365 giorni, Libroarbitrio

AVVERTENZE PER SCRITTORI DELUSI – Lié Larousse

Lié Larousse & Sigmund Freud

Al giorno d’oggi molte opere letterarie di un secolo fa sono considerate dei capolavori, e con esse la bravura dei loro autori, quasi nessuno sa, che queste opere ai tempi della loro pubblicazione non venivano comprese, addirittura nemmeno prese in considerazione dal pubblico lettore e quindi abbandonate sugli scaffali, o peggio negli angusti magazzini e mai giunte in libreria. Altre venivano accolte negativamente dalla critica, a volte, se si era proprio dei grandi scrittori accadevano tutte queste cose assieme, e lo sconforto e la depressione ne erano le indegne conseguenze di anni di studi e lavori di scrittura.
Ora, per carità, non voglio dire che tutte le opere contemporanee che vedono la poca luce di occhi e bocche affamate di leggerle siano tutti dei capolavori, ma, molto spesso so di libri che meriterebbero più interesse da parte del pubblico lettore, ormai assuefatto e sterilizzato mentalmente, ineducato allo sperimentare con la propria testa la piacevole scoperta di un nuovo autore e il suo libro.

Lettori attenti non vi offendete, non è per tutti così, ma siamo sempre gli stessi, quelli che alla fine facciamo già parte del favoloso mondo della lettura, a volte facciamo parte del rarefatto mondo dell’editoria e quindi, forse, abbiamo più di un motivo per voler sperimentare. Ma tra il pubblico lettore quanti di voi sono disposti ad investire quindici euro in un romanzo d’esordio? In una raccolta poetica di un non Gio Evan? Insomma in una lettura al buio di cui non sappiamo nulla a priori dell’autore, nemmeno il profilo instagram?

Mentre a tutti gli autori che si sentono di aver fallito vi dico – non fate così!
Non ha a che fare con il fallimento, né propriamente con voi, ha a che fare con l’apparire e il marketing spietato che sta caratterizzando quest’epoca, un’involuzione umana e tutto ciò che ne concerne, il naturale decorso della vita che si percorre e ripercorre sempre uguale. Magari tra cento anni sarete dei Bestsellers come L’interpretazione dei sogni (1899) e ne godranno i vostri nipoti, economicamente, forse.

Tuttavia se hai pubblicato il tuo libro, e magari non è nemmeno il primo, e nessuno ne parla, e sono sempre troppo pochi a leggerlo, tu continua lo stesso con il tuo lavoro quotidiano per la scrittura, con la lettura, la ricerca, il volere bene e fare del bene, ridi, magia, vivi una vita il più possibile normale, passeggia, scopri un barlume di luce mentre dentro tempesta, abbraccia la notte, ogni tanto lasciati stare e lascia stare le ansie, e di nuovo leggi e di nuovo scrivi, e chi vivrà vedrà, e se sarai letto e venderai tanto e andrai in ristampa sii felice, e se invece arrivi sullo scaffale e vendi dieci copie, nove agli amici e una ad un perfetto sconosciuto, vivi, leggi, scrivi, e sii ancora più felice.

Dal diario di Sigmund Freud:
“Sono stato come tagliato fuori dal mondo; non una foglia si è mossa per dimostrare che l’Interpretazione dei sogni significhi qualcosa per qualcuno. L’ accoglienza che ha avuto il libro e il silenzio che ne è seguito hanno di nuovo distrutto il mio nascente rapporto col mondo” E ancora qualche giorno dopo “Nelle molte ore tristi mi è di conforto pensare che lascio almeno questo libro. In verità il modo come è stato accolto, perlomeno finora, non mi ha recato alcun piacere. Esso ha incontrato la comprensione più avara, le lodi che gli sono state concesse sono misere come la carità; evidentemente non piace alla maggioranza dei lettori e ancora non ho avuto sentore che qualcuno si sia accorto di tutto il suo valore. Mi faccio una ragione di ciò pensando di aver anticipato i tempi di quindici o venti anni. Poi, inevitabilmente, mi assale il dubbio tormentoso che si tratti invece di un giudizio in propriis”

