365 giorni, Libroarbitrio

Dvorak “Romance for piano and violin op.11”

Eva Ionesco

Così,
magia di melodia
e scacciare
via,
via
i mostri un sacchissimo cattivi
e brutti tanto
a me e a Eva.

L.L.

365 giorni, Libroarbitrio

“Il campo di battaglia è il cuore dell’uomo” – L.L.

Annabel Sarow

ecco sì, anche oggi capita che è domenica e magari ci siamo svegliati presto perché, magari, a dormire non ci siamo proprio andati, e magari, la testa pesa e abbiamo fame, ma di niente e siamo nauseati dal tutto, e allora siccome casa nostra è un divano letto che però non apriamo perché quello che apriamo poi tocca richiuderlo, ecco sì, anche oggi capita che è domenica e magari abbiamo buoni propositi di fare tutte quelle cosine carine che mettiamo da parte nei giorni che non si chiamano domenica ma, siccome non siamo andati a dormire, tutto gira e lo stomaco è pieno di nulla, e allora siccome casa nostra è un televisore che però è meglio che teniamo spento perché poi accendendolo toccherebbe cercarci qualcosa dentro da vederci e dentro da vederci non ci troviamo mai nulla, ecco sì, anche oggi capita che è domenica e magari abbiamo propositi spropositati il pc acceso e un libro che attende d’esser letto ma, il sonno, la testa, la fame, la gola arsa, gli occhi socchiusi dalla riverbero della nuvola argento fuori dalla finestra, e allora che fare se non ascoltare l’odore del sughetto della vicina ed immaginarsi tra le mani una fetta biscottata una cucchiaiata di sugo che ci scivola sopra e gnam, e allora che fare, se non ascoltare le campane della chiesa alla fine della strada chiamare messa ed immaginarsi di vestirsi d’abiti croccanti di pulito e candido lino il cappello leggero le scarpe morbide le chiavi in tasca chiudere la porta alle spalle ed andare, e allora che fare se non ascoltare Popolizio leggere e recitare per noi Dostoesvkij ed immaginarsi che il campo di battaglia non è altro che il cuore dell’uomo e che anche oggi è capitato che è domenica…

L.L.

365 giorni, Libroarbitrio

“Se io fossi un angelo” Lucio Dalla

Se io fossi un angelo
chissà cosa farei
alto, biondo, invisibile
che bello che sarei
e che coraggio avrei
sfruttandomi al massimo
è chiaro che volerei
zingaro libero
tutto il mondo girerei
andrei in Afganistan
e più giù in Sudafrica
a parlare con l’America
e se non mi abbattono
anche coi russi parlerei
angelo se io fossi un angelo
con lo sguardo biblico li fisserei
vi do due ore, due ore al massimo
poi sulla testa vi piscerei
sui vostri traffici,
sui vostri dollari,
sulle vostre belle fabbriche
di missili, di missili
se io fossi un angelo,
non starei mai nelle processioni
nelle scatole dei presepi
starei seduto fumando una Marlboro
al dolce fresco delle siepi
sarei un buon angelo, parlerei con Dio
gli ubbidirei amandolo a modo mio
gli parlerei a modo mio e gli direi
“Cosa vuoi da me tu”
“I potenti che mascalzoni e tu cosa fai li perdoni”
ma allora sbagli anche tu
ma poi non parlerei più
un angelo non sarei più un angelo
se con un calcio mi buttano giù
al massimo sarei un diavolo
e francamente questo non mi va
ma poi l’inferno cos’è
a parte il caldo che fa
non è poi diverso da qui
perché io sento che, son sicuro che
io so che gli angeli sono milioni di milioni
e non li vedi nei cieli ma tra gli uomini
sono i più poveri e i più soli
quelli presi tra le reti
e se tra gli uomini nascesse ancora Dio
gli ubbidirei amandolo a modo mio
a modo mio…

365 giorni, Libroarbitrio

“Kant”

20101110_russi

Il bosco smeraldo un sortilegio quando il vento
shhhh
fate piano foglioline
o poveri i rami si spezzeranno per il vostro troppo ciondolare,
non sono mica burattini di pezza e legno,
e filo di spago nei vostri sottili piccioli!
Il mare argenteo un sortilegio quando il vento
shhhh
fate piano onde
o povere le acque si dissiperanno dal vostro troppo giogo di cavalcare ,
non sono mica fonti per abbeverarsi
e bocche di spuma nella vostra impercettibile perturbazione!
E voi tutti quale prodigio quando
shhhh
la materia è assente
l’equazione è cielo spazio tempo
il fenomeno la vibrazione
e di nulla si teme in bilico
perché sull’alluce sei equilibrio!

L.L.

“Secondo Kant, gli uomini non possono conoscere la realtà in sé, ma possono soltanto avere l’esperienza possibile di essa. I fenomeni costituiscono il mondo così come appare ai nostri sensi, e non come esso è. Questa concezione del fenomeno ha molto influenzato il modello psicodinamico della psicologia, e le teorie che studiano le interazioni tra mente, cervello e mondo esterno.”

