365 giorni, Libroarbitrio

Fare spazio e Sognare – Di fiori di pesco e pagine scritte – Martina Benigni

La tartaruga rossa ( studio Ghibli)

Le cinque e trenta di pomeriggio: le ultime luci del tramonto si erano infiltrate nella stanza sciogliendosi come un liquido dolce su ogni superficie, fino a inumidirmi gli occhi e la mente. Avevo passato l’intera giornata al computer lasciandomi distrarre soltanto dallo scambio di e-mail e dal suono acuto delle notifiche non richieste; ero satura, provata, staccata da me. Fu un attimo: sentii la necessità di chiudere tutto, di distogliere i pensieri e di aprire gli occhi per davvero, sebbene li avessi aperti da almeno otto o nove ore, era come se dovessi ancora svegliarmi e farvi entrare una luce vera, che non mi ferisse, diversa da quella dei display. L’unico rumore a cui prestai attenzione, allora, fu quello dello schermo che si chiudeva sulla sudata tastiera sancendo davvero l’inizio della mia giornata.

I pensieri viaggiano alla velocità della luce infrangendo le barriere dello spazio e del tempo, così mi ritrovai in Cina a cavallo tra il quarto ed il quinto secolo, nella poesia di Tao Qian (365-427), anche noto come Tao Yuanming, che in un’epoca di disordini e violenza decise di abbandonare le cariche ufficiali per dedicarsi ad una vita semplice e felice che valesse la pena di essere vissuta, riscoprendo il senso delle piccole-grandi cose di ogni giorno: “In queste cose si trova/ l’essenza del Vero. / Ad esprimerlo/mancan le parole” (dalla traduzione di Giuliano Bertuccioli di Yin jiu, Bevendo il vino).

Il poeta mi porse un filo rosso invitandomi a fidarmi e a seguirlo: lo afferrai e di colpo attraversai altre epoche, altri luoghi, famigliari e sconosciuti, luoghi che avevo lasciato con noncuranza, immagini sulle quali non mi ero soffermata abbastanza e che ora mi chiedevano di riemergere. Mi ritrovai in uno spazio indefinito fatto di sfumature in cui distinguevo appena la forma delle cose che, però, sentivo note, vicine. Ero già stata lì e ci sarei tornata altre volte. Di nitido c’era, oltre alle sensazioni, quel filo rosso al quale mi tenevo aggrappata con forza, non sapevo più chi ci fosse dall’altra parte, ma continuai a fidarmi e a lasciarmi guidare, senza una ragione.

“Tieni aperta la porta del cuore, e anche tu troverai la tua Spiaggia dei Sogni.”

Erano anni che non mi tornava in mente questa frase de “L’onda perfetta” di Sergio Bambarén, anzi, a dir la verità credevo quasi di averlo dimenticato quel romanzo, ma lui non si era dimenticato di me, per fortuna. Ci sono momenti, emozioni, frasi, immagini, mani e occhi che rimangono dentro di noi ed agiscono segretamente, anche se non ce ne accorgiamo, ci levigano dolcemente come il vento e la pioggia fanno con le montagne. Quante albe hanno, inconsapevolmente, illuminato i nostri cammini? Bussole magiche che ci tengono saldi alla vita quando meno ce lo aspettiamo.

Il filo rosso, dunque, mi aveva fatta approdare sulla “Spiaggia dei Sogni” dove poter “disincagliare il cuore” e riprendermi il “tempo per vivere”. La “Spiaggia dei Sogni” è un luogo profondamente democratico, senza frontiere, dove pur parlando lingue diverse ci si capisce senza sforzo, è una dimora marina comune a tutti gli esseri umani, anche a chi non se ne ricorda o pensa di non sapersene più ricordare. La “Spiaggia dei Sogni” è paziente come il suo mare che di onda in onda si fa più profondo e limpido, sa aspettare, non ha fretta mentre conta le impronte dei sognatori erranti sulla sabbia dorata.

Oggi siamo tutti più smart: smartworking, smart TV, smartphone, ma la cosa più smart che potremmo fare davvero sarebbe staccare la spina, donarci il tempo di farlo, il tempo “di vivere”, appunto, di uscire, di scoprire di che blu si è tinto il cielo e di respirare. Ci insegnano l’importanza di accumulare ma, forse, dovremmo imparare soprattutto a fare spazio e a lasciar andare, a sgomberare la mente, a dire addio alle cose superflue per far entrare un pensiero nuovo, e recuperare, così, i sogni che aspettano di essere ripescati da anni, forse da secoli, per imparare a farne di nuovi, ogni giorno.

