Oggi, di cinque anni fa, io e lo scrittore Gianluca Pavia vincevamo i premi letterari Tell Book Your Story e il Premio delle Due Rocche – Teatro sull’Acqua, a scegliere i nostri racconti fu Dacia Maraini, che li lesse con accuratezza e ci consigliò di continuare a scrivere a quattro mani. E io piansi di felicità da sola nell’ascensore dell’albergo, e ve lo giuro, non per la nostra doppia vittoria di cui sono fierissima, che poi non vi descrivo la gioia che avevo in corpo solo al pensiero di vedere dal vivo Dacia Maraini, ma perché a colazione, mentre tutti erano indaffarati in faccende di caffelatte e uova sode, io stavo creando dietro di me una fila indecente perché volevo farmi un semplicissimo tè ma, la grandiosità del luogo dove ero ospitata aveva imposto anche la grandiosità di un’infernale macchina di bevande calde espresse che, io, non riuscivo proprio a capire come far funzionare.
Sapete come è andata a finire?
Al mio fianco si avvicinò Lei, che sorridendomi con dolcezza mi disse “Ragazza delle formiche posso aiutarla?”
-Vorrei solo un tè,- mormorai, allora Lei, con calma e decisione, cliccò tasti e numeri e dalla macchina infernale uscì il mio tè, bollente e pure zuccherato alla perfezione.
Mi invitò a sedere al suo tavolino ed iniziammo una conversazione veloce per i pochi minuti a disposizione che aveva, parlammo dei grandi scrittori contemporanei, della mia scrittura, di quella di Gianluca, ci diede dei consigli, ci firmò le nostre copie dei libri dedicandoci tante buone parole, e infine mi salutò sorridente e delicata.
Ecco, in ascensore cinque anni fa, ed ora oggi, penso ancora che questo è un giorno di vita felice che ricorderò per sempre, “persempre sempre”.
Tag: racconti
“Mille e un libro” gli autori Larousse & Pavia presentano i loro libri da Marzullo
Due scatti rubati in attesa della messa in onda
Rai1 – Mille e un libro
I nostri libri li potete trovare in tutte le librerie Feltrinelli e Mondadori, nelle piccole librerie indipendenti, e online di seguito:
https://www.amazon.it/Black-out-Gianluca-Pavia/dp/8894120473
https://www.miraggiedizioni.it/prodotto/spietate-speranze/
https://www.miraggiedizioni.it/prodotto/lie/
SENZ’ANIMA di Luigi Annibaldi per #unraccontoasettimana – Rubrica Letteraria di 2dR
Senz’anima
Un uomo fa uno starnuto così forte che dal naso gli esce l’anima. L’uomo si sente una marionetta senza burattino, giacché si sa che un uomo senz’anima è sempre sfinito, mai dritto tutto d’un pezzo e ogni occasione è buona per afflosciarsi e schiacciare un pisolino.
L’uomo prova ad aggrapparsi alla sottana dell’anima che è ancora lì a portata di mano, ma quella è tutta sfuggente e gli svanisce dalla presa come il fumo di un camino che va fuori di casa a mischiarsi coi profumi. L’uomo inizia a sbadigliare poi crolla in un sonno profondo. Sogna di correre dietro alla sua anima.
Se entri nel mondo di Luigi Annibaldi potresti non uscirne più. Gli scenari che crea per estraniarsi e per avvolgere il lettore sono millimetrici e vischiosi al tempo stesso.
Il racconto Senz’anima, fa parte della sua prima raccolta Fantareale di racconti intitolata SUSHI PIN-UP, edita da Omero Editore.
Dal suo racconto Sushi pin-up è stato tratto un omonimo cortometraggio vincitore del Festival L’Altro Corto e del Festival Campo Lungo.