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SUA MAESTA’ correre al di là della sclerosi multipla di Maria Luisa Garatti e Rubens Noviello – Recensione di Lié Larousse

SUA MAESTA' correre al di là della sclerosi multipla di Maria Luisa Garatti

Quanto spesso pensiamo alla libertà come qualcosa che ci manca?
Quanto spesso pensiamo alla felicità come quel momento della vita che non stiamo vivendo a pieno, o addirittura per niente?
Quanto spesso pensiamo all’amore come un’utopia, e quante volte crediamo che la loro mancanza nella nostra vita dipenda da colpe esterne alla nostra volontà, tipo: il lavoro che non ci piace ma che siamo obbligati a svolgere, al compagno o alla compagna che non ci capiscono e per i quali non ci sentiamo abbastanza, perciò noi, prima di tutti e tutto, quanto siamo liberi dai cliché della felicità per amarci?
Abbastanza da farci coraggio, seppur sia difficile, faticoso, al limite dell’impossibile, prendere un bel respiro, ed iniziare a correre verso la direzione, unicamente per noi, più giusta?

Ecco, questa è stata la scelta di Maria Luisa Garatti che con il suo libro – SUA MAESTA’ correre al di là della sclerosi multipla – ci racconta di quanto la sua vita sia cambiata dal giorno in cui ha scoperto di essere affetta da Sua Maestà, nomignolo che decide di dare alla Sclerosi Multipla, ed è proprio da qui che inizia la sua storia, ma non della malattia in sé, ma della scelta di trasformare una malattia in un’opportunità di vita.

Mio fratello era un orologio svizzero. Parlava poco. Aveva una missione da compiere. All’ottavo km mi si indurirono le gambe e rallentai ansimando.
<<Ultimi due km, sorella. Dai che andiamo!>>
Il cartello dell’ultimo km mi rimise in moto. Volevo arrivare col sorriso e così quando entrai in Piazza della Loggia, sprintando con mio fratello per mano, mi sentii una regina. Come se avessi vinto la gara. Come se il mondo fosse stato risucchiato in quella piazza. Ci abbracciammo.
Come due amanti. 58’30, nemmeno un’ora.
<<Sono fiero di te!>>”

Questo libro/diario è una guida alla guarigione psicologica dalla sofferenza improvvisa di quando ci si scopre inaspettatamente deboli, indifesi, impotenti, perché colpiti da gravi patologie, e sicuramente i primi ad essere coinvolti sono coloro che compromessi dalla stessa malattia trovano un bagliore di speranza e fiducia in storie di vita vera come in Sua Maestà, ma perché non tutti quanti noi? troppo spesso adagiati a piangerci addosso senza uno “sclerato” motivo!

Ero consapevole che lo sport mi avrebbe condotta a esplorare i sentieri della mia anima, a scavare nel mio intimo.(…)Avevo sentito parlare spesso di come la vita può cambiare, di come tutto si può trasformare avendo la volontà per farlo. E, sinceramente, mi stavo rendendo conto di quanto fosse vero soprattutto pensando alla persona apatica, triste e vuota che ero stata e a quella che stavo diventando oggi. Il viaggio mi insegnò a cercare sempre nuovi stimoli dalle cose belle o brutte che la vita ci regala. Prendere ciò che arriva e trasformare tutto in nuova energia, nuove opportunità. La vita in fondo è fatta di possibilità, sta a noi coglierle.”