“L’onda perfetta”

articolo di Martina Benigni

365 giorni, Libroarbitrio

Rosari – Collezione Oriunda Jewels

Lié Larousse ph Gabriele Ferramola

 

.se i nostri sogni
combaceranno anche domani
al tuo risveglio
vi porterò con me.

 

Per la Collezione di Rosari artistici di Oriunda jewels

Un grazie speciale a Valentina Barella artigiana del gioiello, ideatrice del marchio #OriundaJewels, per l’amore buono e sincero che mette in tutte le sue creazioni.

Fb: www.facebook.com/oriundajewels
web: www.oriundajewels.com
mail: oriundajewels@gmail.com

Il Laboratrio
ABOUT Fucina Orafa Milano
Via Francesco De Sanctis 34, 20141 Milano

Fotografia di Gabriele Ferramola

Vivete con amore 

Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

Un gran bel mo(n)do – Andrew Faber

 

superthumb

In un mo(n)do o nell’altro
io e te, ci si dovrà incontrare.
Con l’unica certezza che rimane
di non lasciarsi andare.
Per la voglia di fuggire via
per rispetto di chi crede ancora alla magia.
Sono un uomo che siede comodo sulla sua malinconia.
E che ogni tanto scrive
quando il mondo brucia per la troppa frenesia.
Ma che bel modo hai
di essermi, di esserci.
Ma che bel modo sei
di vivermi, di viverci.
Ma tu lo sai come si fa a rimanere soli tra la gente ?
Quando ad ascoltare non ce la fai più.
Intendo dire, soli veramente.
Come si fa a superare la corrente gelida che scorre
tra ciò che è giusto fare e tutto ciò che serve per cambiare ?
A me piace sognare
soffro d’una rara malattia chiamata ipotermia neurale.
Se non penso io mi sento male.
Ma non stiamo qui a tergiversare.
Non ho più voglia di parlare.
Vieni a respirare qui con me. Vienimi a trovare.
Con una scala o una poesia per poter guardare fuori.
Ti parlerò di libertà.
Io.
Ti vestirò di fiori.

365 giorni, Libroarbitrio

Inquieto – Lindze

fotografia set prossima uscita E.G.

Come una chiocciola
che la notte
bruca l’umida verdura
e il giorno chiusa
nel suo guscio
sogna il vasto oceano.

Come le megattere
che del mare
cantano il mistero,
gli oscuri abissi
e tramandano
le antiche storie
di quando
piene di dolore
lasciarono la terra.

Come le meduse
che viaggiano lontano
arrese alle correnti
e nulla sognano poiché
esse stesse sono
il sogno incorporeo
di mari dormienti.

Come un cane
alla catena
che ulula alla luna
e ricorda quando
correva libero
per le foreste
e il sapore della preda
e del suo caldo sangue.

Come una sequoia
millenaria che guarda
gli uomini come
fossero formiche
e rimpiange
un passato antico
in cui essi le cantavano
la sua grandezza e
la sua gloria.

Come il primo
respiro di un neonato
che non capisce
cosa sia il dolore
e rabbioso urla
il tempo in cui
era perso nel suo
sogno amniotico.

Come il repentino
raggrumarsi delle nubi,
e i lampi come graffi
improvvisi della tela
e quella maledetta
attesa
in sospensione
e poi finalmente
il nubifragio.

Come un uomo solo
in una stanza
mal illuminata,
gli artigli fra i capelli
che tenta di arginare
un  vuoto
che non ha provenienza.
E prega che la notte
cali il suo mantello oscuro,
la sua unica amica
e gli doni, infine,
l’agognato oblio.

Lindze

365 giorni, Libroarbitrio

“Non parlate mai con gli sconosciuti” Goethe & Bulgakov conversano nella mente mia mente

Arthur_Rackham_Little_Red_Riding_Hood

….dunque chi sei?
Sono una parte di quella forza che
eternamente vuole il male
ed eternamente opera il bene.

Il poeta si passò una mano sul viso
come se si fosse appena svegliato
e vide che ai Patriarsie si era fatta sera.
Si vedeva distintamente in cielo la luna piena,
non ancora dorata ma pallida.

…come ho fatto a non notare che è riuscito a mettere assieme un intero racconto?
Ecco, è già sera! E forse non è stato lui a raccontare
ma semplicemente mi sono addormentato
e tutto questo l’ho sognato.