FRIGORIFERO MON AMOUR – ANDREA SERRA – MIRAGGI EDIZIONI
Questa sera – venerdì 23 febbraio dalle ore 20:30 – DuediRipicca – Gianluca Pavia & Lié Larousse – ospiteranno lo scrittore Andrea Serra e la presentazione del suo libro FRIGORIFERO MON AMOUR, edito Miraggi Edizioni, in libreria da meno di una settimana e già in ristampa, per l’evento romano “Una Serata Ad Arte – Reading Music” alla 2dR ART GALLERY@ THE PUBLIC HOUSE in via delle Tre Cannelle 8/9. Durante la serata ci parleranno di musica e poesia gli artisti Daniele Casolino e Matteo Cattani. Sul palco salirà per la prima volta anche la cantante Jocelyne Ferraro che accompagnerà la presentazione del libro. Di seguito, in attesa di incontrarci, vi riportiamo il pensiero dell’autore e una delle sue interviste:
“Frigorifero Mon Amour” è un libro che prova ad affrontare con ironia il tema dello spreco alimentare. Racconta sotto forma di diario la storia di Felice che, oltre ad essere vessato dalla moglie e dalle temibili figlie, deve fare i conti con la fuga del proprio frigorifero, esasperato da tutto lo spreco di cibo che viene fatto quotidianamente. Il frigorifero, dopo l’ennesimo pacco di carote ammuffite, indossa un piumino, si mette i mocassini e se ne va via di casa per sempre. Da quel momento il protagonista avvertirà la mancanza del frigorifero in maniera lancinante e proverà in tutti i modi a ricongiungersi con l’amato elettrodomestico. Una serie di eventi travolgenti (le sedute devastanti dal dentista ossessionato dagli alieni, i week-end deliranti chiuso in casa ad ammuffire con le figlie e le colleghe fissate con le diete e lo shopping) lo ostacoleranno sempre più, fino a quando sarà costretto ad affrontare una discesa agli Inferi per ritrovare il suo amato frigorifero e il senso della propria esistenza.
Il libro è sostenuto dal Banco Alimentare che combatte lo spreco alimentare ridistribuendo ogni giorno alimenti a migliaia di famiglie in difficoltà sul territorio nazionale.
Andrea Serra nasce a Torino il 18 gennaio 1975. Si laurea in Filosofia e per diversi anni insegna nelle scuole superiori. Attualmente lavora in un’agenzia formativa. Nel 2016 con il racconto “Il mio dentista” vince la XV edizione del concorso RACCONTI NELLA RETE e lo pubblica in un’antologia edita da Nottetempo; nello stesso anno vince la II edizione del CONCORSO 88.88, Premio Letterario Nazionale per racconti brevi ed è tra i finalisti del XV edizione del Premio InediTO-Colline di Torino, sezione Narrativa-Racconto. Nel 2017 è di nuovo finalista nella XVI edizione del Premio Il Salmastro e nella X edizione del Premio Internazionale Città di Sassari e vince il premio speciale della Giuria della XVI edizione del Premio InediTO-Colline di Torino sezione Narrativa-Racconto.
Intervista all’autore Andrea Serra
“Una sorta di favola moderna, in cui gli elettrodomestici prendono vita. E, al centro di tutto, un frigorifero con la sua saggezza. Andrea Serra debutta per Miraggi con “Frigorifero mon amour”: si parla di cibo e del suo utilizzo, spesso sbagliato, argomento quanto mai importante nella nostra epoca. Ma lo si fa con leggerezza, come racconta l’autore: “Il frigorifero si rivela un attivista del Banco Alimentare: una realtà che ho incontrato e che mi ha spinto ad approfondire i temi legati allo spreco. Nel libro ci rimprovera, fornendo anche dei dati su quanto buttiamo via. Il frigo è la coscienza critica, con i suoi insegnamenti. E lo spreco alimentare è una metafora della nostra società, dove ammuffisce l’umano invece del cibo”.
Come è arrivata l’idea del libro?
“In un periodo di “disperazione” familiare, quando sono nate le due bambine, che oggi hanno quattro e otto anni: non dormivano e, di conseguenza, non dormivo io. La notte ho cominciato a scrivere i primi racconti e la vena umoristica è giunta per reazione”.
Perché il frigorifero? E perché le carote della copertina?
“Il frigorifero perché è un elemento centrale della nostra casa. Mia moglie, che ha un carattere duro e diretto, lo insulta anche, dicendogli “apriti scemo”. Le carote sono quelle che lei compra a piene mani e che un bel giorno riemergono ammuffite, dopo essere state dimenticate in uno scomparto. Nel libro il frigorifero scappa, arrabbiato per lo spreco di cui è testimone ogni giorno”.
Comincia così una sorta di inseguimento.
