365 giorni, Libroarbitrio

Buon Primo Giorno del Nuovo Anno – PROFEZIA

.Ingresso al Monte. Fotografia di Lié Larousse

Carissimi Lettori Buon Anno!
Nell’augurarvi di riscoprirvi ogni giorno vivi e grati, condividerò con voi da oggi gli studi che sto facendo per la stesura del mio terzo romanzo.
Il tema principale è il Sogno, ma per arrivare a lui dobbiamo partire da molto molto lontano, perchè è vero che nell’ultimo secolo e mezzo abbiamo fatto passi d gigante con la sua ricerca, eppure io sento che dobbiamo fare un salto temporale che è un vero e proprio salto nel buio, un viaggio nel tempo ed iniziare parlando di PROFEZIA.

“Sei stata destinata alla preveggenza, principessa Cassandra, hai davanti a te una vita di solitudine ed incomprensione. Sarai sola quando riceverai i presagi, sarai sola quando racconterai ciò che hai sentito, quando riferirai ciò che le bestie ti diranno, quando verrai additata come portatrice di sventura. In realtà, principessa, chi ti allontanerà perché avrà paura dei tuoi vaticini sarà più solo di te, perché saprà che la verità risiede nelle tue parole, ma non avrà abbastanza coraggio per accettarla. Sarai sola quando dovrai invocare gli dèi, sarai sola quando persino chi ti ama non ti comprenderà”

(Estratto da CASSANDRA di Cinzia Giorgio
Newton Compton Editori
)

.Carrareccia. Fotografia di Lié Larousse

Avete mai sentito parlare di sogni premonitori?

Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

A che serve la letteratura? – Di fiori di pesco e pagine scritte di Martina Benigni

 “La letteratura ha ridestato in me quelle idee che bisognerebbe avere nei riguardi di ogni cosa e di cui prima non mi ero resa conto. In queste idee, che sono tutt’altro che scientifiche e perfette, si trovano tuttavia i motivi reconditi che mi hanno spinto a lottare fino a battere la testa e a farla sanguinare. Ma non me ne pento. Quando si è innamorati di qualcosa o di qualcuno non si è mai oggettivi o razionali.”

(Zhang Jie, “Uno studio sulla perseveranza” (1981), trad. M.E. Testa)

Zhang Jie (1937) è una delle autrici più importanti della letteratura cinese del ‘900. Dopo gli anni terribili della Grande Rivoluzione Culturale (1966-1976, secondo gli storici cinesi) riesce a dare voce alla sua penna, elegante e dura al tempo stesso, e a parlare dei temi a lei più cari quali l’amore con la “a” maiuscola, la condizione femminile e, più in generale, le vicissitudini umane: storie comuni di gente comune con tutto quello che ne consegue. 

Queste poche, profonde, righe riprese da un suo saggio mi riecheggiano nella mente da ormai qualche mese. Più volte, infatti, mi sono interrogata sul ruolo della letteratura, o meglio, sul ruolo che quest’antica forma d’arte e di Essere ha oggi per le persone. La risposta non è mai la stessa e non è nemmeno definitiva, per fortuna, ma più volte mi è sembrato di trovarmi a fronteggiare un muro di indifferenza e scetticismo nei confronti di questa tematica, eretto da tutte quelle persone alle quali ho sentito dire: “Sì, bella la letteratura, ma poi che ci fai?”. Tutto si riduce, insomma, ad una mera soddisfazione dei bisogni materiali: le cose devono servirti e tutto ciò che non serve è inutile, lo dice la parola stessa…Eppure non mi convince, non ci sto. Ho sempre avuto la sensazione che perseguire l’utile, in fondo, fosse una grande fregatura, anzi, un vero e proprio pericolo per la propria identità. Se non vi fidate di me, fidatevi di Zhuangzi, filosofo cinese vissuto, forse, tra il IV e il III secolo a.e.c. che diceva:


“Solo coloro che conoscono il valore dell’inutile possono parlare di ciò che è utile. La terra che calpestiamo è immensa, ma questa immensità non ha valore pratico: l’unica cosa che serve per spostarci è lo spazio ricoperto dalla pianta dei nostri piedi. Supponiamo che uno perfori la terra su cui camminiamo, scavando una fossa così profonda da arrivare giù fino alla Fonte Gialla: avrebbero una qualche utilità i due pezzi di terreno su cui poggiano i nostri piedi?”. Hui-Tzu rispose: “Effettivamente, sarebbero inutili”. E il maestro concluse: “Dunque, è evidente l’utilità dell’inutilità”.