365 giorni, Libroarbitrio

Boris Pasternak “Che belle quelle uscite nel silenzio!”

Roma 17 febbraio 2014

Swan in the Reeds Caspar David Friedrich

Che belle quelle uscite nel silenzio!
La steppa sterminata come il mare,
erbe che sospirano, fruscii di formiche
pianto ondeggiante di zanzare.

Cumuli di nuvole si sono allineati
e dileguano, come un vulcano sul vulcano.
Tace la steppa sterminata e fradicia,
ondeggia, trascina, sospinge.

La nebbia come mare ci sommerge,
le lappole s’attaccano alle frange.
Bellissimo vagare nelle steppa come sulla spiaggia.
Ondeggia, trascina, sospinge.

A domani
Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

Josif Brodsky “Procida”

Roma 10 gennaio 2014

Josif Brodsky

Baia sperduta; non più di venti barche a vela.
Reti, parenti dei lenzuoli, stese ad asciugare.
Tramonto. I vecchi guardano la partita al bar.
La cala azzurra prova a farsi  turchina.

Un gabbiano artiglia l’orizzonte prima
che si rapprenda. Dopo le otto è deserto
il lungomare. Il blu irrompe nel confine
oltre il quale prende fuoco la stella.

“Avrei voluto coincidere con il tempo, spingervi sopra il corpo un carro armato di parole e, più tardi nella vita, desiderai che la musica delle mie parole fosse tale da attrarvi come un magnete verso uno spalancamento, poiché i versi non sono che il mezzo di trasporto della poesia verso un’ampiezza di sguardo che ci fa uguali – e non solo uguali fra simili!: mostrai sempre uno spiccio fastidio per il patetismo umano e una religiosa ammirazione  per la impassibilità dell’oggetto. Una religiosità primaria, quasi compianto e desiderio in prossimità della morte, perché la perdita è il principio di eguaglianza tra Dio e i mortali”.

A domani
Lié Larousse

 

365 giorni, Libroarbitrio

Vladislav Chodasevic “Sotterranea”

Roma 16 dicembre 2013

Vladislav Chodasevic

Dove c’è lezzo di acido fenico
e terra marcia,
in piedi, l’aguzzo profilo poggiato
al muro di maiolica.

Fermo, senza voltarsi,
oscilla appena nella persona,
e quasi convulso trema
il gomito consunto del pastrano.

Arrivano scolari, soldati,
un operaio in tuta,
resta immoto pigiato al muro
della sua solitaria fantasia.

Qui crea e distrugge
mondi voluttuosi,
mentre da una tana vicina
una vecchia lo spia.

E dalla porta spalancata
s’intravedono sedie, cuscini, bottiglie.
E’ rientrata – ora giungono
schegge di un aspro litigio.
Poi una fetida scopa
scaccia dall’angolo il folle.
Ed ecco dalla penombra  profonda
un vecchio alto e incurvato
nel pastrano dignitoso,
una bombetta un tempo alla moda,
sale per l’ampia scala
come un’ombra dell’Ade, in pieno giorno,
un giorno berlinese, in un fulgente delirio.
E il sole  è chiaro, il cielo turchino,
in alto un’azzurra vuotezza.
E la rabbia, il dolore fermenta,
batte la mia canna incessante
un granito estraneo.

 

Il destino di Chodasevic è comune a molti altri scrittori e artisti russi  della generazione del primo Novecento, ha in serbo soltanto povertà, dolore, senso di inappartenenza, nostalgia struggente per la patria e la lingua.
Nella squallida dimora che la fedeltà a se stesso gli ha regalato, trascorre molto tempo a letto poiché non possiede un paio di pantaloni decenti; la notte piange sovente, si torce le mani in un grido muto; talvolta minaccia di suicidarsi.
Nel corso degli anni Venti, Chodasevic cessa di scrivere versi, ma si dedica con intensità alla saggistica.
Il frutto più affascinante di questa estrema stagione è Necropoli, testimonianza preziosa di un’epoca irripetibile della letteratura e della società russa, fissata da uno sguardo di implacabile lucidità un attimo prima della fine.

A domani

Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

Fedor Dovstoevskij l’ultimo grande scrittore realista dell’Ottocento

Roma 26 agosto 2013

Fedor Dovstoevkij scrittore

Nato  a Mosca  nel 1821, figlio di un medico, Fedor Dovstoevskij  crebbe in una famiglia di idee chiuse e autoritarie.

Iscritto alla scuola del Genio militare di Pietroburgo, si diplomò nel 1843 ma rinunciò alla carriera militare per dedicarsi alla scrittura.

Nel 1846 pubblicò il primo romanzo, Povera gente, che ebbe un buon successo di pubblico.