“Lo racconto in forma di diario perché il protagonista, visto che non riesce a prendere sonno, si rivolge a uno psicologo che gli suggerisce di annotare tutto. La narrazione parte a gennaio e si conclude a dicembre, con una coda rappresentata da una discesa agli inferi per ritrovare il frigorifero perduto”.
Sembra una favola di Esopo: là parlavano gli animali, qui gli oggetti.
“L’intento è quello. C’è una poetica degli elettrodomestici, tutti si esprimono: è una favola contemporanea, con una funzione civile e morale”.
Per questo è stato coinvolto anche il Banco Alimentare?
“Scrive una postfazione in cui fornisce i numeri sullo spreco di cibo. Al Banco va anche una parte dei proventi dei diritti. Io, poi, oltre alle classiche presentazioni, ho programmato di andare nelle scuole perché, alla fine, “Frigorifero mon amour”, è un testo formativo-informativo. E divertente”. ”
Dalla postfazione del Banco Alimentare:
Capita così sovente che qualcosa “ammuffisca” nei frigoriferi casalinghi, industriali o delle mense che non ci rendiamo più conto che, carote, prosciutti, formaggi o mille altre prelibatezze potrebbero, se accuditi, sfamare centinaia, migliaia, anzi, milioni di persone purtroppo condannate alla miseria alimentare; questo libro, in modo scherzoso, è stato scritto per favorire la riflessione delle persone che, loro malgrado, agevolano la “FUGA DEI FRIGORIFERI”. Qualche cifra è necessaria per valutare l’ampiezza dell’emergenza alimentare: lo scorso anno (2016) sono state 815 MILIONI le persone, di cui 159 MILIONI di bambini, in stato di malnutrizione e, di questi, più di 8.500.000, di cui 6.500.000 bambini, sono deceduti per cause ascrivibili alla malnutrizione, scarsa o assente. Noi, paesi dell’Unione Europea, ogni anno produciamo uno spreco alimentare che vale 143 miliardi di euro e, se espresso in peso, sono ben 88 milioni le tonnellate di alimenti che finiscono ogni anno, gettati nella spazzatura. Il soggetto che contribuisce maggiormente allo spreco alimentare sono le famiglie con 47 milioni di tonnellate, vale a dire il 70% dello spreco alimentare europeo derivante dal consumo domestico, dalla ristorazione e dalla vendita al dettaglio. Secondo i dati Fao, solo in Italia, un anno di spreco di cibo potrebbe sfamare circa 44 milioni e mezzo di persone mentre, a livello globale, ogni anno, più di un terzo della produzione mondiale di cibo si perde o si spreca lungo la filiera: circa 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti sono sciupati solo considerando la frazione commestibile. Il Banco Alimentare è una rete di organizzazioni (21 sul territorio nazionale), senza fine di lucro, che ha lo scopo di raccogliere le eccedenze di produzione, agricole e dell’industria alimentare, organizzando la ridistribuzione alle Strutture Caritative per aiutare i poveri e gli indigenti. Qualche numero delle attività 2016 del Banco alimentare: 588 Strutture Caritative convenzionate in Piemonte 113.200 Assistiti in Piemonte (38% delle persone in stato di povertà assoluta) 6.325 Tonnellate di cibo distribuite in Piemonte 808 Tonnellate di cibo raccolto, in Piemonte, durante la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare Questo è il valore dell’attività, visti i numeri, che può essere effettuata soltanto grazie alla collaborazione di: 1.200 supermercati che prestano i loro spazi per la buona riuscita dell’attività di raccolta 12.300 volontari dal primo mattino a tarda serata, rendono possibile la missione e la sensibilizzazione di 730.000 donatori che sentono e vivono la Solidarietà tra le persone dimostrando, in questo modo, che si può convincere molti FRIGORIFERI a non fuggire dalle nostre case perché lo spreco è stato, se non vinto, almeno compreso.
Sabato 9 dicembre ore 17 GIANLUCA PAVIA & LIE’ LAROUSSE/2dR alla FIERA PIù LIBRI PIù LIBERI 2017 nella NUVOLA di FUKSAS …
Ci vediamo SABATO 9 DICEMBRE alle ore 17 alla fiera Più libri più liberi
allo stand F 31 MIRAGGI EDIZIONI
Firmeremo le copie dei nostri libri e a seguire OPEN MIC LETTERARIO E TANTI OSPITI
Official Media Partners URBAN MIRRORS e Paolo Tiberti GraficDesigner
Official Photographer Gabriele Ferramola
Evento curato da Gianluca Pavia & Lié Larousse/2dR DuediRipicca
#poesia #piulibripiuliberi #spietatesperanze #pokerdincubi #lié
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VI ASPETTIAMO!
