Ti spargi come bruma, inaspettato amore.
Arrivi come vento ad estirpare enigmi,
penetri stravolti anfratti di santificato stupore
in gelide cattedrali di agnostico zelo.
Alzi la polvere dello smarrimento
mentre disperdi ogni mia difesa.
Tag: Spleen
“L’amore e il cranio” Charles Baudelaire
Sopra il cranio dell’Umanità siede
Amore. E lì, assiso
come sul trono, lui, profano, ride
d’uno sfrontato riso,
ride e soffia bollicine rotonde
che si levano in alto
come volessero approdare a mondi
sotto celesti volte.
Il globo fragile, luminoso,
si slancia con veemenza,
vomita l’anima leggera esplosa
come aurata parvenza.
A ogni bolla con lamentosa voce
io sento il cranio dire:
questo gioco ridicolo e feroce
quando potrà finire?
Perché quello che la sua bocca espelle,
crudele, e in aria spande,
è, o mostro assassino, il mio cervello,
la mia anima, il mio sangue.
L’AMOUR ET LE CRANE
L’amour est assis sur le crane
De l’humanité,
Et sur ce trone le profane,
Au rire effronté,
Souffle gaiement des bulles rondes
Qui montent dans l’air,
Comme pour rejoindre les mondes
Au fond de l’éther.
Le globe lumineux et frele
Prend un grand essor,
Crève et crache son ame grele
Comme un sogne d’or.
J’etends le crane à chaque bulle
Prier et gémir:
– ” Ce jeu féroce et ridicule,
Quand doit-il finir?
” Car ce que ta bouche cruelle
Eparpille en l’air,
Monstre assassin, c’est ma cervelle,
Mon sang et ma chair!”
SPLEEN di Charles Baudelaire
Quando il cielo basso pesa come un coperchio
sull’anima gemente in preda lunghi affanni,
e abbracciando tutto il cerchio dell’orizzonte
dispensa un giorno nero più triste della notte;
quando la terra diventa un’umida cella,
e la Speranza come un pipistrello
sbatte contro i muri la sua timida ala
e contro il soffitto marcio picchia la testa;
quando la pioggia svolge i suoi lunghi nastri
come le sbarre d’una prigione enorme,
e in silenzio un popolo intero di ignobili ragni
nei nostri cervelli viene a tessere le reti,
campane all’improvviso furiosamente scattano
e verso il cielo lanciano un terribile lamento,
come spiriti erranti e senza patria
che ostinati si mettono a gemere.
E lunghi funerali, senza tamburi e musica,
sfilano lentamente nella mia anima; la Speranza
vinta, piange, e l’Angoscia, atroce e dispotica,
mi pianta sul cranio piegato il suo vessillo nero.
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