365 giorni, Libroarbitrio

100 anni di BUKOWSKI – I nostri auguri con la poesia di Gianluca Pavia

Charles Bukowski

Una vita a rincorrere Bukowski

poi realizzi che

il Campari ti manda in pezzi

e non sono schiaffi e cazzotti

ma le carezze

a renderci più forti.

Una vita a combattere

pensiero unico ed omologazione

l’editoria Nazionalpopolare

fianco a fianco, gomito a gomito

con chi legge

recita, scimmiotta

s’improvvisa Bukowski

poi, in libreria

tira più un pelo d’influencer.

Una vita disordinata, incasinata

pulp fino al midollo,

sempre al bancone

ma senza compagni di sbronze,

a “ scrivo poesie per portarmi a letto le ragazze “

no, non è vero,

una vita sempre senza una donna

ma innamorato di tutte,

senza un soldo

ma sempre con in mano un bicchiere

vuoto,

ma con luce e angolazione giuste,

sempre mezzo pieno.

Un vita a rincorrere Bukowski

poi realizzi che

aveva ragione Santa Mamma:

non guardare quei film

non ascoltare quella musica

non leggere quei libri

che poi

fai la fine di Bukowski.

Morire ricco a 74 anni?

Beh,

non male come gran finale.

poesia BUKOWSKI di Gianluca Pavia
#duediripicca #liélarousse

365 giorni, Libroarbitrio

in frigo, ad aspettare – Lié Larousse

ramona-zordini

.ah! se fossi io
l’innamorata tua,
non starei a pensare
al letto da rifare
i piatti la spesa
la casa da rassettare,
il cellulare le applicazioni
e il selfie con le amiche da scattare,
né giacca cravatta
o abiti da operaio ti farei indossare,
e le ore poi perderle a contare
come meglio sarebbe
questo e quello impiegare,
ma me ne starei nel letto
tutto il giorno disfatto
a farci fare dall’amore
io di te tu
tu di me io
mentre gli avanzi degli avanzi
geneticamente mutano
in frigo
ad aspettare.

365 giorni, Libroarbitrio

Strano, geniale, scapigliato : Erik Joahn Stagnelius

Roma 27 luglio 2013

Vedi il mare? Giunge in corsa inquieta

e tende le smaniose braccia azzurre

e si stringe al petto la testa,

coronata da gigli, sotto le luci

nuziali del cielo immenso.

Guarda, arriva. Il cuore gonfio si erge

di desiderio, le braccia fremono.

Invano. Non esiste desiderio

sotto la luna cui sia concesso realizzarsi .

Anche la luna dura un istante.

Il mare affonda nella sua delusione,

e le onde sdegnose

fuggono la riva sospirando.

Senti? Sussurra il vento nel bosco

fra le alte cime dei pioppi.

Con il linguaggio crescente dei sospiri

grida, si strugge, implora

un corpo, per unirsi in matrimonio

a Flora, figlia dell’estate.

Ma le voci già svaniscono,

sull’arpa eolia delle fronde muore

l’eco, e il canto dei cigni.

da Il mistero dei sospiri di Erik Joahn Stagnelius

Il poeta svedese nacque nel 1793 nell’isola di Oland.

Non si hanno di lui notizie biografiche  precise, si sa solo che, malfermo di salute, condusse una vita solitaria contrassegnata dall’abuso di alcool ed oppio.

Dai letterati del tempo fu definito ” strano, geniale, scapigliato”.

Morì a Stoccolma nel 1823.

Importante figura del Romanticismo svedese, Stagnelius, lasciò  alcune opere teatrali e una vasta produzione di poesia epica e lirica.

Affine a Shelley, Novalis, Baudelaire, tra gli ultimi bagliori  del neoclassicismo e le anticipazioni del Decadentismo, raggiunse il vertice della sua aspirazione con le liriche di Gigli di Saron, in questa raccolta affiorano slanci ascetici e turbamenti sensuali, si intrecciano pensieri celesti e terreni, si contrastano erotismo e platonismo in un insieme di ansie, struggimenti ed estasi, come erge anche dalla lirica di questa pagina.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

La poesia epica in volgare

Roma 20 gennaio 2013

Le canzoni di gesta

Immagine

Un notevole impulso allo sviluppo della letteratura volgare diedero, soprattutto nel momento di crescita dell’organizzazione degli studi che si sviluppò nei secoli XI e XII, i centri del potere politico dell’Europa occidentale. Accanto alla corte imperiale e alle corti reali, numerose corti si formarono intorno ai feudatari, che rappresentano dal secolo IX in poi gli effettivi detentori del potere civile, militare ed economico.

Il sistema feudale attraversava in verità fra i secoli XI e XII un momento di cresi, o meglio di profonda trasformazione. Il potenziamento della nobiltà feudale a seguito della debolezza delle autorità ( l’imperatore di Germania e il re di Francia) che avrebbero dovuto garantire l’unità del sistema, favorì lo sviluppo delle corti, che dovevano essere segno di prestigio e di potenza. S’infrange il limite tradizionale che caratterizzava la figura del feudatario e il suo seguito, e cioè la funzione guerresca e politica, e la corte si apre alle novità della cultura elaborata nei centri scolastici, al gusto della poesia volgare, che aveva trovato fortuna e diffusione in seguito al moltiplicarsi di fenomeni commerciali e di costume, fra cui ebbero grande importanza le fiere e i pellegrinaggi. La corte accolse chierici e giullari, che divennero elementi essenziali di quella società cortigiana, che fu protagonista di una vera e propria civiltà, la civiltà cortese, destinata a far sentire la sua presenza come modello ideale al di là dei limiti storici del feudalesimo.

Dove questo fenomeno  si verificò prima che altrove ed in misura più vistosa fu nella regione francese nella quale si erano costituiti grandi e potenti feudi. Dal punto di vista linguistico si sogliono distinguere in essa due aree, quella settentrionale, con al centro Parigi, dove si parlava la lingua d’oil, e quella meridionale corrispondente alla Provenza, dove si parlava la lingua d’oc. I volgari erano infatti indicati attraverso la parola che designava in ciascuno di essi l’affermazione, la lingua del sì il volgare italico.

Lo sviluppo in senso culturale delle corti portò il volgare francese e provenzale all’avanguardia nell’ambito della nuova letteratura dell’ Occidente neolatino.

Nella società feudale della Francia del Nord , nell’ambiente gallo-normanno, furono elaborate prevalentemente le Chansons de geste, la prima forma di epica in lingua volgare:  ne è il prototipo la Chanson de Roland, fondata sulla legenda di Carlo Magno e dei suoi paladini, che costituì il cosiddetto “ciclo carolingio”. l’elaborazione letteraria scritta della Chansons de Roland dovette avvenire negli ultimi decenni del secolo XI, anche se le testimonianze sono successive. Fra le numerose versioni, quella conservata nella Biblioteca di Oxford fu copiata da uno scriba anglo-normanno del secolo XII: il nome Turoldo, consegnato agli ultimi versi dell’opera, fu forse quello dell’autore, forse del compilatore, ma a lui la tradizione epica finì con l’attribuire ogni leggenda vecchia e nuova sulla storia di Carlo Magno.

A domani

LL