POKER D’INCUBI E’ AL SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO UN DOPPIO APPUNTAMENTO CON GIANLUCA PAVIA & LIE’ LAROUSSE – 2dR –
POKER D’INCUBI/2dR – HUGO PRATT/FlavioSolo
E allora GRAZIE A TUTTI VOI!
A meno di pochi mesi dall’uscita di POKER D’INCUBI
stiamo andando in PRIMA RISTAMPA!
E allora CONTINUATE A LEGGERCI sulle vostre nuove copie, continuate a seguirci su carta e web, ma soprattutto continuate a seguire ogni vostro santissimo incubo! E se ancora vi manca la carta giusta:
https://www.amazon.it/PokerdincubiDuediRipicca/dp/8893330644
Omaggio di Flavio Solo al Hugo Pratt _ Ostia 2015 _
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Fotografie di Gabriele Ferramola
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Gianluca Pavia e Lié Larousse
DuediRipicca
#pokerdincubi
#SOLO
— Alter Ego Edizioni —
COMUNQUE VADA SARA’ DUEDIRIPICCA


I Lunedì di LuccAutori – Invito a partecipare alla XVI edizione del Premio Letterario Racconti nella Rete 2017
I Lunedì di LuccAutori – Cent’anni di troppo – Dora Argento
Se non avessi avuto le bretelle rosse, quelle fosforescenti che mi hanno regalato per Natale, quest’ora sarei -bello tranquillo!- nel mio nascondiglio, sotto il letto della camera degli ospiti, che è sempre vuota.
Papa’ e Mamma sarebbero partiti soli , con quella lastima di mio fratello Nuccio e io me ne sarei potuto andare a fare la gara in pace.
“ …e ci giocherai un’altra volta” dice Mamma.
Certo, che ne sa lei che non era una gara qualsiasi, per lei sono tutte uguali, non distingue manco un monopattino da un triciclo, figuriamoci…
”Leva di mezzo quel “coso” con le ruote, Nonò!”
E Papà mi ha pure infilato in macchina arrabbiato senza farmi prendere le figurine di Dragon ball che almeno ci passavo tempo invece di stare qua, chiuso in macchina , con quel frignone di Nuccio che vuole tutto lui e che ha già vomitato una poltiglia verde, come sempre quando è in macchina!
Lo sapevo che non me le dovevo mettere oggi, mannaggia…
Papà le ha viste, anche se eravamo al buio, e mi ha trascinato fuori da sotto il letto, tirandomi per le bretelle che poi, quando le ha lasciate, mi hanno dato una schioppettata sulle spalle che mi fa ancora male .
Aveva la faccia da “teledosenonlafinisci” e quando c’ha quella faccia, severa e scura, non dico niente, ma se nò glielo dicevo che io non ci volevo andare, che avevo la gara più importante di tutta l’estate e che se non ci andavo io avrebbe vinto Peppe, sicuro, sicuro!
Tutto per colpa di una vecchiaccia, di cent’anni poi!
A quest’ora hanno già iniziato, sono le quattro; a quest’ora sono già in cima alla salita, tutti e tre: Lorenzo con lo skate rosso, Nello con quello che usa per le gare, verde e giallo, e quel cornuto di Peppe col suo “mitico” blu; a quest’ora si stanno lanciando giù come pazzi; a quest’ora vedono gli alberi che gli passano accanto velocissimi che manco si capisce che sono proprio alberi, sembrano macchie verdi che si allargano e si stringono, che si rincorrono, una dietro l’altra e che invece poi quando ti fermi, che sei arrivato e ti giri, sono tornati al loro posto, anzi non si erano mossi mai.
Invece io sono legato come un salame con la cintura di sicurezza e Papà pure che si lamenta se metto i piedi sullo schienale
“Stai fermo coi piedi…che così sporchi la macchina nuova”.
La riempirei di calci io questa stupida….non poteva fare che non partiva così ce ne potevamo restare qua?
