Ci sono giorni,
apparentemente strani,
iniziano con occhi umidi
e incastri di note struggenti,
come orchestre per farti piangere.
Sinfonie e colori gocciolanti di ricordi,
passeggiano come melodie in Re minore
nella tua memoria come involucri di plastica.
Io porto un caos tascabile nella mia borsa,
fingo di essere un pirata caduto nel mare,
uno capace di galleggiare sui significati;
sono giorni rari per navigare nel vento.
Iniziano… con punti di sospensione,
insinuandosi nella vita che passa.
Ci sono giorni rari che iniziano
come piccoli aerei in picchiata
legati alla punta delle mie dita,
ed è solo sul punto di decollare
che ricordo; le zavorre legate:
ai miei piedi che affondano.
Tag: re
“La vita è sogno” Calderon de la Barca
E’ vero. Dobbiamo domare
questa natura ribelle,
questa furia, quest’ansia,
se al sogno per caso torniamo.
E lo faremo, avvertiti
da un mondo così strano,
dove vivere è sognare;
e l’esperienza m’insegna
che l’uomo che vive sogna
quel che è, fino al risveglio.
Il re sogna il suo stesso regno,
e vivendo in quest’inganno
regna, ordina e governa;
e il plauso, che fugace
riceve, affida al vento,
e la morte – ingrato destino! –
lo trasforma in cenere.
E chi vorrà più regnare
sapendo che si risveglia
già nel sogno della morte?
Sogna il ricco la ricchezza,
che tanti affanni gli reca;
sogna il povero la propria
pena e la miseria;
sogna chi accumula beni,
sogna chi opprime e offende;
e nel mondo, in conclusione,
tutti sognano ciò che sono,
ma nessuno lo avverte.
Io sogno che mi trovo qui
fiaccato da questi ceppi,
e ho sognato di vedermi
in più lieta condizione.
Cos’è la vita? Delirio, illusione,
appena chimera e ombra,
e il massimo bene è il nulla,
ché tutta la vita è sogno,
e i sogni solo sogni sono.
“Il Leone va alla guerra” Jean de La Fontaine
Volendo Re Leon scendere in guerra,
dirama un bando a tutti gli animali,
che vengan da ogni parte della terra
ciascun nelle sue fogge naturali.
L’elefante, oltre al combattere,
a portar l’artiglieria
e i foraggi è valentissimo.
Gran maestra in strategia
è la volpe, e sa la scimmia
il nemico gabellar,
salta l’orso ed è terribile
le fortezze ad assaltar.
Volevano i ministri mandar via
gli asini sciocchi e i timidi leprotti,
ma non volle il Leone a tutti i patti.
“L’asino” disse “a fare da trombetta
ha una voce più forte della mia,
e la lepre sarà nostra staffetta.”
Il Leone capì, da saggio,
che si può cavar vantaggio
da qualunque attività.
Nulla è inutile a chi sa.
Rutebeuf “Champagne”
“La satrapia” di Costantino Kavafis
Che disastro!
sei fatto per cose grandi e belle
e hai sempre questa sorte infame
che coraggio e successo ti rifiuta;
hai consuetudini vili come intralcio,
meschinità,
indifferenze.
Ed è tremendo il giorno che ti arrendi
(il giorno che rinunci e ti dai per vinto)
e ti metti in cammino verso Susa
per andare a trovare il re Artaserse
che benigno ti accoglie alla sua corte
e ti offre satrapie e favori.
E tu li accetti con disperazione
queste cose di cui non sai che farti.
Ben altro chiede l’anima, per altre cose piange:
per le lodi del popolo e dei Saggi,
i preziosi e difficili consensi;
e l’Agorà, il Teatro, le Ghirlande.
Come può darti tutto ciò Artaserse?
La satrapia può darti queste cose?
E senza queste, me la chiami vita?
Il poemetto eroicomico
Roma 12 aprile 2013
” La secchia rapita”
Il poemetto si svolge nel quattordicesimo secolo, l’autore riporta un fatto reale della storia dell’Italia con aggiunta di riferimenti polemici riguardanti la sua vita.
La vicenda inizia con l’incursione dei bolognesi nel territorio dei modenesi, i quali, dopo aver rincorso gli assalitori sin dentro la città di Bologna, riescono a portar via, di nascosto, un secchio calato in un pozzo.