Maria Luisa Garatti ci insegna, con la sua esperienza diretta di vita con Sua Maestà, a cercare dentro di noi la volontà di cambiare i nostri soliti atteggiamenti, ed abitudini, che ci distruggono giorno dopo giorno rendendoci uomini e donne apatiche, atrofizzati in una vita che magari volevamo, ma che oggi non ci appartiene più, affrontando, vivendo ed accogliendo ogni emozione e sensazione, dalla più dolorosa a quella inaspettatamente buona. Quel che è certo è che non possiamo fingere di non sentire dolore, allora la Garatti ci invita a viverlo, imparando a riconoscerlo e poi a liberarcene, fino a farlo sparire, con la consapevolezza che magari tornerà, ma noi, a quel punto, sapremo affrontarlo.

Da avvocato a maratoneta, ha smesso le cure tradizionali abbracciando un nuovo stile di vita, da allora la patologia ha smesso di avanzare e lei pratica regolarmente sport:

Correre per sconfiggere il male.
Non scappare dal male, ma correrci dentro.
E vincerlo.
E vincere.”

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Nel momento in cui uno si impegna a fondo,
anche la provvidenza allora si muove.
Infinite cose accadono per aiutarlo,
cose che altrimenti non sarebbero mai avvenute.
Qualunque cosa tu possa fare o sognare di fare,
incominciala!
L’audacia ha in sé genio, potere e magia.
Goethe 

SUA MAESTA’ correre al di là della sclerosi multipla
di Maria Luisa Garatti e Rubens Noviello
Marco Serra Tarantola Editore

Recensione di Lié Larousse 

365 giorni, Libroarbitrio

AUTOANALISI PER NON PAZIENTI

Lié Larousse 2

Che alle “cose troppo quiete” si tolga la maschera: celano perversioni e bugie.

Che l’insensata voglia di non essere mai turbati sia motivo di ravvedimento, per chi è ancora in tempo.

Che la massima antica riscatti chi ama ciò che è in continuo moto.

Che si sappiano sani, non pazienti possibili o già ritenuti tali, gli scontenti non per capriccio o insaziabile voglia di serenità.

Che costoro possano scoprire quanta amicizia sodale il severo esercizio autoanalitico, così tacciato di egolatria, può donare a chi lo coltivi insieme ad altri.

Che i racconti interiori interpretino, giorno per giorno, una condizione umana, un destino da accettare ed esprimere.

Che lo scrivere non plachi mai un’onesta passione di esistere senza ritegno, nelle sublimi solitudini di chi ne cerca la voce.

 

Estratto dallo studio che sto facendo sulla psicoanalisi con Duccio Demetrio.
Io ritratta dal fotografo Davide Petronzio

365 giorni, Libroarbitrio

DIARIO INTERIORE di SARA TEODORI

Giorno 24/08/2018

Sara Teodori - Fotografia di Sara Teodori

Peter Pan, l’Ombra e la Malattia

Vi ricordate di Peter Pan, quel buffo ragazzino che viveva sull’isola che non c’è, combatteva pirati e aveva un seguito di bimbi sperduti a coprirgli le spalle?

Quel buffo ragazzino aveva anche un’altra caratteristica:
cercava disperatamente la sua ombra.

Ma cosa rappresentava davvero l’ombra per Peter Pan?
(Pan dal Dio Pan, dio della natura istintuale e selvaggia, ma questa è un’altra storia)
.
È una domanda che dovremmo porci, perché è una questione che ci riguarda direttamente.

Cos’è l’ombra e perché è così importante?

Carl Gustav Jung la definiva come la somma di tutte le realtà rifiutate, quelle che l’uomo non vede o non vuol vedere e che rimangono quindi inconsce. Ma dov’è il pericolo in questo non vedere?
Il pericolo è che non riconoscendo l’ombra, quindi il negativo, l’inferiore, il “male” in noi, lo proiettiamo all’esterno, sugli altri, vincolando noi stessi in uno status di luce perfetta e il resto del mondo in tutto ciò che non ci piace, con il risultato di creare divisione e dualità.

Secondo questo principio
ciò che ci infastidisce del fuori
è ciò che ci infastidisce del dentro.

