Così,
magia di melodia
e scacciare
via,
via
i mostri un sacchissimo cattivi
e brutti tanto
a me e a Eva.
L.L.
365 giorni
Roma 1 ottobre 2013
” Da qualche anno, nella lontananza, la città mi appare in una gessosa e abbagliante luce di cataclisma, come nelle catastrofiche profezie del Barocco, scaturite dall’amarezza per il tracollo della Montagna Bianca. Mi riaffiorano in mente i pronostici delle Sibille che, nelle leggende boeme, antiveggono la trasformazione di Praga in un desolato viluppo di fango, sterpaglia e macerie, brulicante di rettili e di sozzissimi diavoli. Ma tutto questo è delirio, nebbia di un’invettiva malata, robaccia da untori. Perché, come il poeta Karel Toman afferma, “l’unica legge è germogliare e crescere, – crescere nella tempesta e nelle intemperie – a dispetto di tutto “. E dunque: alla malora gli aruspici e le puttanesche sibille. Non avrà fine la fascinazione, la vita di Praga. Svaniranno in un baratro i persecutori, i monatti. Ed io forse vi ritornerò. Certo vi ritornerò. In una bettola di Mala Strana, ombre della mia giovinezza, stappate una bottiglia di Melnìk. Andrò a Praga , al cabaret Viola, a recitare i miei versi. Vi porterò i miei nipoti, i miei figli, le donne che ho amato, i miei amici, i miei genitori risorti, tutti i miei morti. Praga, non ci daremo per vinti. Fatti forza, resisti. Non ci resta altro che percorrere insieme il lunghissimo, chapliniano cammino della speranza.”
Angelo Maria Ripellino, Praga magica, Einaudi 1973
La produzione poetica di Ripellino è di ispirazione autobiografica e usa un linguaggio apparentemente colloquiale, ma ricercato, prezioso di invenzioni metaforiche.
Affascinante per la ricostruzione di atmosfere misteriose e ricco di interesse storico e culturale, il volume in prosa Praga magica racconta un viaggio introspettivo, tra splendori e ombre, nella Praga ricca di fermenti culturali precedente il crollo dell’impero asburgico.
Angelo Maria Ripellino è morto a Roma nel 1978.
A domani
LL
Punta Ala 17 agosto 2013
Franz Kafka nacque a Praga nel 1883 da una famiglia ebrea di lingua tedesca.
In quegli anni a Praga, seconda città dell’Impero austro-ungarico dopo Vienna, confluivano cultura ceca, ebraica, e tedesca e la rendevano inquieta, viva, aperta alle avanguardie e allo stesso tempo fedele custode delle tradizioni degli ebrei dell’Est, della loro lingua, lo yiddish, dello studio dei testi sacri.
Due diversi modelli di ebraismo presiedettero alla formazione di Kafk: quello aperto , teso al benessere e alla promozione sociale, proposto dal padre commerciante e quello religioso strettamente ortodosso della madre.
Ma egli si sentì sempre sostanzialmente estraneo a entrambi e addirittura in conflitto con quello paterno.
Il rapporto difficilissimo che Kafka ebbe con suo padre, e che ossessivamente ritorna nei suoi scritti, alimentò in lui la convinzione della propria debolezza, del disadattamento alla vita di cui si sentiva vittima.
Si laureò in legge e, venticinquenne, s’impegnò in una compagnia di assicurazioni, dove rimase fino al 1920, quando l’aggravarsi della tubercolosi di cui soffriva lo costrinse a curarsi lontano da Praga.
Questa esperienza di lavoro impiegatizio contribuì alla nascita di un altro dei temi fondamentali della sua narrativa: la condizione esistenziale dell’uomo moderno, imprigionato in un labirinto di regole senza via d’uscita di cui non conoscerà mai il senso, non possedendone la chiave interpretativa.
Un inesorabile senso di colpa legato al fatto stesso di esistere – al quale sono state attribuite molte interpretazioni, fra cui il presentimento dell’imminente persecuzione nazista e la catastrofe della guerra- conduce l’essere umano all’espiazione,senza che possa mai conoscere le ragioni della pena che deve scontare.
La rappresentazione della realtà, nell’opera di Kafka, diventa allucinata e metaforica, mentre i dati materiali diventano simboli di una realtà ben più estesa, quella della psiche umana.
L’uomo contemporaneo presagisce la fine di un mondo, dei suoi valori, delle sue certezze.
Per Kafka, decifrare la realtà è una pretesa impossibile, l’uomo è smarrito, torturato dalle sue incapacità, ed ecco che il racconto perde la sua trama definita, rimane in sospeso, senza una conclusione che consegni al lettore il senso logico della vicenda.
Il rispetto scrupoloso dell’ordine cronologico dei fatti, tipico delle opere naturalistiche e veriste è infranto, il tempo diventa soggettivo e relativo, i fatti seguono l’ordine di importanza che il narratore attribuisce loro, assolutamente liberi di accadere al di là del limite della comprensione umana.
Franz Kafka morì nel sanatorio di Kierling, vicino a Vienna, nel 1924.
A domani
LL
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.