Ma i bolognesi pretendono in dietro il recipiente.
Per questo motivo, offrono ai modenesi una terra in cambio del secchio.
Il rifiuto di questi ultimi dà inizio alla guerra.
Subito i due schieramenti cercano alleanza con varie città. Anche le divinità, nel corso della battaglia, interverranno a favore di uno o dell’altro esercito.
Dopo numerose liti, le due armate si affrontano direttamente.
Il re Ezio, di parte modenese, subisce il tradimento dei suoi soldati che, nel tentativo di rubare le castagne e le noci inviate dai fiorentini ai bolognesi, si disperdono.
Egli viene così catturato dai nemici.
Il coraggioso conte di Culagna, invece, riesce a fuggire dalla mischia e a portare ai suoi compagni la notizia del rapimento del re.
I Modenesi sono presi dallo sconforto, ma li rimprovera la bella e coraggiosa Renoppia. Infastidita a causa della loro codardia, la giovane, con un gruppo di donne, decide di portare lo scompiglio nell’esercito bolognese.
Modenesi e Bolognesi stabiliscono una tregua di dieci giorni.
Poco dopo, un’ambasceria bolognese viene a proporre degli scambi: barattare la secchia con alcuni prigionieri.
Intanto, un misterioso e magico cavaliere sfida gli avversari per avere la mano della bella Renoppia, ma viene battuto dal conte di Culagna.
Al conte Culagna si susseguiranno, da qui in poi, una serie di accaduti tragicomici.
L’uomo s’innamora di Renoppia e, per questo motivo, cercherà di avvelenare la moglie.
Una volta finita la tregua, la guerra riprende fino all’interruzione da parte del legato papale.
Scritto da Alessandro Tassoni nel 1614, il poemetto eroicomico ” La secchia rapita” consacra un nuovo genere di poesia.
A domani
LL
“Lo cunto de li cunti”
Roma 28 marzo 2013
Nel 1615 lo scrittore Giovan Battista Basile inizia a scrivere “Lo Cunto de li cunti overo lo trattenimento de’ peccerille”. Zora, filgia del re Vallepolosa, non riesce mai a sorridere ed è sempre malinconica. A nulla valgono gli stratagemmi architettati dal padre per farla divertire, fin quando, un giorno, la giovane fanciulla assiste ad una lite tra una vecchia e un ragazzo che culmina in una rissa verbale. Zora ride così tanto che la vecchia la maledice. La fanciulla è costretta a vagare a lungo fino quando non incontrerà e sposerà il principe Taddeo di Caporotondo. Il giovane dorme di un sonno profondo e per svegliarlo è necessario che Zora, per tre giorni, riempia di lacrime una brocca. Esausta, la figlia del re di Vallepolosa si addormenta e la brocca viene colmata dalle lacrime di una schiava moresca che aiuta il principe a risvegliarsi e lo sposa. Per vendicarsi, Zora si serve di un oggetto magico che suscita nell’animo della schiava il desiderio di voler ascoltare fiabe. Taddeo, per accontentare la consorte, fa chiamare a palazzo dieci donne affinché le narrino le proprie favole. Al quarantanovesimo racconto, Zora si sostituisce all’ultima novellatrice rivelando la propria identità attraverso una favola. La schiava viene smascherata e Zora sposa Taddeo.
L’opera, iniziata nel 1615, ma pubblicata postuma tra il 1634 e il 1636, a tre anni di distanza dalla morte dell’autore, si presenta come una raccolta di cinquanta favole ripartite in cinque giornate. il testo è anche noto con il termine greco Pentamerone che significa di cinque giorni. Basile recupera la tradizione orientale del Libro dei sette savi e il modello boccacciano del Decameron in cui è visibile una cornice a struttura fiabesca. A differenza dell’allegra brigata del Decameron, le dieci popolane che narrano i loro racconti possiedono tutte un difetto fisico, il dato fiabesco attinge alla tradizione orientale de Le Mille e una notte in cui il meraviglioso convive con con l’elemento magico.
L’opera incontrerà gran favore del pubblico ed influenzerà diversi scrittori di favole come Charles Perrault e i fratelli Grimm.
A domani
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