(Chuang-Tzu, brani scelti da Ottavio Paz, Oscar Mondadori)

Per ognuno di noi la letteratura ha un valore diverso, ognuno di noi crea delle immagini proprie ed uniche a partire dalle parole scritte da qualcun altro e la cosa meravigliosa è che l’opera vive sempre di vita propria a prescindere dalla mano che le ha dato vita, essa diventa di tutti, diversa ad ogni lettura, mai identica, sempre in trasformazione come l’identità di chi legge. E questo lo sapeva bene William Shakespeare (1564-1616) che era consapevole di come i suoi versi sarebbero vissuti in eterno superando ogni barriera, ogni confine, eternando la sua amata e la scrittura stessa, come leggiamo negli ultimi versi del celeberrimo sonetto n. 18: “finché ci sarà un respiro od occhi per vedere/ questi versi avranno luce e ti daranno vita.”

Nel caso di Zhang Jie, la letteratura le ha permesso di restare umana come afferma lucidamente lei stessa, ha fatto sì che lei potesse rimanere “un essere umano vivo”, perché c’è differenza fra Vivere e sopravvivere, fra passare le giornate e viverle intensamente, anche nell’umile poetica-prosaicità di ogni giorno.

Mi sembra che tutto porti ad una parola, cioè Ricerca perché cos’è la letteratura se non ricerca continua? Il vento che gonfia le vele spiegate della “barca della Ricerca” è fatto di tante cose secondo me, e fra di esse c’è di certo la letteratura in tutte le sue declinazioni e sfumature con la sua natura fondamentalmente democratica. Essa rappresenta una Ricerca personale e sociale al tempo stesso, di rapporto, partendo dal singolo fino ad abbracciare il mondo intero di cui tutti e tutte siamo parte integrante, pensante, “leggente” e “scrivente”, e non solo numeri o ombre di passaggio, come ci vogliono far credere.

Ci sarebbe tantissimo altro da dire proprio perché la letteratura è in grado di abbracciare la “molteplicità” nella sua forma più varia e completa ed io, forse, non ho ancora le parole per dire di più, forse domani ne troverò di migliori, forse mai, forse qualcuno le ha già trovate per e le ha scritte su un foglio sgualcito, infilato in una bottiglia che ora galleggia chissà in quali mari.

Charles Baudelaire (1821-1867) scriveva Enivrez-vous, cioè “Ubriacatevi”, scegliete voi di cosa, io mi faccio un altro sorso di letteratura.

Articolo di Martina Benigni

365 giorni, Libroarbitrio

AUTOANALISI PER NON PAZIENTI

Lié Larousse 2

Che alle “cose troppo quiete” si tolga la maschera: celano perversioni e bugie.

Che l’insensata voglia di non essere mai turbati sia motivo di ravvedimento, per chi è ancora in tempo.

Che la massima antica riscatti chi ama ciò che è in continuo moto.

Che si sappiano sani, non pazienti possibili o già ritenuti tali, gli scontenti non per capriccio o insaziabile voglia di serenità.

Che costoro possano scoprire quanta amicizia sodale il severo esercizio autoanalitico, così tacciato di egolatria, può donare a chi lo coltivi insieme ad altri.

Che i racconti interiori interpretino, giorno per giorno, una condizione umana, un destino da accettare ed esprimere.

Che lo scrivere non plachi mai un’onesta passione di esistere senza ritegno, nelle sublimi solitudini di chi ne cerca la voce.

 

Estratto dallo studio che sto facendo sulla psicoanalisi con Duccio Demetrio.
Io ritratta dal fotografo Davide Petronzio

365 giorni, Libroarbitrio

“Lei ” Carlo Galli

Roberto-Ferri-Naiade-Mi son sempre chiesto cosa significhi ANIMA.
Anche io ne ho una? Come posso fare per vederla o percepirla?
Pinocchio aveva il grillo parlante, una estensione visibile e palpabile della sua coscienza,
una presenza tangibile e non eterea.
Ma allora, anima o coscienza?
Nelle notti insonni, regnate dal completo SILENZIO, cerco spesso di ascoltare chissà che cosa,
una voce, una sensazione, qualcosa… vedere in tutta quella oscurità una LUCE che mi mostri chi sono,
da dove vengo ma, soprattutto dove sto andando.
Non ho mai scorto nulla.
Nulla fino a che ho incontrato lei.
Dentro i nostri corpi, avvinghiati da un’INTESA ancestrale, c’è sempre stato qualcosa “in più”,
che superava la semplice carne, il semplice respiro.
Tutto è diventato superfluo dopo aver incontrato il suo SGUARDO.
Chi sono? Dove vado? Cosa faccio? Anima o coscienza?
Domande sempre più lontane e delle quali non mi importa più così tanto avere una risposta,
perché io, ora ho già tutto:
Lei.
La mia anima?
Lei.
La mia coscienza?
Lei.
La mia direzione?
Lei.
La più bella e semplice distrazione da me stesso e dalle mie domande senza risposta.
Lei.

tratto dal web, sito di: https://marcellomeo.wordpress.com

365 giorni, Libroarbitrio

“come Florio e Biancofiore” Comtessa de Dia

un treno un abbraccio

Vorrei tenere il mio cavaliere
nudo, per una notte intera, tra le mie braccia.
Vorrei di gioia tutto inondarlo
ed essere col mio corpo il suo cuscino
ché affascinata ne sono più di quanto
non fu di Florio Biancofiore…

