365 giorni, Libroarbitrio

Giorni rubati – poesia di Claudia Massotti

Sogno di una notte di mezza estate
e di campi di grano seccati dal sole di luglio
granelli di polvere che si alzano tremanti dalle suole delle tue scarpe.

Sogno di una risata
che echeggia nell’eco dei prati, 
e le rughe sul tuo volto distendersi un po’. 

Sogno di una bicicletta
che non ho mai imparato a usare, 
di gambe che han ritrovato i propri passi,
e le ruote di una valigia che sento ancora scivolare sul pavimento di casa.

Sognerei la gioia,
se solo potessi,
e l’orgoglio sgorgare dai tuoi occhi
come fiumi in piena che inondano le sponde e strabordano.

Sognerei il tuo lascito scorrermi nel sangue
come i ricordi che mi infestano i sogni e premono tra i nervi,
a ritmo di battiti distendendosi nelle mie pupille.

Sognerei le urla e le parole sussurrate davanti ad un bicchiere,
quando prima che la notte incomba rimaniamo solo io e te
a risolvere ciò che io non so spiegarmi e non so spiegare.  

Sognerei una falcata lenta,
braccio a braccio,
lunga quanto una navata che si distende davanti a noi. 

Sogno ancora la tua mano che mi abbandona,
quella non ho mai smesso di sognarla.
E i tuoi occhi che lentamente cambiano colore,
e non mi guardano più come prima.

Sogno ancora quel vuoto assordante che rimbomba per casa
e che temo un giorno possa rompermi i timpani
e distruggermi la memoria. 

Mi chiedo se un giorno smetterò di sognarti,
di lasciarti prendere spazio accanto alla bambina che sono
e cullarmi nella notte.

Mi chiedo se un giorno smetterò di sognarti,
ma so che tanto non smetterò mai. 

Claudia Massotti

365 giorni, Libroarbitrio

TI VENGO A TROVARE – Gianluca Pavia

Gianluca Pavia - Ti vengo a trovare

Ogni tanto ti vengo a trovare,
seduto comodo in spiaggia
tu da qualche parte in mare,
parliamo per delle ore,
e a volte manchi così forte
che potrei quasi abbracciarti
ma appena ti sfioro
sparisci come un sogno,
o un ricordo.
Nella testa una gif in loop,
il tuo sorriso
e io che mi ci specchio
bambino,
un’idea da dove vengo
dove voglio arrivare.
Nessun posto in particolare
solo andare, mai fermarsi,
neanche i morti si fermano
soffiati dai venti
navigati dalle correnti.
Chissà, tu, dove sei finita?
Sicilia, Maldive, Cina,
mai troppo lontana.
E so che in qualche modo mi senti
e ridi con me.
L’8, il tuo compleanno
ha scritto una libreria,
una non male,
volevano 10 copie del romanzo,
quello che stavo scrivendo.
Ricordi? Io sì,
l’ho finito 27 giorni prima di

beh, quello non lo scordi.
Ne è passato di tempo
di riscritture
di notti che sembravano l’ultima.
Poi,
c’è sempre ancora un’alba.
E so che in qualche modo mi segui
e fai il tifo per me.
Anche se tendo più per la reincarnazione:
una bimba di quasi 4 anni
capelli a caschetto un sacco di lentiggini
una vita questa volta più facile
questa volta più felice,
e un sorriso infinito sui miei passi
che continuano a camminare.
Che ci posso fare, mi piace
e sulla riva
riusciamo perfino a parlare.

 

365 giorni, Libroarbitrio

L’ironia di Alessandro Manzoni

Roma 22 maggio 2013

Oggi 22 maggio ricorre la sua morte 

A Brusuglio, otto chilometri dal Duomo di Milano, c’è la Villa Manzoni residenza estiva dello scrittore.

Nel parco, una montagnetta con in cima una pergola. E’ terra di riporto da uno scavo ordinato dai Manzoni per deviare il Seveso, che lambisce la proprietà.

