365 giorni, Libroarbitrio

Robert Burns: “il valzer delle candele”

Roma 27 maggio 2013

Robert Burns nasce nel 1759 in Scozia.

Primo di sette fratelli, figlio di contadini, riceve un’ottima educazione scolastica dal padre, da un maestro assunto privatamente e dalla nutritrice che come egli stesso scrive in una sua lettera:” Betty Davidson è colei che lo aiuterà a coltivare i semi latenti della Poesia”, affascinato da Ella che  possedeva la più vasta collezione in tutto il paese di storie e canzoni sulle creature soprannaturali della tradizione popolare scozzese.

Robert inizia a scrivere a quindici anni nonostante le fatiche che lui e la sua famiglia attraversano dovendo lottare contro la povertà e la stanchezza del lavoro nei campi.

La lettura delle opere di Robert Fergusson e di Allan Ramsay protagonisti della rinascita dello Scots come lingua poetica, ispirano Robert a comporre versi su personaggi ed episodi della vita agreste nella lingua e nelle forme tradizionali scozzesi.

In questo stesso periodo inizierà a soffrire di endocardite reumatica,  malattia che lo porterà  alla morte.

Avrà una vita sentimentale molto travagliata e sarà padre di dodici figli da cinque donne diverse.

Intorno al 1786 emigra in Giamaica dove lavorerà come bibliotecario presso la piantagione di un compatriota. Vedrà pubblicare nello stesso anno le sue poesie, il suo primo volume col titolo Poems, chiefly in the Scottish dialect,  al costo di tre scellini.

L’enorme inaspettato successo che vede esaurire nel giro di un mese la prima edizione, lo porta ad Edimburgo per curare la seconda edizione del volume.

Accolto con entusiasmo nei circoli culturali troverà  le forze economiche per viaggiare e tornare nella sua Scozia  dove produrrà una raccolta scritta di canti tradizionali dei luoghi visitati durante i suoi viaggi.

Con l’incisore James Johnson intraprende una straordinaria avventura, creando e pubblicando una raccolta di canzoni scozzesi. Il progetto prevede due volumi, che poi diventeranno sei, per questo lavoro Burns non vuole alcun compenso. diverrà un vero e proprio capolavoro, un opera di enorme importanza perché recupera l’eredità  culturale scozzese, compromessa dopo la Riforma protestante, che aveva scoraggiato la musica secolare.

I testi di Burns sono giunti  fino a noi, basti pensare alla canzone “Il valzer delle candele” famosa in tutto il mondo.

Robert Burns muore nel 1796. La Scozia ne celebra ogni anno il compleanno, il 25 gennaio, festeggiando con i cibi e le bevande cantati dal Bardo scozzese, degustando il  piatto tipico haggis: interiora di pecore e spezie cotte nello stomaco dell’animale  e whisky.

Buon viaggio a tutti!

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

L’ipotesi del classicismo

Roma 8 aprile 2013

Il Foscolo, il Leopardi e il Carducci in una tradizione che è insieme riflessione e coscienza di tecnica letteraria e di interesse di poeti e scrittori, videro il Chiabrera e il Testi come creatori di quelle novità di stile, di linguaggio e di forme metriche  che la letteratura italiana doveva continuare nel Settecento e, in un certo modo, sino alla loro poesia stessa.

Il classicismo, il nome cioè e la categoria sotto la quale si raccolgono questi due autori, è stato una ricerca, più inquieta nelle forme che non nello spirito, di strutture nuove e corrispondentemente di temi, se non sempre di sentimenti e di contenuti nuovi.

Il Chiabrera, ammirato dal Marino, viene ricordato con riconoscente esaltazione dal Testi nell’avvertenza alle sue poesie come “il primo a correre questo arringo della pindarica imitazione, riportandone plauso sempre grandissimo, ma non mai maggiore del merito”.

La posizione di questi due scrittori  rispetto al mondo classico, pur diversa dal Marino, non è più quella umanistica né quella rinascimentale: le grandi letterature moderne  si equiparano  a quelle classiche  e quella italiana si colloca in una rete di relazioni e di sollecitazioni con gli stranieri contemporanei  e con gli antichi.

A domani

LL

 

Testo di lettura
La letteratura italiana, Il Seicento
Editore: Iniziative Speciali De Agostini

365 giorni, Libroarbitrio

I Canti Carnascialeschi

Roma 4 marzo 2013

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Con il termine ” Canti Carnascialeschi” si definiscono alcuni componimenti, costituiti da  versi brevi e destinati alla musica, che venivano cantati durante il carnevale da cori mascherati, nella Firenze dei secoli XV e XVI.

L’origine antica di questi canti si fa risalire ai Saturnali dei romani e alle feste dei Pazzi medievali. Si raccoglie nei versi la tradizione orale popolare per mescolarla con quella colta creando così un nuovo genere letterario.

I temi cantati, scherzosi e spesso scurrili, riguardano oggetti e situazioni della vita quotidiana, in una frequente commistione di sacro e profano, comico e serio, allegro e triste.

Presso la Biblioteca Nazionale di Firenze si possono osservare otto preziosi manoscritti, ben conservati, sessanta Canti Carnascialeschi con la notazione musicale. Le composizioni sono a tre o a quattro voci, per lo più con ritmo binario, frasi musicali piuttosto brevi a cadenze conclusive ben definite. La struttura metrica dei testi ha una forma simile alla ballata, che viene generalmente definita con il nome di “Frottola”: una sequenza di stanze per lo più di ottonari, alternate ad un ritornello.

A domani

LL

Rif. lettura testo
Antologia illustrata di poesia
di Elvira Marinelli
Demetra Editore