365 giorni, Libroarbitrio

“Ditele l’assenza” Mariasole Ariot

pozzanghera di luce

Ditele la fame, ditele che la bocca è il centro di una testa, ditele che se piange è per pudore, ditele lo sputo, ditele che il cielo senza occhi non ha ragione, ditele che una parola è matura quando è grave, ditele che grido, ditele che hanno forato il cranio con un punteruolo, ditele che passano le voci, ditele che non passa, ditele che i bambini hanno lo sguardo torvo, ditele che non guardo, ditele che le maglie della terra sono strette, ditele che non usciamo, ditele che usciremo, ditele che l’uomo ha una gabbia sulla testa, ditele della cornea, datele una retina, ditele il sangue sui tappeti, ditele che non avrò figli, ditele che ha innaffiato fiori finti, ditele che non fingo, ditele che i pianeti quando non cadono è perché cedono, ditele che nel pozzo non cadano bambini, ditele di non cadere, ditele che il radicale è un frutto senza seme, ditele dei confini mancati, ditele che se non sono – Sono l’altro, ditele della rincorsa dei coltelli, ditele della camera nera, ditele che un luogo non fa territorio, ditele che i territori sono reti, ditele della ragnatela, ditele che il mio scheletro ha la forma di una mosca, ditele dei ragni. Ditele che non ho pertugi, ditele che il consiglio è : evaporare, ditele che un foro non è un passaggio, ditele che non passa, ditele che hanno cartografato il vuoto, ditele che la fedeltà non si misura in giuramenti, ditele che sono infedele, ditele che la parola è un segno, ditele che ci parliamo, ditele che vedo, ditele che l’uomo ha creato bocche ovunque, ditele che sono una buca, ditele che non ho un fondo, ditele dell’universo osservabile, ditele che se ho taciuto è per gravità, ditele che non ho mai taciuto, ditele che il principio di reazione ha fallito, ditele che è falso, ditele che ho fame, ditele che è freddo, ditele che piange, ditele che un uomo è un bambino in verticale, ditele che cado, non ditele niente, ditele della sbarra piantata sulla schiena, ditele che la verità è una menzogna, ditele che mento.

365 giorni, Libroarbitrio

“Traum der Liebenden – Sogno d’amore” Marc Chagall

Chagall, Traum der Liebenden (sogno d'amore)

Or che le stelle affogano
in un mare di nebbia scintillante,
e dalla chiusa tenebra
sgorga la luna colma e allucinante,
disserra le tue magiche
porte, o città del sogno e dell’oblio

Giovanni Alfredo Cesareo

365 giorni, Libroarbitrio

“Il seme del piangere” Giorgio Caproni

again my love

perch’io,
che nella notte abito solo
anch’io, di notte,
strusciando un cerino
sul muro,
accendo cauto una candela
e riscrivo in silenzio e a lungo il pianto
bianca nella mia mente –apro una vela
timida nella tenebra, e il pennino
che mi bagna
la mente
strusciando che mi scricchiola,
anch’io scrivo.

365 giorni, Libroarbitrio

“Mi lasciai andare” Costantino Kavafis

Pin

Non mi contenni.
Quando labbra e pelle rammentano,
e alle mani pare di nuovo di toccare.
Mi lasciai andare fino in fondo.
Ai godimenti, per metà reali
e per metà erranti dentro il mio cervello,
mi lasciai andare nella notte chiara.
E per metà reali e per metà erranti dentro il mio cervello.
E bevvi vini forti,
di quelli che bevono i campioni del piacere.
E bevvi vini forti,
e mi lasciai andare,
per metà reale e per metà errante.

tratto da “75 Poesie inedite”,
1891, Alessandria d’Egitto

365 giorni, Libroarbitrio

“Se una notte d’inverno un viaggiatore” Italo Calvino

Philippe Charles Jacquet

Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo più forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace.

…Questo intendo quando dico che vorrei risalire il corso del tempo: vorrei cancellare le conseguenze di certi avvenimenti e restaurare una condizione iniziale. Ma ogni momento della mia vita porta con sé un’accumulazione di fatti nuovi e ognuno di questi fatti nuovi porta con sé le sue conseguenze, cosicché più cerco di tornare al momento zero da cui sono partito più me ne allontano: pur essendo tutti i miei atti intesi a cancellare conseguenze d’atti precedenti e riuscendo anche a ottenere risultati apprezzabili in questa cancellazione, devo però tener conto che ogni mia mossa per cancellare avvenimenti precedenti provoca una pioggia di nuovi avvenimenti che complicano la situazione peggio di prima e che dovrò cercare di cancellare a loro volta.