Attribuiamo all’ombra tutto quello che non ci piace del mondo senza capire che l’ombra è tutto ciò di cui ha bisogno il nostro mondo interiore per sanarsi.
Ed è qui che arriviamo al rapporto dell’ombra con la malattia.

Cos’è la malattia?
La malattia è un alleato. La malattia è il Lucifero che porta la luce nell’ombra.
La malattia ha questo scopo: farci integrare la nostra ombra, riportarci ad un sano stadio di unità, uscendo dalla dualità.

Ed ecco che i sintomi non sono altro che sveglie, sono il grillo parlante che vuole farci arrivare dritti a scuola, sono amici che a volte sussurrano e a volte gridano nelle orecchie che è tempo di guardare dentro, di accettare quell’ombra dentro di noi e di smetterla di vedere la pagliuzza nell’occhio dell’altro.

Ma quanto è più semplice guardare quella pagliuzza nell’altro? Giudicarla, deriderla e gongolarsi della propria perfezione? È più semplice sì, ma se pensiamo a quanta attenzione e quanta energia spendiamo nello spingere quest’ombra al di fuori, nel combatterla, nel fargli una guerra!
Non sarebbe molto più semplice aprirle le porte e lasciarla entrare?
Lasciare che diventi cosciente e non abbia più bisogno di farci ammalare per farci capire chi siamo?
La malattia ci rende onesti, materializza attraverso i sintomi quelle parti che a tutti i costi neghiamo. E se continuiamo a negare alzerà il tiro, sempre di più. Vale lo stesso per gli incidenti e le situazioni in cui ci ritroviamo nostro malgrado. Quando ci ritroviamo a dire, ma perché proprio a me? Perché mi è accaduta questa cosa? Perché ho incontrato questa persona? Cosa ho fatto di male per meritarmi questo? E’ proprio in questi casi che dovete gioire e ringraziare! Avete la possibilità di osservare tutto ciò che vi manca, avete la possibilità di evolvere!

 E la risposta giusta è :
“E’ successo a me perché doveva succedere proprio a me!”

Tornando a Peter Pan. Se vi ricordate lui cercava la sua ombra, voleva a tutti i costi rincollarla a sé per poter finalmente tornare a volare. E forse è proprio quello che dovremmo fare tutti, perché siamo tutti malati, anche chi non crede di esserlo, poiché siamo duali e siamo tutti incompleti.

E allora su,
prendiamo un po’ di ago e filo e rincolliamoci l’ombra! Farà male all’inizio, ma ne varrà la pena.

 

Testo e fotografie,
dal DIARIO INTERIORE
di Sara Teodori

 

Rubrica online
creata e diretta da Libroarbitrio DuediRipicca #2dR

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DIARIO INTERIORE di SARA TEODORI

Giorno 18/05/2018


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SULLA PERSONALITA’- GIOCANDO A THE SIMS

In questo momento sto riflettendo sulla personalita’, quell’insieme di cose acquisite, modificate, affinate che chiamiamo “me”, ma che in realtà nulla ha a che fare con la nostra vera essenza. Quando dico sono Sara, sono una fotografa, sono sensibile, sono spirituale, sono un’artista e via dicendo, non sto davvero parlando di me. Sto semplicemente elencando una serie di caratteristiche che rappresentano me in rapporto all’esterno. Sto semplicemente elencando una serie di caratteristiche acquisite negli anni, con grande impegno e con molta cura. E già perché non è mica un lavoro da niente costruirsi una personalità, e soprattutto una personalità che possa risultare vincente e perfetta sotto l’occhio vigile della società.

Il guaio è che dopo tanto impegno e tanta cura nel crearci questo avatar, nemmeno noi siamo più in grado di discernerlo dalla vera essenza. 

