365 giorni, Libroarbitrio

DISCORSO SULLA SERVITU’ VOLONTARIA – Etienne de la Boétie – Prima parte

Opere-di- Rene Magritte

Perché oggi?

Che un testo del Cinquecento ci aiuti a pensare il presente non deve stupire, un classico è tale perché parla travalicando le epoche.
La critica della tirannia formulata mezzo millennio fa si dimostra viatico straordinario per pensare la servitù volontaria nelle odierne democrazie.

Chi ci toglie libertà e potere ha solo due occhi,
due mani, un corpo,

non ha niente di diverso
eccetto il vantaggio che voi gli fornite per distruggervi.
Da dove prenderebbe i tanti occhi con cui vi spia
se voi non glieli forniste?
Come farebbe ad avere tante mani per colpirvi,
se non le prendesse da voi?
Ha forse un potere su di voi che non sia il vostro?

 

Il consenso, perciò: la volontà e la voluttà di servire. La servitù volontaria.
Non indaghiamo in queste pagine il potere a partire dai meccanismi che lo spiegano e giustificano, visto che l’asimmetria di libertà è ingiustificabile e assurda. Ma proveremo a capire e a capirne il mistero a partire dalla <<malattia mortale>> di chi tale asimmetria consente.

I potenti, se non gli si obbedisce affatto, senza combattere, senza colpirli, ecco che restano nudi e sconfitti, non sono più nulla, per cui potete liberarvi senza neanche provare a farlo ma solo provando a volerlo. E allora, cerchiamo per congettura in che modo si sia radicata così profondamente questa testarda volontà di servire.
Non le alabarde, gli squadroni a cavallo, le armi, ma l’abitudine, l’ignoranza, la religione: questi i principali indiziati!

Domani inizieremo il primo capitolo e parleremo
de “la costume” cioè dell’abitudine

 

Lié Larousse

 

Discorso con Lié Larousse

 

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.spiegamelo tu. – Lié Larousse

aykutmaykut art
 
.perché la scrittura m’allontana sempre di più dalle persone
perché chi mi desidera prima mi osanna, poi mi vuole cambiare
perché non riesco più a non farmi del male
perché quello che disprezzo mi piace
perché nonostante tutto mi faccio ancora così schifo
perché la tristezza mi ruba tutta la felicità
perché l’amore l’odio
perché Dio non può essere per davvero mio padre
perché il pensiero che vivrò un altro anno mi uccide
perché voglio gridare aiuto, ma no, no tranquilli, va tutto bene
perché ho questo fischio nelle orecchie, le mani e le gambe tremano, tutto ruota e ho paura, paura Cristo, e vorrei così tanto piangere ma niente,
niente,
questi occhi non vomitano nemmeno una misera lacrima
perché?
allora rido, si che rido AHAHAHAHA
e vaffanculo
vaffanculo tutto, e tutti.
 
Lié Larousse
Miraggi Edizioni Alter Ego Edizioni
#aykutmaykutart
 
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PADRE NOSTRO CHE SEI SEI SEI – GIANLUCA PAVIA

Padre Nostro che sei
non si sa bene dove,
sia rintracciato il tuo numero
che devo dirti un paio di cose.
Ci hai spedito quaggiù
senza libretto d’istruzioni,
rinchiusi nello zoo terrestre
con sbarre di libero arbitrio
e una serratura di coscienza.
Noi siamo andati
e ci siamo riprodotti
ma ancora non ci hai spiegato
come stare insieme,
e allora ci scambiamo zanne e artigli
sul pelo e sul cuore,
così,
come segno di pace.
La Terra Promessa è stata data
a qualche raccomandato
di assunzioni in cielo non se ne vedono
ma neanche in terra, sta tranquillo
e le Tue piaghe hanno colpito

ma solo quelle di decubito
sul culo
di chi adora l’idolo satellitare.
Su, dì la verità
non ti siamo venuti un granché bene:
qui nessuno rimette i debiti
e il Diavolo è il più grande creditore,
ma riguardo alle tentazioni
beh,
lì ce la caviamo benissimo da soli.
Ma ormai è palese
serve un altro diluvio
e se ce lo mandi giù
di vodka e Campari
non serve neanche l’Arca,
non vorrei s’inchinasse
al Dio sbagliato.
Ehi, ma mi senti?
Forse che nell’alto dei cieli
il segnale non prende?
Fa niente,
proverò più tardi
ma ti prego,
ti prego la prossima volta
non darci anime di cristallo
ricoperte di piombo fuso.

