365 giorni, Libroarbitrio

Fernando Pessoa: un sognatore – Di fiori di pesco e pagine scritte – Martina Benigni

Ricordo bene il giorno in cui comprai “Il libro dell’inquietudine” di Fernando Pessoa (1888-1935). Era una mattina di maggio, il sole brillava di speranza e l’aria, timidamente, si faceva più calda carezzandomi il volto: era la prima volta che dopo i mesi di lockdown mi recavo in una libreria e fremevo di una contentezza tutta nuova, di una gioia primordiale.
Sugli scaffali, ordinati, giacevano i libri che da tempo aspettavano di essere toccati, annusati, sfogliati, e, forse, persino comprati da qualche nuovo, affamato lettore. Non cercavo nulla in particolare, volevo solo provare quella sensazione di pace che solo vagare fra i libri, in silenzio, sa regalarmi. Improvvisamente, una copertina verde, sbavata di mare, catturò la mia attenzione: “Il libro dell’inquietudine”. Pensai che, forse, dopo quello che avevamo appena passato non sarebbe stata la lettura migliore ma, testarda, non mi fermai al titolo. Pagai e me ne tornai a casa col mio nuovo compagno.

Bernardo Soares- eteronimo di Fernando Pessoa- è il narratore di questo testo che, come confessa lo stesso autore, è fatto solo di “frammenti, tutto frammenti”, ben 450, che più o meno sconnessi danno vita a quella che è una “biografia senza fatti”. Le vicende del nostro Bernardo, infatti, avvengono perlopiù nella sua mente e chiamarle “vicende”, in realtà, è quasi improprio poiché quei frammenti di vita che ci troviamo davanti narrano piuttosto dei dubbi, delle domande, un infinito chiedersi, stupirsi, indagarsi, conoscersi e cercare di conoscere l’altro. Il mondo di quello che sembra un inetto ci viene presentato attraverso le lenti privilegiate dell’incertezza e della sensibilità che regalano al lettore altissimi momenti di poesia in prosa. I dubbi esistenziali di Soares si sciolgono nel sentimento quasi inspiegabile che è la saudade: una sorta di nostalgia, ma più profonda, un sentimento che fa riferimento al passato, dal gusto dolce, triste e felice al tempo stesso, come un mio amico ha cercato di spiegarmi. Un sentimento tutto portoghese, ma che come ogni altro aspetto universalmente umano, seppur dandogli un nome diverso, abbiamo provato tutti noi almeno una volta nella vita.
            I pensieri di Bernardo Soares cavalcano, velocissimi, i fili intessuti dalle sue continue domande sulla vita e sull’essere, sul senso, se c’è, di tutto ciò che ci circonda. La sua ricerca parte dall’avvilente Rua dos Douradores di Lisbona, e arriva a toccare “i geroglifici infranti delle stelle” in cui i sogni si muovono e a solcare i mari in cui “tutto è il mare di tutto nella notte in cui viviamo”.
Una tematica a me particolarmente cara ed estremamente viva nei “frammenti” è quella della sensibilità che non è sinonimo di debolezza bensì senso stesso del nostro Essere Esseri Umani. Per questo, vi riporto le meravigliose parole di Pessoa a riguardo, tratte da questo che è un libro, secondo me, indispensabile per comprendere il nostro essere “perpetuo srotolamento di immagini”:

“Quanto più è alta la sensibilità, e più sottile la capacità di sentire, tanto più assurdamente essa vibra e freme per le piccole cose. È necessaria una prodigiosa intelligenza per provare angustia per una giornata buia…”

articolo di Martina Benigni

365 giorni, Libroarbitrio

Wordsworth “il poeta è un uomo che parla agli uomini”

Roma 19 luglio 2013

Wordsworth, attraverso la definizione del poeta, definisce anche la poesia: ” Il poeta è un uomo che parla agli  uomini, sia pure dotato di sensibilità più viva, di maggiore entusiasmo e tenerezza, di una più profonda conoscenza della natura umana e di un animo più vasto di quanto si ritenga comune  all’umanità; un uomo che vagheggia le proprie passioni  e la propria volontà e che più di ogni altro gioisce dello spirito vitale che è in lui; un uomo che ama completare la volontà e le passioni che si manifestano nelle vicende universali a somiglianza delle proprie, e che si sente spinto a crearle dove non riesca a trovarle”.
Tratto da Storia della letteratura inglese, David Daiches, Garzanti Editore 1983

Wordswort nasce a Cockermouth, nel Lake District nel 1770.

Venticinque anni dopo risale l’inizio del suo fruttuoso rapporto con S.T.Coleridge, che determinò la creazione delle Ballate liriche.

La grande novità di questi versi fu il profondo rinnovamento del linguaggio e delle tematiche: la funzione della poesia diventò con Wordsworth l’espressione delle emozioni del poeta con il linguaggio reale, colloquiale degli uomini, la scoperta dell’intima spiritualità  e dei significati soprannaturali degli avvenimenti più semplici della quotidianità.

Nel 1805 uscì il poemetto Preludio, ricco di riferimenti autobiografici e in particolare sul suo sodalizio con Coleridge, e nel 1807 Poesie.

Poeta laureato dalla Corona inglese, Wordsworth morì Rydal Mount nel 1850.

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Il Meneghino

Roma 17 aprile 2013

Nato a Milano nel 1630, Carlo Maria Maggi frequenta a Brera la scuola dei gesuiti conseguendo la laurea in lettere.

La sua produzione in lingua dialettale inizia con testi e libretti per musica, e con una raccolta di Rime  in accordo con la nascente poetica arcadica.

Scrive in un secondo momento quattro commedie in milanese e un atto unico, in cui avanza una critica mordace nei confronti della società del suo tempo.

La sua opera assume un carattere rivoluzionario per l’uso dialettale della lingua, utilizzata non per fini caricaturali, ma come strumento “par dì la veritae”, espressione di lealtà e di autentica aderenza alla realtà.

Diviene così commediografo e poeta dialettale caratterizzato dalla creazione di una maschera, il Meneghino, il servo diventato simbolo della città di Milano, che presto diviene anche il simbolo dell’umile popolano milanese, schietto di natura e onesto, sensibile e generoso.

A domani

LL