Roma 4 ottobre 2013
Marzo 1940
Davanti a questo dolore si curvano i monti,
non scorre un grande fiume,
ma sono solide le serrature del carcere,
dietro di esse i “covi dei forzati”
e una malinconia di morte.
Per qualcuno alita un vento fresco,
per qualcuno languisce il tramonto,
non sappiamo, siamo ovunque le stesse,
sentiamo solo l’odioso scricchiolìo delle chiavi
e i pesanti passi dei soldati.
Ci alzavamo come per una messa mattutina,
camminavamo per la capitale inselvatichita,
là ci incontravamo, più esanimi dei morti,
il sole più basso, la Nevà più nebbiosa,
ma la speranza canta sempre in lontananza.
La condanna…
E subito scorrono le lacrime,
da tutti ormai allontanata,
la vita è come strappata dolorosamente dal cuore,
come gettata brutalmente supina,
ma va avanti…
Barcolla…
Sola.
Dove sono ora le amiche occasionali
dei miei due anni infernali?
Che cosa scorgono nelle nevi siberiane?
Cosa intravedono nel disco lunare?
A loro mando il mio addio.
A domani
LL