A quest’ora stanno risalendo dopo la prima discesa – perché la gara finisce dopo dieci discese libere – e a quest’ ora sarà arrivata Susanna, tutta rosa, col cerchietto in testa, e con quelle altre sceme delle sue compagne, rosa pure loro, sempre con le borsette in mano. Ma che ci mettono poi in queste borse microscopiche che non ci entra manco una pistola ad acqua, bleah! E, a quest’ora, di sicuro mi stanno prendendo in giro: “…Nonò se l’è squagliata, Nonò è un fifone…tanto si sa che perdeva…”. A quest’ora.
Se c’ero altrochè se perdevo… ma “quella”, da quando le ho detto che fidanzarmi con lei mi fa schifo si vendica parlando male di me! Con quella bocca tutta inserragliata , con la gabbia metallica che quando ride pare la finestra del convento delle suore dell’asilo , quelle che non escono mai!
E tutto per andare a trovare una vecchia decrepita.
Ma che me ne frega a me di una vecchia rincretinita, senza denti, anzi coi denti tutti cariati, che quando parla sputa a raggiera, mezza ceca, senza capelli, tutta curva col bastone e i piedi con cento calli tutti rattrappiti che manco può camminare, anzi forse la portano sulla barella perché è paralitica e c’ha tutti i fili che escono da tutte le parti come nel telefilm dei medici che si vede la Mamma! Che ci stiamo andando a fare? “Una festa per la prozia che fa cento anni e l’andiamo a festeggiare”.
Ma che c’è da festeggiare quando hai cento anni, sei vecchia stravecchia, non capisci più niente e non ti ricordi manco come ti chiami. Come la nonna di Gino che gli chiede ”E tu chi sei?” ogni volta che quel mischino attraversa la stanza.
Hai fatto cent’anni? Va bene, brava, adesso muori e ci lasci in pace.
Però, che idea…e se morisse ? Subito però, all’inizio della festa, cosi’ ce ne torniamo e magari sono ancora in tempo per rifare la gara…?
Se torno prima delle otto posso dire che avevo capito che la gara si faceva di sera, alla rinfrescata. Devo pensare ad un modo sicuro però.
Ecco, se la trovassi che dorme come in questo momento Nuccio, con la bocca aperta, potrei infilarle un imbuto con un veleno potentissimo che la stecchisce subito. Tanto quando uno è vecchio si sa che può morire da un momento all’altro, non si stupisce nessuno . Non è che chiamano la Polizia per un morto di cent’anni!
Oppure, se cammina ancora, potrei farle uno sgambetto mentre scende le scale. Pure che non muore, anche che va all’ospedale…a me basta che la festa non si fa e ce ne torniamo a casa in tempo. E se non ci sono scale in quella casa? Potrei tendere un filo da una parte all’altra della stanza. Quando sono vecchie , che sono incartapecorite, si rompono subito, non ci vuole niente. Come i grissini, tac!
Miii! Mi sto ricordando della zia di un mio compagno che è morta “perché aveva troppi zuccheri”. Questa sarebbe facilissima: potrei comprare tanti pacchi di zucchero e regalarglieli e dirle “Questo è un regalo per te, sono tutti tuoi”. Lei li prende e muore.
Ma tanti quanto? Non è che si muore per un pacco di zucchero. Quando con la mamma andiamo al supermercato ne compriamo almeno tre e non è morto mai nessuno…ce ne vorranno centinaia…
No, questo non va bene, Papà mi metterebbe in croce e forse pure la Polizia: “…e tu perché le hai regalato tutto ‘sto zucchero?”, “Per il suo compleanno”…ma figurati, lo sa che manco ci volevo venire, sarei il sospettato numero uno. No, farla cadere è la cosa migliore, magari con una spinta.
“ Nuccio finiscila! Mamma lo fai finire a Nuccio, mi tira il cravattino di Batman! Me lo rovina!”
“E dai Nonò lo sai che è piccolo, un po’ di pazienza…”.
