Roma 7 agosto 2013
Ora d’azzurro
a Reinhold e Sabine Lepsius
Guarda quest’ora d’azzurro, che là
oltre il velario del giardino inciela!
Lei recava ogni raggiante scoperta,
ricompensa alle pallide sorelle.
Palpitante e grande e serena, accorre
infine con le sue nuvole – guarda!
offerta lei d’avvampanti relitti.
Cosa concede dice quand’è inerte.
E ch’esse sì velocemente immote
meditiamo – solo a lei consacrati-
ormai allo stesso modo gli archi tende
caligine d’opulento festino.
Come un accordo di profonda musica
che senza fine paradisa e plora
nel nuovo empireo maggiormente adesca
e più avviva se più si va spegnendo.
Stefan George
Addentrarsi nelle spinose questioni che riguardano la vita di Stefan George è un’impresa rischiosa, e forse il poeta stesso non lo considererebbe un contributo alla sua gloria.
Nato nel 1868 a Budesheim, nel Palatinato assiano-renano, George iniziò presto a viaggiare in Europa seguendo itinerari poetici: poco più che ventenne frequentò a Parigi il cenacolo simbolista, accolto da Mallarmé e Verlaine con ammirazione e stupore per il suo precoce talento poetico, mentre in Inghilterra conobbe, restandone affascinato, Swinburne e i pittori preraffaelliti.
Furono, queste, esperienze determinanti per la sua personalità artistica, influssi che concorsero in modo decisivo alla formazione di quella immagine di “poeta numinoso”, poeta vate, che contraddistinguerà poi tutta la vita di George.
In questi anni si viene formando la sua concezione della letteratura come un evento aristocratico, elitario: la poesia deve essere pura e depurata da residui di contingenza, pervasa da una tensione metafisica che trabocca spesso nel linguaggio vaticinante dell’esperienza mistica.
La lingua tedesca si modella a un’estenuante perfezione formale, messa in rilievo anche da un’attenzione scrupolosa alla squisita presentazione tipografica dei testi, intesa come funzione stilistica.
Al lettore italiano sarà qui risuonato in mente sempre più chiaro il nome di Gabriele d’Annunzio, e infatti il parallelismo tra i due poeti offre moltissimi riscontri, nell’arte come nella vita.
Ma la missione di poeta – vate, tradotta nella realtà biografica, assume caratteristiche alquanto ambigue e inquietanti.
Nel 1890 Stefan George crea un proprio circolo attorno alla rivista “Blatter fur die Kunst”, (“Fogli per l’arte”).
Qui il maestro si contorna di giovani discepoli, da lui accuratamente selezionati secondo criteri semplici e precisi: maschi, belli, efebici, spesso adolescenti, non di rado ancora bambini.
Un’élite di adepti sui quali il poeta esercita un potere assoluto, invasivo e senza scrupoli.
Soggiogati dal carisma del vate, ma anche vincolati dal suo imperioso e capriccioso volere, i giovani si consacrano a lui, si sottopongono a umilianti rituali di adorazione, si votano a una dedizione assoluta, che contempla persino la rinuncia al matrimonio, pena l’esclusione dal circolo degli eletti.
Tutto ciò in nome dell’Arte e dell’Estetica.
Quello che finora nella storia della letteratura era definito come “culto estetizzante della bellezza efebica”, o “trasfigurazione poetica dell’ideale apollineo”, in una recente, ponderosa biografia curata da Thomas Karlauf viene rinominato altrimenti, in una sola parola: pedofilia.
Di fatto, sul versante poetico, tra le più belle liriche di Stefan George si annoverano senz’altro le “Canzoni” dedicate all’efebo Massimino, raccolte in Der Stern des Bundes (La stella del patto, 1914).
Ma indagare soltanto su questa componente della vita del poeta sarebbe miope e riduttivo.
Al di là dell’indiscusso valore dell’opera poetica, la storia di Stefan Geroge e del suo circolo è anche la storia della Germania del Terzo Reich: entrambe sono vicende di sottomissione e di culto dell’autorità, di fanatismo ma anche di grande coraggio.
Uno dei discepoli di George fu infatti quel colonnello Cluas von Stauffenberg, che il 20 luglio 1944 colpì un fallito attentato contro Hitler, collocando una bomba nella baracca del Fuhrer durante una riunione di alti ufficiali nazisti.
Nel 1933, disgustato per l’uso propagandistico che il regime andava facendo delle sue poesie, Stefan George si trasferì in Svizzera, a Minusio, nel Canton Ticino, dove morì quello stesso anno.
A domani
LL
Testo di studio:
Poesia, Speciale 25 anni, Vite di poeta
Donata Berra
Editore Fondazione Poesia Onlus
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