365 giorni, Libroarbitrio

“Lady Lazarus” Sylvia Plath

Fanciulla sulla roccia a Sorrento - Filippo Palizzi

Seduta su uno scoglio in Cornovaglia
dovrei pettinarmi le chiome.
Vestirmi da tigre.
Avere una relazione.
Dovremmo incontrarci nell’aria.

tratto da Attraversando l’acqua

365 giorni, Libroarbitrio

Angelo Poliziano “Artista”

Roma 20 marzo 2014

Lady Godiva John William Waterhouse

L’ho trovata, trovata!
Lei che volevo, che da sempre cercavo
in ricerca d’amore, lei dei miei eterni sogni!
Vergine, bellezza cristallina, compostezza
che non è artificio, ma natura immacolata.
Vergine, orgoglio di lingua greca e latina,
fiore delle danze, gemma di canzoni.
La sua armonia sarebbe dura sfida per le Grazie,
che l’attraggono di qua, di là, a contesa.
Già, l’ho trovata. Invano. Una volta l’anno, forse,
sì e no, m’è dato di vederla in fuoco di delirio.

A domani
Lié Larousse

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Tiziano Rossi “Valoroso”

Roma 29 gennaio 2014

Mandrake

Tutto il tempo di un solo fiammifero.

In una casalinga profondità di campo
avanti per quel corridoio che annotava
lui sprovvisto prendeva i suoi strapazzi,
o come un Mandrake mingherlino rispuntava
da non volute peripezie:
anche le medicine, le segregazioni.

Poi gli assonnati caffelatte, l’uscire pulito,
nella scuola l’applicarsi ai riassunti
e la fatica della muta delle età, e ancora
qualche no doloroso per diventare di diamante.

E’ stato il suo modo di diventare valoroso.

Da Pare che il paradiso, Mondadori, 1998

 Come sempre la realtà scavalca la teoria! Non esistono poetiche forti o poetiche deboli…l’importante credo sia che quando si è presa una certa direzione di ricerca la si segua con tenacia. Non amo mai la retorica e quindi far apparire dentro una poesia più teorica ed astratta uno scorcio di realtà, sposta lo sguardo, scuote il lettore e ribadisce che la realtà  è varia, imprevedibile e sorprendente.”

Da Intervista a Tiziano Rossi
di Luigi Cannillo e Gabriella Fantato

A domani
Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

La poesia del ‘900 in Asia con Rabindranath Tagore

Roma 5 settembre 2013

Rabindranath Tagore poeta indiano

La poesia asiatica del Novecento testimonia la complessa e sofferta storia di molti suoi popoli.

Dalle tensioni mediorientali dovute allo scontro arabo-israeliano e alla rivendicazione del popolo palestinese al riconoscimento della propria identità culturale e politica, ai confini nell’area sudorientale quale conseguenza della politica imperialistica americana, alle profonde e spesso dolorose trasformazioni sociali e politiche della Cina, la poesia è ovunque strumento di lotta, documentazione, inno ai diritti universali dell’uomo.

In Giappone i componimenti poetici, a differenza della narrativa, rimangono staccati dagli eventi storici e continuano a essere pura voce dell’anima che medita su se stessa e contempla la natura.

In India il canto del suo più grande poeta, Rabindranath Tagore, rappresenta la continuità di un’antica cultura sulla ricerca di profonde esperienze mistiche.

A domani

LL

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Condillac e “il saggio sull’origine della conoscenza”

Roma 28 maggio 2013

Etienne Bonnot, poi abate di Condillac, fu un rappresentante della cultura illuministica.

A metà del Settecento abbandonò gli interessi teologici per dedicarsi pienamente allo studio della filosofia.

Entra così in contatto con i maggiori esponenti del suo tempo: Diderot, Rousseau, D’Alembert, e nel 1746  scrisse Il saggio sull’origine della conoscenza, la sua opera più importante, in cui enunciò la celebre ipotesi della statua.

I suoi interessi per i fenomeni della sensazione lo portano, assieme a Berkeley e a Diderot, alla partecipazione su discussioni sorte a seguito dei primi interventi chirurgici di cataratta, che riproponevano in modo nuovo gli antichi problemi relativi alla visione.

Nel 1758 lo accusano di eresia e ateismo, per tale avvenimento si vede costretto ad abbandonare Parigi per stabilirsi a Parma. Durante il periodo “italiano”, durato dieci anni, lavora presso Ferdinando di Borbone, esercitando un notevole influsso sugli intellettuali italiani.

Tornato a Parigi, si ritira nella sua dimora, un castello di famiglia sulla Loira.

Questi saranno gli ultimi anni di studio,  approfondirà argomentazioni sulla scienza dell’economia, dell’agricola, della pedagogia e della logica.

A domani

LL