E certo, solo io la devo avere. Quando le vomita sul vestito nuovo, come l’altra volta che doveva uscire con Papà per fare pace dopo la litigata che si erano fatti e si era messa tutta scollata , allora la pazienza la perde pure lei…
E’ che Nuccio non è un bambino , è una “macchina del pianto con vomito automatizzato”, premi: “wuah”, premi: “wuah, premi……..Che idea! E se raccogliessi il vomito di Nuccio e lo versassi addosso alla prozia, tutti penserebbero che sta male e chiamerebbero subito l’ambulanza: ua ua ua ua ua ua uauaua …
E vai! Questa mi piace.
“Mamma, lo posso conservare il vomito di Nuccio? Così mi ricorderò sempre di quando era piccolo…”
“Nonò non dire scemenze, scendi, siamo arrivati.”
Papà, tenendomi dal collo “così non scappi”, mi spinge verso un grande portone di legno scuro e inciampo sulla soglia di un pavimento bianco e nero che pare una scacchiera gigantissima! Mentre Mamma consegna alla cameriera il regalo, un pacco piccolo, che forse sarà una dentiera per la prozia, io immagino di essere il mio pezzo preferito – il cavallo nero- e mi ingrugnisco, cercando di allungare il mento e i denti in fisionomie cavalline ma papà, pensando che faccio il verso alla cameriera -che di equestre però non ha niente assomigliando più a un panda grassoccio, per le occhiaie stratosferiche che si ritrova! – mi stringe il collo accompagnandolo da un “finiscila!”, sibilato fra i denti, che pare una lama ghiacciata.
Entriamo in un salone che se non è grande come il campetto dietro la scuola poco ci manca. Un sputo -di quelli buoni- di Saro, non arriverebbero al tetto e per una partita a calcetto l’unica cosa che si dovrebbero eliminare sono queste quattro colonne in mezzo – tutte a righe!- assolutamente inutili. Si vede che chi ha costruito questa casa non ha pensato alle cose più elementari!
Vedo subito quello che cercavo per il mio piano: una scala che porta al piano di sopra con un corrimano tanto largo che potrei scivolarci con tutti e due i piedi uniti. E’ fatta! Con una bella spintarella la prozia i gradini se li fa tutti, sicuro sicuro! Appena arriva…
Questo salone è gigantesco, pieno di cose strane: in centro c’è una tavola lunghissima con una tovaglia tutta buchi come la groviera, di quelle che mamma dice che si mettono ogni morte di Papa perchè costano un sacco.
Oggi di Papi mi sa che devono esserne morti almeno due!
Dal tetto poi, pende una specie di ancora, forse un lampadario, con cui verrebbero benissimo gli arrembaggi sulla nave nemica. Insomma se qui ci venissi con tutta la banda saprei bene cosa farci .E la vecchia… la leghiamo al lampadario e ci giochiamo a freccette! Forte!
Siamo i primi ad essere arrivati e della prozia neanche l’ombra, magari è già in fin di vita e fra poco scenderà uno di quei medici col naso a becco, gli occhiali tondi e i vetri spessi come le biglie che ci darà la notizia con voce da gufo , guardandoci con lo sguardo inquisitore e sperando che magari qualcun altro si senta male.
Mamma lo dice sempre che sono come i vampiri, che è meglio starne alla larga!
Papà, tenendomi sempre stretto il collo, mi spinge verso un divano “sprofondoso” di una stoffa rossa a fiori neri un po’ vecchia, con le molle rotte .
C’è n’è una specialmente che mi preme proprio sul culo e sento la punta che mi buca i pantaloni. Cerco di spostarmi ma papà, pensando che voglio alzarmi, mi spinge verso il basso con la sua mano forte. Sono fregato, non mi posso muovere da qui e l’unica cosa che posso fare è guardarmi i piedi, stretti nelle scarpe nuove, che si muovono dondolando avanti e indietro, tutti ci annoiamo a morte! Con la mano però seguo i disegni della tappezzeria che sono più in rilievo e che mi portano ad una scucitura dove infilo facilmente il mignolo. La scucitura è ruvida,come se ci fossero fili metallici ma, dentro, il dito sprofonda nel vuoto e finalmente trovo la molla fastidiosa. Cerco di allargare il buco per poterci infilare almeno due dita e ci sto lavorando bene quando un pizzicotto caldo e doloroso mi fa venire la scossa. Mamma se n’è accorta. Non posso fare manco questo.