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Non sei – 2dR

Copertina Libroarbitrio pagina fb

Non sei
Di un genitore
Di un uomo la donna
Di una donna l’uomo

Non sei
Dello Stato servo
Del lavoro schiavo
Della religione fedele

Ma sei
La scelta sbagliata
La direzione inversa
Il tentativo fallito

Sei
La follia che impazza libera
Le ali per la fuga
L’assassino a piede libero di te stesso

Sei libero
Di essere
Chi sei

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Où germe l’ouragan…

https://vimeo.com/28623696

 

Contemple-les, mon ame; ils sont vraiment affreux!
Pareils aux mannequins; vaguement ridicules;
Terribles, singuliers comme les somnambules;
Dardant on ne sait où leurs globes ténébreux.

Moi, je buvais, crispé comme un extravagant,
dans son oeil, ciel livide où germe l’ouragan,
la douceur qui fascine et le plasir qui tue.

Un éclair…puis la nuit!

Car j’ignore où tu fuis.
Tu ne sais où je vais…
C.B.

***

Je croyais.
Vraiment.
Je ne pouvais pas en être autrement aimé et aimable?

Lie Lié à dans la reve
Marie!
ma mère
me tranché les doigts avec un couteau à pain,
Christ!
mon père
me gronda de ne pas pleurer avec imprécations
en me tendant la verre rempli avec son dense vin.
L.L.

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Bhagavadgita e tanti auguri per i nostri due anni Libroarbitrio!

Manara Hommage

Sono seme eterno di tutti gli esseri,
ragione dell’uomo razionale,
gloria in chi è illustre.

Nei forti sono la forza
libera da smania e da passione.

Nelle creature sono un desiderio
che mai è in conflitto con la giustizia.

Amen

L.L.

( mia rispettabilissima traslucidazione traduttoriale dallo psico sanscrito )

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“L’estasi” John Donne (nei dintorni del 1621)

Daria EndresenDaria Endresen

Là dove, come un guanciale su un letto,
una pregna sponda s’ingrossava a offrir riposo
al capo reclinato della viola,
sedevamo noi due, l’uno dell’altra il prediletto.

Le nostre mani erano fermamente cementate
da un balsamo tenace che di lì sgorgava;
i raggi dei nostri occhi s’intrecciavano e infilavano
i nostri occhi su una doppia stringa;

inter innestare così le nostre mani era,
fino a quel punto, il solo mezzo per far di noi uno,
e generare ritratti nei nostri occhi
era tutta la nostra procreazione.

Come fra due eserciti uguali il Fato
sospende una vittoria incerta,
le nostre anime ( che per crescere di stato
erano scese in campo) stavano tra lei e me indecise.

E mentre le nostre anime erano lì a negoziare,
noi giacevamo come statue sepolcrali;
il giorno intero restammo nelle stesse pose,
e nulla noi dicemmo, per il giorno intero.

Se qualcuno, tanto raffinato dall’amore
da intendere il linguaggio delle anime,
e reso tutto spirito dal buon amore,
si fosse trovato ad una distanza giusta,

(pur non sapendo quale anima parlasse,
poiché entrambe intendevano e parlavano lo stesso),
avrebbe di lì tratto una nuova sublimazione,
ripartendo assai più puro di quando era venuto.

Questa Estasi toglie ogni perplessità
(dicevamo) e ci dice cosa noi amiamo,
vediamo grazie a essa che non era il sesso,
vediamo che non vedemmo cosa ci mosse:

ma, come tutte le singole anime contengono
mescolanza di cose, e non sanno quali,
l’amore queste anime mischiate mischia ancora,
e fa di due una, ognuna questa e quella.

Trapianta una singola viola,
e la forza, il colore, e la dimensione
( che eran tutte, prima, misere e stente)
si raddoppiano e si moltiplicano.

Quando l’amore l’una con l’altra così
interanima due anime,
l’anima più capace che ne fluisce
padroneggia i difetti della solitudine.

Allora noi, che siamo questa nuova anima,
sappiamo di cosa siamo composti e fatti,
poiché gli atomi da cui ci formiamo
sono anime, che nessun mutamento invade.

Ma, ahimè, così a lungo, così a distanza,
perché dei nostri corpi facciamo a meno?
Essi sono nostri, seppur non noi; noi siamo
le intelligenze, essi le sfere.

Dobbiamo ringraziarli, poiché essi così
condussero noi a noi dapprima,
e ci cedettero la forza dei loro sensi,
né scorie sono per noi, ma lega.

Sull’uomo l’influsso del cielo non agisce
se prima non impronta l’aria;
così l’anima nell’anima può fluire,
sebbene al corpo dapprima ricorra.