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La personalità è un fedele compagno, uno scudo, una grande difesa. E’ come andare in giro con un Sim che gioca al posto nostro ma necessita ogni giorno di upgrade. E noi siamo bravissimi a procurargliene. Lauree, corsi, seminari, cure estetiche, tecnologie all’ultima moda, per quanto riguarda il livello materiale. Ma tutti oggi necessitiamo anche di upgrade per personalità dell’ultimo millennio, e quindi via libera a workshop per diventare curatori andini in 3 giorni, residenziali per diventare sacerdotesse del vento e coaching di PNL per imparare a manipolare il prossimo. Si perché non ci basta manipolare noi stessi H24, abbiamo anche bisogno di manipolare il Sim di qualcun altro!
Come se non bastasse tutto questo c’è anche il problema della multiproprietà.

Perché la personalità non è mica UNO. C’è un intero villaggio dentro di noi!


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Tanti piccoli io con le loro caratteristiche, i loro gusti e le loro necessità. Ah! E chiaramente vogliono tutti degli upgrade, a parte gli io depressi e gli apatici.

Il lavoro che sto cercando di fare su me stessa in questo momento è: osservare e prendere appunti.


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Come osservatore esterno mi sembra tutto così assurdo. Sentire la mia voce cambiare, le mie mani muoversi in modi diversi, il mio corpo contrarsi o rilassarsi…tutto a seconda della situazione in cui mi trovo e della persona che ho davanti. E mi accorgo che ogni Sim ha una certa ritualistica nell’affrontare le cose. Tutto così automatico, tutto così veloce che solo un occhio vigile può accorgersi del cambiamento. Ma il cambiamento c’è ed è reale, palpabile e con il tempo e l’allenamento diventa sempre più facile accorgersi dei cambi di testimone. E diventa semplice anche osservarli negli altri.

Una cosa che mi sta aiutando molto è scrivere le descrizioni di questi “me”, dare loro un nome, scrivere come amano vestirsi, cosa gli piace mangiare, cosa amano fare e quali sono le loro caratteristiche principali. Ma soprattutto quando vanno in scena, in quali situazioni, con quali persone, eccetera.
E’ un esercizio molto utile che permette di mettere a fuoco e rendere ancora più veloce il riconoscimento del giocatore in campo.
Bene…ora che la città è costruita posso rilassarmi e ignorare le grida degli affamati e rabbiosi Sims.
Ora voglio solo vedere che succede se non gli do più da mangiare, se non gli compro la macchina nuova e se non li iscrivo in palestra.

Osservo e aspetto la rivolta. O tutt’al più CTRL-ALT-CANC!

 

Testo e fotografie,
dal DIARIO INTERIORE
di Sara Teodori

365 giorni, Libroarbitrio

DIARIO INTERIORE di SARA TEODORI

Giorno 24/4/2018


In questo momento sto lavorando sulle parti di me.
Quello che sono arrivata a capire fino ad oggi è che l’essere umano ha un SE’ superiore ed infiniti piccoli IO, che cercano di prendere il dominio, non appena ne hanno l’occasione.
Prima cosa decido di lavorare sull’osservazione di queste parti, e sulla messa a fuoco delle loro caratteristiche.
Ho quindi iniziato un lavoro fotografico-terapeutico utilizzando come soggetto le bambole.

 

Attacco su ogni bambola delle targhette che rappresentano parti di me, facendo un grande lavoro di introspezione.

 

Una volta fatto questo, mi lascio guidare dall’istinto, cerco il posto e la posa giusti, e le parti che rappresenta della bambola. Dopo di che la fotografo.

 

La guardo ancora un po’, le stacco le targhette e la fotografo ancora. Quando sento che è il momento, prendo la bambola, la stringo forte a me e poi la metto via.