La cameriera-panda si avvicina , portandosi dietro l’odore di fritto dalla cucina, e offrendoci un vassoio d’oro con degli orribili pasticcini a forma di cuore tutti zuccherosi – fatti da una cuoca femmina, sicuro!- che si appiccicano uno sull’altro. Sicuramente ne avrà mangiato qualcuno perché le sue dita grasse, con le unghia tutte mangiate come quelle della mia compagna Geppa, hanno tracce di zucchero sulle punte dei polpastrelli. Secondo me se li è anche sleccazzatitutti e poi li ha rimessi sul vassoio –come faccio io, ma solo con quelli di cioccolato però!- perché vicino alla bocca c’è traccia di unto misto a zucchero in polvere . Quando passa da me la fulmino:“Non ne voglio!” e mamma mi comincia una predica -di quelle che sono come quando catturi un ragno, che più lo allontani e più lungo è il filo di bava- sull’importanza dell’educazione, che si dice sempre grazie, che bisogna stare al proprio posto bla bla bla… e mentre parla aziono il dispositivo che ho nel timpano per disinnescare l’udito e la guardo mentre apre e chiude la bocca come un luccio fuori dall’acqua – tutta brillante con il vestito nuovo argentato- e le sopracciglia che si arcuano o arrotondano a seconda che mi implori di fare il bravo o che mi minacci.
Un suono improvviso mi stappa automaticamente le orecchie e interrompe mia madre dalla predica , lasciando il ragno dondolante appeso al labbro, incerto se tornare indietro. E’ il campanello, una specie di clacson gracchiante a volume altissimo – la prozia deve essere assai sorda- che preannuncia l’entrata di una comitiva di “Decrepiti in visita al Museo dei Fossili”, gli amici della prozia, come mi spiega la mamma.
Entrando consegnano i loro regali al solito panda che se ne va traballando come un equilibrista. Il più giovane avrà circa 200 anni.
Tutti insieme sembrano una ragnatela gigante. Il primo gruppo di rughe inizia sulla prima vecchia, una signora con una gobbetta che muove il collo in avanti e indietro come le tartarughe e, attraversando pance sballonzolanti, vene varicose che sembrano i fiumi di una carta geografica, doppiomenti cascanti come lenzuola stese al sole sbattute dal vento, passi zoppicanti, dentiere traballanti, chiome sparute ed elettrizzate come una foresta dopo un incendio e piedi deformati con le dita tutte litigate fra di loro, finiscono sulla nuca di un vecchio tanto magro che la giacca sembra vuota,come appesa a una gruccia.
Ma poi -dico io- in mezzo a tutti questi nonni, neanche un bambino con cui giocare ! Fortunatamente , dalla porta della cucina, entrano una fila di vassoi odorosi di forno con un sacchissimo di cose da mangiare, il tavolo si riempie in un baleno ma, per prima, avvisto una montagna di patatine fritte croccanti su cui mi piombo. Il panda le avrà sleccazzate? Ma dai! ci vorrebbe un mese a sleccazzarsele una per una…me ne frego e , infatti, sono buonissime.
Vedo il passeggino di Nuccio in movimento, si sarà svegliato e avrà fame e Mamma non se n’è accorta – è impegnata con un fossile che deve aver preso la scossa perché trema tutto- forse è arrivato il momento di fargli assaggiare qualcosa di buono. Preparo una merenda super con patatine, maionese , marmellata, olive, caponata- tutto ben mescolato- fette di limone e una spruzzata di aranciata sopra e la porto a mio fratello che mi aspetta con la bocca già aperta, infilo un boccone del miscuglio e mi diverto a vedere la sua faccia che pare un fumetto: si contorce tutta quando becca il limone aspro o si bea a succhiare la maionese dal pane. In mancanza d’altro anche mio fratello può essere divertente e gli faccio leccare anche una patatina dal mio piatto, altro che pappine, per questo le vomita! .
Ce ne stiamo tranquilli a mangiare in un angolo e faccio in tempo a togliere tutto e pulirgli la bocca prima che torna mamma.
“Due piatti ? Ti sei abboffato Nonò, non è che poi ti senti male?”
Con la bocca fatta di sale , pregusto le altre cose che mangerò: panelle, pizzette e una montagna di dolci al cioccolato, il resto lo lascerò alla comitiva che intanto si è trasformata in uno sciame di cavallette affamate.
Evidentemente lo stomaco funziona a tutti.