Nel 1849 la sua carriera fu momentaneamente troncata dalla vicenda che condizionò tutta la sua vita successiva: l’arresto e la condanna a morte da parte del regime zarista per aver aderito a un circolo di intellettuali socialisti.

Il giorno stesso dell’esecuzione fu graziato dallo zar  e la condanna fu tramutata in quattro anni di lavori forzati in Siberia e quattro anni di servizio militare  successivo.

Scontata la pena e convertitosi a idee meno progressiste in politica, si accostò con grande slancio alla dottrina cristiano-ortodossa in campo religioso.

Le ristrettezze economiche e il cattivo stato di salute , segnato da continui attacchi epilettici, resero gli anni seguenti della sua vita molto duri.

Nel 1857 si sposò con una giovane vedova (che morì sette anni dopo)  e riprese la sua attività di scrittore.

Fu narratore molto prolifico e scrisse numerosi romanzi, tutti di grande successo, uno dei quali in particolare, Delitto e castigo 1886, lo fece conoscere al pubblico di tutta Europa.

Queste opere, tuttavia, non gli procurarono l’agiatezza economica.

Dovstoevskij, dopo essersi sposato in seconde nozze con la sua segretaria, a causa di  dissesti economici dovuti anche alla sua passione per il gioco d’azzardo, fu addirittura costretto  a fuggire dai suoi creditori, viaggiando per cinque anni in Germania, Francia, Svizzera e Italia.

In questo periodo scrisse L’idiota 1868-1869.

Tornato in Russia  nel 1783, proseguì l’attività di romanziere, pubblicando I demoni  e altri lavori di grande impegno e successo.

L’ultimo grande romanzo fu I fratelli Karamazow  1879-80, terminato  un anno prima della morte , avvenuta improvvisamente a Pietroburgo nel 1881.

Dovstoevskij è considerato l’ultimo grande  scrittore realista  dell’Ottocento  e insieme il precursore del romanzo del Novecento.

La sua scrittura infatti , riprende i temi della narrativa realistica  e del romanzo popolare , ma introduce un importante elemento di analisi e di intuizione psicologica dei personaggi, di seguito le opere principali:

Il sosia 1846

Le notti bianche 1848

Umiliati e offesi 1862

Memorie dal sottosuolo 1865

Il giocatore 1867

L’adolescente 1875

A domani

LL

 

365 giorni, Libroarbitrio

Un eroe del nostro tempo : Michail Lermontov

Roma 29 luglio 2013

Sulla strada esco solo.

Nella nebbia è chiaro il cammino sassoso.

Calma è la notte.

Il deserto volge l’orecchio a Dio

e le stelle parlano tra loro.

Meraviglioso e solenne il cielo!

Dorme la terra in un azzurro nembo.

Cosa dunque mi turba e mi fa male?

Che cosa aspetto, che cosa rimpiango?

Nulla più aspetto dalla vita

e nulla rimpiango del passato,

cerco solo libertà e pace!

Vorrei abbandonarmi, addormentarmi!

Ma non nel freddo sonno della tomba.

Addormentarmi, con il cuore

placato e il respiro sollevato.

E poi notte e dì sentire

la dolce voce dell’amore

cantare  carezzevole al mio orecchio

e sopra di me vedere sempre verde

una bruna quercia piegarsi e stormire.

“L’Eroe del nostro tempo, egregi signori miei, è certamente un ritratto, ma non di una persona sola: è un ritratto composto dai vizi di tutta la nostra generazione nel loro pieno sviluppo. Voi  di nuovo mi direte che l’uomo non può essere così ignobile…perché questo carattere, sia pure come invenzione, non ottiene mercé presso  di voi? Non sarà forse perché in esso c’è più verità di quanto non vorreste? Obietterete  che la verità non ha nulla da guadagnarci. Scusate! Gli uomini si sono nutriti  abbastanza di dolciumi che hanno loro guastato lo stomaco: occorrono medicine amare, verità scottanti. Non pensate tuttavia, in base a ciò, che l’autore di questo libri abbia mai cullato il sogno superbo  di farsi emendatore dei vizi degli uomini. Dio lo preservi da simile rozzezza! Semplicemente si è divertito a disegnare l’uomo contemporaneo quale lo concepisce e quale per sua e vostra  disgrazia troppo spesso lo ha incontrato.”

Michail Lermontov, Un eroe del nostro tempo, Garzanti 1997

Quando nel 1837 Aleksandr Puskin fu ucciso in duello dal figlio dell’ambasciatore d’Olanda, Lermontov scrisse furenti versi di protesta contro la società zarista, che aveva permesso la morte del più grande poeta nazionale.

Ciò gli valse l’esilio nel Caucaso, durato non molto grazie all’intercessione di alcuni potenti famigliari.

Rientrato a Pietroburgo non rimase molto per un contrasto sorto con l’ambasciatore francese e fu così rimandato nel Caucaso, dove morì in duello, correva l’anno 1841.

A domani

LL