 

Ieri ho fotografato la bambola ballerina con attaccato su le parole: BAMBINA, PERFETTA, INSICURA.
E ne ho tratto una grande consapevolezza.
Quando ero bambina praticavo la danza classica e ricordo che durante un saggio accadde qualcosa di apparentemente banale ma molto importante per la formazione di una o più parti di me: un paio di bambine sbagliarono un passaggio della coreografia, rischiando di mandare all’aria tutto lo spettacolo. Io recuperai il loro errore e feci in modo che lo spettacolo andasse avanti senza intoppi (avevamo 6 anni circa!). In camerino ricevetti tantissimi complimenti, al contrario delle bambine che avevano sbagliato e che se ne stavano in un angolo, bistrattate e con le loro mamme che mi guardavano neanche fossi il diavolo. Cosa appresi da quella situazione? Che devi sempre essere perfetta, che non puoi sbagliare, perché se sbagli sei relegata in un angolo e tua madre sarà invidiosa della figlia di qualcun altro.
Contemporaneamente imparai che se sei perfetta sei invidiata e non è una bella sensazione essere invidiati. Così nacque una parte di me con manie di perfezionismo e una parte di me con un’insicurezza profonda e ben radicata. Forse il mio primo incontro con l’ansia nacque proprio lì. Come si può essere insicure e perfette allo stesso tempo? Non si può, si diventa duali.

 

Per tutta la vita ho sempre voluto essere due cose.

 

Ho sempre voluto stare a casa e uscire. Ho sempre voluto stare in compagnia degli amici e stare da sola. Ho sempre voluto la coperta di cashmere e la grande avventura. Forse è per questo che non riesco a trovare la mia vera strada, perché ne voglio sempre una di troppo, in completo contrasto. Forse devo solo scegliere. Ma come scegliere qualcosa di giusto per te se non sai cosa è te? Se sei scisso in migliaia di piccoli te che chiedono di salire al timone, uno dopo l’altro? Bisogna soddisfarli tutti? Prima o poi finiranno? Oppure se ne creeranno sempre di nuovi? Probabile. E allora che fare? Torniamo al punto di capire chi siamo, oltre le dualità, oltre le parti di noi, oltre i meccanismi, oltre i traumi, oltre le mancanze. Cominciamo a togliere qualche strato allora. Cominciamo ad osservarle queste parti, a dare loro un nome, a conoscere i loro gusti, cosa preferiscono e quando hanno bisogno di andare in scena. Credo che dopo un attento e coscienzioso lavoro, saremmo in grado pian piano non solo di riconoscerle immediatamente queste parti ma anche di decidere se possono salire sul palco oppure no. Mi mette infinita tristezza pensare che quando ci facciamo dominare dalle parti di noi diventiamo automi che rispondono a meccanismi e ordini continui. E per questo mi chiedo, non sono anche le relazioni tra esseri umani in realtà stupide relazioni tra automi? Se ciò che mi lega ad un’altra persona è probabilmente un’infinità di combinazioni di parti, specchi e meccanismi che combaciano o si respingono, come può esistere una relazione basata sull’incontro dei veri sé? Soprattutto se nemmeno noi abbiamo una vera relazione con il nostro vero sé. Forse i più fortunati hanno ottenuto una colazione o un brunch con il loro SE’ superiore, ma per il resto della ciurma sono solo attimi, e anche sporadici.
Spesso mi accorgo solo dopo ore e ore che il mio collo è completamente contratto, che la mia pancia è tirata indentro come se fossi un obeso al mare, che ho mangiato un pezzo di pizza buonissimo e che me lo sono perso.

 

La cosa più importante per l’essere umano è cercare di riconnettersi sempre di più al proprio vero SE’, esserci, esserci davvero e non farsi dominare e guidare da qualcos’altro!

 

Siamo addormentati, ipnotizzati, narcotizzati per quasi tutto il tempo. Riceviamo punture di sedativo da ogni parte di noi, costantemente.
Come schizofrenici inconsapevoli ci lasciamo dominare senza nemmeno rendercene conto.
È il momento di riprendere il timone, spiegare le vele e partire per un grande viaggio, l’unico viaggio che ha davvero importanza. Il viaggio verso la scoperta di noi.