Mi parlano di sopra , tutti un po’ gridando e molti non sentendo e, da una parte all’altra del tavolo, sfrecciano tanti “come-cosa- che hai detto?” che , anche se non raggiungono il bersaglio giusto, vanno bene un po’ per tutti , e comunque non si fermano e continuano a riempirsi il piatto e poi… ridono, ridono tutti.
Che c’hanno poi da ridere? Forse quando uno sa che sta per morire è contento perché è ancora vivo…
Mio nonno , l’anno scorso, quando mi ha chiamato che voleva vedermi subito era a letto da diversi giorni ma mi disse di correre, che aveva urgenza di raccontarmi una barzelletta -che lo sapeva che io ci faccio la collezione- e me la raccontò facendo le facce buffe, come sapeva fare lui, e non riusciva a finire perché ridevamo tutti e due come scemi. E poi è morto. Si chiamava Antonio, come me.
“Nonò, non mi senti? ma che fai, dormi? Guarda , c’è una cosa per te!”
Alzo gli occhi e lo riconosco subito: uno skate con le ruote pluridirezionali, le testine di acciaio cromo e gli ammortizzatori con le doppie molle che ci puoi saltare pure gli scalini della Madrice! Il disegno poi è…bellissimo! Una lancia di fuoco inizia dalla punta su uno sfondo nero e poi, salendo, si trasforma in frecce colorate che bucano uno scudo! Noooo è pure firmato da Niki , il campione americano di skate!
Ma… è impossibile da trovare in Italia, come hanno fatto?
Non vedo più niente, ho gli occhi annebbiati dalle lacrime e mi vergogno di piangere ma oramai sono un fiume di muco dolciastro che mi riempie il naso e non riesco a fermarmi, è il regalo più bello che potevano farmi Mamma e Papà.
Sento un fazzoletto profumato che mi struscia e mi graffia un poco la faccia ma mi asciuga il muco e gli occhi che si snebbiano.
Forse che sono svenuto per tanto tempo?
La faccia che vedo è quella di mamma ma …più vecchia!
Mamma mia, non è che le rughe sono contagiose? Cerco subito Papà e lo vedo uguale, menomale, e dietro di lui mamma, è lei, pure uguale e allora, di chi è questa faccia?
“Sono tua hold zia. Non ti puoi arricordare perché vivo in America ma sapevo di te, di un nipotino bello assai e ca ti piace troppo lo skate. Io nu ne capiscio niente ma il negoziante mio amico told me che è un modello very beautifull. Ho indovinato, Nonò?”
Mi passarono davanti tutte le torture che avevo immaginato per lei e dallo stomaco qualcuno mi diede come un cazzotto.
La prozia è vecchissima e assomiglia ad un ghiacciolo un po’ squagliato, ma ha una voce dolce e un sorriso buono e allegro come quello del Nonno…
Ah già, giusto, è sua sorella… e anche la dentiera deve essere americana -è bianchissima !- e poi… è venuta in aereo dall’America, forte!
Magari fa quelle cure americane ed è indistruttibile, come Batman .
Forte questa zia! Già me la immagino, col vestito giallo di “Dragon ball terza evoluzione”, quando la presenterò a quegliscimuniti coi loro skate che sembrano carriole, altro che skate!
E poi come dice “skate” con la “ kappa” e la “a” che fanno tutto un rimbombo: skate, skate…
La guardo e le faccio l’occhiolino.
“Zia posso provarlo sulle scale?”,
“Oh yes. Ma you attento ok?” mi schiaccia l’occhio e guarda i Fossili
“ Non cadiri su questi “vecchi birilli”, si rumpinu subito, comu grissini, ok ?”
E ride, con una risata squillante e rido pure io, e mi dà una pacca sulla spalla e io la spingo , ma piano, e ci diamo il “cinque” e ridiamo ancora, come scemi…
Non è che adesso mi muore pure lei?
Racconto “Cent’anni di troppo” scritto da Dora Argento
scelto da DuediRipicca
per la rubrica “I Lunedì di LuccAutori”
Potete acquistare il volume dei racconti vincitori del Premio “Racconti nella Rete 2016” edito da Nottetempo, a cura di Demetrio Brandi, in tutte le librerie a distribuzione nazionale oppure on line al link di seguito:
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