“Un rompicapo per i geologi del futuro”, ridacchiava Manzoni, ” che non sapranno che che dire della cosa, nella spianata padana…”.

E qui c’è già tutta la sua ironia. Un sentierino erboso porta alla vetta dell’altura. Oggi s’interpone la coltre dei palazzoni e delle fabbriche. Ma un tempo, guardando a est, si vedeva nel bel cielo di Lombardia il frastaglio del Resegone.

E’ l’amato lecchese, con il Caleotto, la casa della sua infanzia, e il seme del romanzo. Era là, sulla montagnetta, quando il 17 luglio 1821, il postino gli mise in mano la “Gazzetta di Milano” con la notizia della morte di Napoleone.

La culla dell’ “Ei fu”, l’incipit più scolpito.

Alessandro Manzoni nasce  a Milano nel 1785, da Giulia Beccaria, figlia di Cesare. Il legale è il cinquantenne Pietro Manzoni, patrizio lecchese.  Le voci indicano come padre carnale Giovanni Verri, già legato a Giulia prima del suo matrimonio.

Per due anni, Alessandro è a Melgrate, a balia. Nel 1792, i genitori si separano: dal 1795, Giulia convive con il nobiluomo Carlo Imbonati a Parigi, dove frequenta i salotti intellettuali alla moda.

Il ragazzo, formalmente, è affidato al padre, ma passa da un collegio all’altro. Ventenne , compone gli impeccabilisciolti del poemetto In morte di Carlo Imbonati, che già include propositi  fondanti: “Sentire e meditare…”, “Non fare tregua coi vili”, “Il santo Vero mai non tradir”.

Ha rapporti con Vincenzo Monti, conosce Foscolo, a Milano incontra patrioti e intellettuali in esilio. Divora le pagine di Parini e Alfieri. Si forma. Nel 1805, muore l’Imbonati, lasciando a Giulia tutti i beni, compreso Brusuglio.

Alessandro si ricongiunge alla madre, a Parigi, dove sperimenta ambienti culturali fervidi.

Nel 1808, a Milano sposa Enrichetta Blondel, con rito calvinista, secondo la fede di lei. La coppia vive a Parigi fino al 1810, anno del graduale passaggio dei coniugi alla religione cattolica. Ora il trio dimora tra Milano e Brusuglio. Gli anni scorrono tra nascite, e moti premature dei figli, creazione letteraria e l’attività di agricoltore, da Manzoni considerata primaria sotto il profilo economico.

Esperto in botanica, introduce nuove tecniche di coltivazione, pianta l’esotica robinia, ne intreccia due tronchi significando se stesso ed Enrichetta, vinifica dalle sue vigne, prepara estratti e decotti (ancora visibili le piccole bottiglie nella stanza da letto, a Brusuglio), tenta senza successo di coltivare caffè, raccoglie cotone e bachi da seta sui gelsi.

Nel 1833, giorno di Natale, muore Enrichetta, stremata dai parti e dai salassi. E’ sepolta a Bresuglio sotto la grande croce della lapide di famiglia, dove riposa anche Donna Giulia.

Manzoni è schivo, ossessionato da balbuzie, nevrosi che gli causano mancamenti, agorafobia, schizofrenia tra maniaco distacco e precetti di carità che lo spingono alla beneficenza verso i bisognosi: si narra che a Bresuglio regalasse dolciumi ai bambini, ma a distanza, dall’alto dei gradini d’ingresso della villa.

Nel 1589 riceve da Vittorio Emanuele II un vitalizio, che prelude all’elezione a senatore del regno.

Cavour e Garibaldi gli fanno visita.

Accetta la cittadinanza onoraria di Roma, ma nella capitale non porrà mai piede.

Muore il 22 maggio 1873, ucciso da un ematoma alla testa, dopo una caduta sui gradini della chiesa di San Fedele.

Verdi compone per lui la Messa da Requiem, eseguita nella chiesa milanese di San Marco e alla Scala.

A domani

LL

 

Spunto di lettura:
Testo di Ezio Savino
Poesia e vite di poeti
Editore Fondazione Poesia Onlus