Testo e fotografie,
dal DIARIO INTERIORE
di Sara Teodori

 

365 giorni, Libroarbitrio

c’è silenzio e silenzio – L.L.

Bradford J. Salamon

Aveva smesso di parlare.
Aveva bisogno di tranquillità, di pace.
Per far riposare la mente, il cuore, le gambe,
calmare le ansie del caos dal chiasso opprimente ed ossessivo,
e ritrovare dentro di sé ciò ch’era fuori di sé .
Voleva star bene e aveva deciso di guarire col silenzio,
ma quello buono,
che fa zittire il fischio nelle orecchie,
il pianto dagli occhi,
il tremore delle mani.
Aveva smesso di parlare per questo,
per medicarsi.

365 giorni, Libroarbitrio

“La figlia della tigre” T.L.Hayden

Katerina-Plotnikova- Tigre

Ciao, disse allegramente.
Ciao. Che cosa ci fai qui? domandai.
Ho cercato il tuo indirizzo sull’elenco telefonico, ma lì non ci sei ancora, così ho chiamato l’ufficio informazioni abbonati, rispose. Posso entrare?
Non dovrebbero darlo, l’indirizzo, ribattei.
No, lo so, ma se fai finta di averlo già e dici per esempio: Hayden di Maple Avenue, loro ti dicono sempre, no, e ti danno l’indirizzo giusto. O una parte, almeno. Poi riagganci, provi con qualcun altro e poi usi quello che hai saputo per sapere il resto. Funziona sempre.
Guardò alle mie spalle.
Posso entrare?
Entrò senza aspettare risposta. Sorridendo, guardò le pareti del mio appartamento.
Però, è proprio bello, qui. Mi piace molto come hai sistemato questo posto.
Si lasciò cadere su una sedia.
Sono venuta qui perché ho pensato che magari potremmo parlare.
Non volevo farla sentire sgradita, ma non mi ero proprio aspettata una sua visita. E per un attimo mi lasciò interdetta.
Cerchi sempre di parlarmi, in macchina, quando mi porti a Fenton Boulevard, disse, ma c’è troppo poco tempo. So che il viaggio finirà presto e non riesco mai ad organizzarmi le idee abbastanza velocemente. Stasera non avevo niente da fare così ho pensato di venire qui a parlare.

365 giorni, Libroarbitrio

“Viaggi nell’universo dell’anima” Albert Hofmann

L'ora del tè

Un’insolita trasformazione del mondo esterno fu il primo segnale che si manifestò dopo trenta minuti dall’ingestione dei funghi. Ogni cosa cominciò ad assumere un’impronta messicana. Poiché ero consapevole che l’origine geografica dei funghi mi avrebbe sollecitato a immaginare solo scenari messicani, mi proposi di osservare la realtà esterna nella sua configurazione abituale. Nondimeno, tutti gli sforzi volontari tendenti a inquadrare le cose nella loro forma familiare si mostrarono inefficaci. Sia che i miei occhi fossero chiusi o aperti, potevo scorgere soltanto motivi e colori messicani. Il medico che controllava l’esperimento si chinò su di me per rilevare la pressione sanguigna, e in quel momento vidi un sacerdote azteco, e non mi sarei sorpreso affatto se avesse tirato fuori un coltello di ossidiana…

365 giorni, Libroarbitrio

” Il lato oscuro del cuore” Corrado Augias

“Deborah adesso non si limitava più a pulire il pavimento e a rigovernare le tazzine. Si muoveva con disinvoltura alla macchina dell’espresso, aveva imparato le infinite varianti delle capricciose preferenze dei clienti in fatto di caffè: lungo, corto, macchiato, schiumato, bollente, tiepido, al vetro, in tazza grande, perfino americano ristretto, puro paradosso se preso alla lettera.
Come diceva Roberto, facendo un po’ il verso a De Gaulle, non si può governare un Paese dove esistono decine di varietà differenti di caffè.”