Che il pezzo di carbone più grosso si rompe facilmente Se trovi la venatura e martelli con l’angolo giusto.
Il suono di quel colpo rilassato e lusinghiero, La sua cooptata e obliterata eco, Mi hanno insegnato a colpire, insegnato a smettere,
Insegnato tra il martello e il pezzo di carbone A far fronte alla musica. Mi insegni ora ad ascoltare, A dare i colpi giusti dietro il nero lineare.
Se no si scioglie, Il burro si deve tenere via dal sole. E non fare briciole. Non ballare con la sedia. Non prendere. Non puntare il dito. Non far rumore quando giri.
Pensavo di camminare girando e girando uno spazio Assolutamente vuoto, assolutamente una sorgente Dove il castagno adorno aveva perso il suo posto
Schegge bianche saltavano e saltavano e schizzavano alte. Sentivo il taglio accurato e differenziato Dell’accetta, lo schianto, il sospiro
E il crollo di quello che era stato lussureggiante Attraverso i percossi resti e frantumi di tutto quanto. Piantato a fondo e da molto andato, mio coetaneo Castagno da un vasetto di marmellata in un buco, La sua massa e quiete diventate un lucente non luogo,
Un’anima ramificante e per sempre Silenziosa, oltre ascoltato silenzio.
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