Come il nostro sangue travaglia a generare
spiriti, quanto più può alle anime affini,
poiché ci voglion tali dita per annodare
quel nodo sottile che ci fa uomini:

così devono le anime dei puri amanti discendere
a passioni e a facoltà
che i sensi possano raggiungere e apprendere,
altrimenti un grande Principe giace in prigione.

Ai nostri corpi vogliamoci allora, affinché
i deboli uomini possano guardare all’amore rivelato;
i misteri dell’amore crescono nelle anime,
e tuttavia il corpo è il suo libro.

E se chi ama, che sia come noi,
ha udito questo dialogo di uno,
ci osservi ancora, e vedrà
scarso mutamento quando ai copri noi saremo andati.

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Upanisad

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Chi sospinge il pensiero nel suo volo?
Chi suscita il primo respiro?
Chi anima la parola pronunciata?
La vista, l’udito…quale dio li comanda?

L’udire dell’udito,
il pensare del pensiero,
il parlare della parola,
il respirare del respiro,
il vedere della vista!
I saggi che vanno al di là di queste cose,
lasciato questo mondo, diventano immortali.

Là la vista non arriva,
né la parola, né il pensiero.
Non sappiamo, né comprendiamo
come ciò si possa insegnare.
E’ diverso da quello che ci è noto
e supera anche l’ignoto.
Così abbiamo udito
dalle lezioni degli antichi.

Ciò che è inesprimibile con la parola,
ciò che permette alla parola di esprimere,
questo in verità conosci come Brahman,
non ciò che la gente venera.

Ciò che è impensabile con il pensiero,
ciò che permette al pensiero di pensare,
questo in verità conosci come Brahman,
non ciò che la gente venera.

Ciò che è invisibile con la vista,
ciò che permette alla vista di vedere,
questo in verità conosci come Brahman,
non ciò che la gente venera.

Ciò che con l’udito non si può sentire,
ciò che permette all’udito di udire,
questo in verità conosci come Brahman,
non ciò che la gente venera.

Ciò che non è respirato dal respiro,
ciò che permette al respiro di respirare,
questo in verità conosci come Brahman,
non ciò che la gente venera.

 

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“La sera della festa” Gibran

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Era scesa la notte e le tenebre inghiottivano la città, mentre le luci splendevano nei palazzi, nelle casupole e nei negozi. La folla, con indosso l’abito della festa, si accalcava per le strade, e sul volto della gente comparivano i segni della celebrazione e della contentezza.
Io preferivo evitare il clamore della moltitudine e camminavo da solo, meditando sull’Uomo la cui grandezza si stava onorando, e riflettevo sul Genio dei Secoli che nacque in povertà, visse in virtù e morì sulla croce.
Meditavo sulla torcia ardente accesa dallo Spirito Santo in quell’umile villaggio della Siria…Lo Spirito Santo che aleggia in tutte le epoche e che permea con la Sua Verità una civiltà dopo l’altra.
Quando giunsi ai giardini pubblici, mi misi a sedere su una semplice panchina e comincia a guardare tra gli alberi spogli, in direzione delle strade affollate; ascoltavo gli inni e i canti della festa.
Dopo un’ora di profonda meditazione, mi guardai a fianco e fui stupito di trovare un uomo seduto accanto a me, che con un rametto tracciava sul terreno delle figure indistinte. Trasalii perché non lo avevo visto né udito avvicinarsi, ma mi dissi “E’ solo come me”. E dopo averlo ben osservato, mi accorsi che, malgrado gli abiti antiquati e i capelli lunghi, si trattava di un uomo di una certa dignità, meritevole d’attenzione. Parve percepire i miei pensieri, perché mi disse, con voce profonda e calma: – Buona sera, figlio mio-.
– Buona sera a te-, risposi con rispetto.
Ed egli riprese a disegnare mentre il suono stranamente rasserenante della sua voce continuava a riecheggiarmi nelle orecchie. Gli rivolsi nuovamente la parola, dicendo – Sei forestiero in questa città?-.
– Sì, sono forestiero in questa città come in qualsiasi altra-, replicò. Per confortarlo aggiunsi: – Durante questi giorni di festa, un forestiero dovrebbe riuscire a dimenticare di essere un estraneo, perché la gente si dimostra gentile e generosa-. Egli replicò stancamente: – Sono ancor più forestiero in questi giorni che in qualsiasi altro-. Detto questo, volse lo sguardo al cielo limpido; i suoi occhi esplorarono le stelle e le sue labbra ebbero un fremito, quasi avesse rinvenuto nel firmamento l’immagine di un paese lontano.

Gibran

Per arrivare a te
non c’è altra via che il volo d’angeli
per arrivare a te
non c’è altra via che nuotare  nei grani di salsedine
L.L.