che a quelli degli altri
ogni volta che ci sentiamo stanchi ed annoiati
disperati e ossessionati,
e accostassimo la macchina o un piede ad un albero
all’ombra di un caffè nella pausa pranzo,
affamati e insonni nel cuore della notte,
e iniziassimo ad appuntare solo le nostre di emozioni
i deliri e i nomi di amici, e nemici,
che sarebbe meglio evitare,
e scarabocchiassimo disegni e parole
come odori e sogni
a fuoriuscire da vecchi cassetti mentali
d’impolverate speranze da rispolverare nuove
e smettere di farci una guerra antisociale
e smetterla anche di pensare
che l’erba del vicino è sempre più verde e fashion
che solo chi vivrà vedrà, che volere è potere
che mal comune fa sempre mezzo gaudio
di dare il tempo al tempo,
e se ce lo riprendessimo noi, fin da subito,
tutto questo nostro tempo?
appuntandoci a cuor leggero
la lista delle cose da non fare
perché lo sappiamo che tanto poi ci faranno male
e con estrema audacia invece
scriver ciò che di bello abbiamo e siamo,
e sappiamo e vogliamo creare,
per liberarci un po’ la testa, e stare meglio davvero,
a volte penso, che addirittura,
potremmo semplicemente esser felici così,
annotando tutto di noi,
ma solo con l’inchiostro, su questo quadernino tutto nostro
questo tempo dedicato, troppo spesso impiegato
a star piegati su mille lumen, messaggini e mail
ad affaticarci a dar consigli
che la gente non vuole davvero
è solo un impicciarsi delle fatiche altrui
e perderci così l’essenziale della vita nostra
che è solo una, e questa.

di Lié Larousse
estratto da .la vita comunque.

In tutte le librerie, in edicola e online

https://www.lafeltrinelli.it/libri/lie-larousse/vita-comunque/9788894500912

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365 giorni, Libroarbitrio

“Fra Noi e gli Altri .la vita comunque.” Recensione di Angelo Andriuolo

in copertina Lié Larousse .la vita comunque.

Quella di Lié non è solo Poesia: esonda, attraverso espressi concetti di cogito e coscienza, con cruda delicatezza e sfrontato garbo, in una “filosofia” che ha al suo centro il concetto di vita. La vita è teatro, ma non sono ammesse le prove, diceva Anton Čechov. L’ Autrice “questo teatro” lo percorre come si fa con una strada, a volte, poche in verità, dritta e perfetta, altre volte sconnessa e in salita come un sentiero di montagna su cui faticosamente inerpicarsi; sempre, però, con la ben presente consapevolezza della necessità e inevitabilità del cammino e dei suoi infiniti possibili bivi e della impossibilità di percorrerlo a ritroso. I versi sono il suo carburante: quello che le serve per non fermarsi mai. La méta diventa quasi irrilevante, vacua, incerta, fumosa. E’ il passo (il muoversi, l’avanzare) a fare da metronomo alla musica dell’esistenza e a dare tempi e ritmo al momento. Lié riesce ad annullare le distanze fra passato e futuro contestualizzandole in un presente che ogni cosa avvolge, e che poi è l’unica cosa che, in fondo, esiste per davvero. Esattamente “ in questo preciso punto/ qui nella testa/ qui nel ricordo” . E questa condizione diventa la sua “sofferenza” : .se questa tua vita/ in una vita si aprisse/ una dentro un’altra/ e dentro questa/ un’altra ancora/ vita su vita.; ma anche la sua forza perché sa trasformare ogni negatività, che sia sua o altrui non importa, in energizzante poesia che per lei, e per chi legge, è rinvigorente come la Madre Terra per il gigante Anteo. Chi leggerà questo libro scoprirà che è un aiuto alla riflessione sulle relazioni intercorrenti fra Noi egli Altri, e sul come dovremmo allenare, con l’immedesimazione, la percezione empatica del mondo che ci circonda. Imparando a fare un po’ più nostri i sentimenti e le sensazioni delle persone che, magari per un attimo, gravitano nelle nostre vite o anche solo nei nostri pensieri. La poesia di Lié non risponde (non vuole, non deve); la poesia di Lié solo dipinge, magari con iperrealistica crudezza, e a volte domanda. Con un approccio soggettivo, istintivo ed istantaneo. Che, come una rasoiata, ferisce a fondo ma senza immediato dolore: “ho lasciato che il vento/ di questo pomeriggio disgraziato/ prendesse a sé/ tutte le promesse di film al cinema mai visti/ l’intonaco e gli stracci di pelle/ che a fine giornata/ ancora m’erano rimasti appiccicati/ al culo però/ più che al cuore”. Una ferita che non ti uccide e da cui puoi guarire: per continuare a vivere, a vivere .la vita comunque.

Articolo di Angelo Andriuolo