365 giorni, Libroarbitrio

“Gli uomini sono lo scherno degli angeli” Geoffrey Hill

Umanità

Certi giorni un’ombra filtrata
Osservo una lumaca
Scalare il lucente strapiombo
Della sua bava. Le grida,
Come arrivano, sono mie; poi
Di Dio: mia la giustizia, le ferite, l’amore,
La luce, il pane, la lordura.

Starmene qui nella mia strana
Carne mentre il Tormento satollo
Dorme, macchiato dal cibo pronto,
E’ una gioia che va oltre ogni preoccupazione
Del mondo, per una volta.
Ma ci viene ordinato di
Alzarci quando, in silenzio,
vorrei comporre la mia voce.

365 giorni, Libroarbitrio

L’Antidoto V.K & J.T

Carrareccia

Vincent hai appena infranto tutte le regole. Non interagire con nessuno, non..

 Conosco le regole le ho stabilite io ok. Sono passati anni comincio a sentirmi in prigione qui.

In quale prigione c’è uno schermo piatto e una Xbox e, se davvero vuoi tornare libero, per quale ragione hai smesso di prendere l’antidoto?

Vuoi sapere perché? Qual’è la definizione di follia J.T.?
Fare continuamente la stessa cosa e ogni volta aspettarsi un risultato differente, ecco perché!
E questo è tutto J.T.
Questa è la mia vita.

Ok. ok. Dico solo che. Se quelli iniziano a farsi delle domande, e peggio, se lui ti crede vivo, siamo entrambi morti, e non intendo morti su un pezzo di carta, ma morti nel senso, morti davvero.

365 giorni, Libroarbitrio

Charles Bukowski per Carl Weissner “Il Brocco” tratto da conversazioni su di un’alata creatura

Bukowski

lei non fa per te, amico,
non è il tuo tipo
l’hanno annientata
l’hanno consumata
ha preso tutte le abitudini
sbagliate,
mi disse
tra una corsa e l’altra.

scommetterò sul cavallo
numero 4, gli dissi
be’, solo che mi
piacerebbe farle
risalire la corrente
puoi pure dire, salvarla.

non puoi salvarla, disse,
hai 55 anni, non hai il modo di fare.
scommetterò sul cavallo numero 6.
non sarai tu a
salvarla.

chi può salvarla? chiesi.
non credo che il 6 abbia delle
possibilità, mi piace il 4.

quella ha bisogno di qualcuno che la sbatta
al muro, disse,
che la prenda a calci in culo, le piacerebbe
un mondo. se ne starebbe a casa a
lavare i piatti.
il 6 ha delle buone
possibilità di vincere.

non sono bravo a picchiare le donne,
dissi.

scordatela allora, mi disse.

è dura, dissi.

si alzò e scommise sul 6
e io mi alzai e scommisi sul 4.
vinse il 5
per 3 lunghezze
dato 15 a 1.

ha i capelli rossi
come i fulmini del cielo,
dissi.

scordatela, mi disse.

stracciammo le ricevute
e fissammo il laghetto
al centro della pista.

sarebbe stato
un lungo pomeriggio
per tutti e due.

 

365 giorni, Libroarbitrio

Cesare Pavese “Semplicità”

Roma 8 dicembre 2013

Cesare Pavese

L’uomo solo – che è stato in prigione – ritorna in prigione.
ogni volta che morde in un pezzo di pane.
In prigione sognava le lepri che fuggono
sul terriccio invernale. Nella nebbia d’inverno
l’uomo vive tra muri di strade, bevendo
acqua fredda e morendo in un pezzo di pane.

Uno crede che dopo rinasca la vita,
che il respiro si calmi, che ritorni l’inverno
con l’odore del vino nella calda osteria,
e il buon fuoco, la stalla, e le cene. Uno crede,
fin che è dentro uno crede. Si esce fuori una sera,
e le lepri le han prese e le mangiano il caldo
gli altri, allegri. Bisogna guardarli dai vetri.

L’uomo solo osa entrare per bere un bicchiere
quando proprio si gela, e contempla il suo vino:
il colore fumoso, il sapore pesante.
Morde il pezzo di pane, che sapeva di lepre
in prigione, ma adesso non sa più di pane
né di nulla. E anche il vino non sa che di nebbia.

L’uomo solo ripensa a quei campi, contento
di saperli già arati. Nella sala deserta
sottovoce, si prova a cantare. Rivede
lungo l’argine il ciuffo di rovi spogliati
che in agosto fu verde. Dà un fischio alla cagna.
E compare la lepre e non hanno più freddo.

da Poesie edite e inedite, Einaudi, Torino

Uno dei problemi che maggiormente tormentarono Cesare Pavese fu quello della solitudine dell’uomo la quale sarebbe disperata se non fosse attenuata dai sogni che ci concedono l’evasioni. E il protagonista di questa poesia trova appunto nel sogno il rifugio e la consolazione della sua esistenza che è stata buia nel carcere ed è buia nella libertà. Anzi, quando era rinchiuso, se mordeva un pezzo di pane, sognava campi arati liberi e spaziosi, un casolare caldo, un bicchiere di vino sulla tavola; il pane stesso assumeva il sapore della carne di lepre. Ora che  è libero e potrebbe vedere avverate le sue speranze, si accorge che le cose nella realtà sono più lontane che nel sogno. Soltanto il vino, che al primo assaggio “non sa che di nebbia”, può far nascere di nuovo, come per miracolo, le fantasie e le illusioni necessarie a infondere la forza di vivere.

Buona domenica
A domani
Lié Larousse