365 giorni, Libroarbitrio

Jerome David Salinger “Il giovane Holden” (parte seconda)

Roma 10 novembre 2013

Salinger

Il rifiuto del conformismo e dell’ipocrisia della società

Holden Caulfield è uno studente diciassettenne, proveniente da una agiata famiglia di New York.
Il giovane, duramente provato anche dall’esperienza traumatica della morte del fratello maggiore Allie, il cui ricordo non lo abbandona mai, si rifiuta – per così dire – di crescere, di adeguarsi alle norme di un mondo che gli appare stupido, ipocrita, privo di significato e di autentici valori. Espulso dal college di Percy per scarso rendimento scolastico, Holden, sulla via del rientro a New York, cerca esperienze nuove, che gli indichino che la vita borghese degli adulti ha un qualche senso, ma tutto lo delude, nessuno è in grado di capirlo.
Giunto a New York, decide di non vedere i genitori prima che essi abbiano ricevuto dal college la lettera di espulsione. Entra perciò in casa di nascosto, per incontrarsi con la sorellina Phoebe, l’unica persona con cui abbia un reale rapporto affettivo, forse perché nella sua ingenuità la bambina è ancora lontana dall’ipocrita mondo degli adulti.
Dopo una nuova delusione, l’incontro con il professor Antolini, un suo vecchio insegnante, che Holden teme voglia sedurlo, il giovane pensa di voler fuggire da New York, di non tornare mai a casa, ma un nuovo tenero incontro con Phoebe lo dissuade.
Holden ritorna così dai genitori.
Il romanzo si chiude con le considerazioni del giovane, in ospedale, affidato alle cure di uno psicoanalista:

” Un sacco di gente, soprattutto questo psicanalista che c’è qui, continuano a chiedermi se quando tornerò a scuola a settembre mi metterò a studiare. E’ una domanda così stupida, secondo me. Voglio dire, come fate a sapere quello che farete, finché non lo fate? La risposta è che non lo sapete. Credo di sì, ma come faccio a saperlo? Giuro che è una domanda stupida.” 

A domani

Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

Lettere e Teatro

Roma 22 marzo 2013

Uno dei maggiori autori drammatici del Seicento e insieme il più grande scrittore ha trovato se stesso attraverso una ricerca sempre più attenta di quelle strutture che potevano unire insieme le forme teatrali e la consapevole forza della parola. Egli fu  uomo di lettere, dirigendosi dalla letteratura verso il teatro.

Federico della Valle, nato attorno al 1560 ad Asti o nel territorio di Asti, visse alla corte di Torino come amministratore della cavalleria della duchessa Caterina, moglie del duca Carlo Emanuele I. Morta nel 1597 la sua protettrice, al seguito degli spagnoli che erano attorno a lei passò a Milano, dove rimase fino alla morte, nel 1623. Ci ha lasciato opere encomiastiche di carattere cortigiano, qualche sonetto e madrigale., nonché un saluto a quel cardinale Alberto d’Austria che diventerà poi governatore dei Paesi Bassi e restauratore del cattolicesimo in quel paese.

Riflettere sulla corte vuol dire, per lui, riflettere sul destino degli uomini.

A domani

LL