365 giorni, Libroarbitrio

“Ti condurrò fuori dalla notte” Giampaolo Pansa

Arlene Graston

Come le sembrava brutto, quell’uomo!
Brutto e abbastanza vecchio. Un magrone stagionato e rinsecchito, la fronte ossuta, le labbra avare.
Gli occhi no: erano di una persona triste, o sorpresa dal fotografo in un momento di malinconia, però possedevano un guizzo che l’attraeva, di determinazione e di dolcezza.
L’insieme le suggeriva un tipo abbastanza sicuro di sé, abituato a fare da solo, pratico. Ma anche alle prese con qualche pena segreta, immaginò lei, pur domandandosi se quest’ultima suggestione non le fosse dettata dal proprio stato d’animo, ossia dalla delusione disperata che l’assaliva in quegli istanti.
Nella sua casa di Parigi, Angela Mercier prese una lente d’ingrandimento e si chinò sulla pagina del “Corriere della Sera”, a scrutare con attenzione la fotografia dello sconosciuto. Ma da quello studio non ricavò nulla di nuovo. A parte una costatazione che riguardava lei: il suo cuore batteva sempre più svelto.
E le ordinava di piangere.

365 giorni, Libroarbitrio

“Il sabato del villaggio” Giacomo Leopardi

la bimba del bosco

La donzelletta vien dalla campagna
in sul calar del sole,
col suo fascio dell’erba; e reca in mano
un mazzolin di rose e viole,
onde, siccome suole, ornare ella si appresta
dimani, al dí di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando ai dí della festa ella si ornava,
ed ancor sana e snella
solea danzar la sera intra di quei
ch’ebbe compagni nell’età piú bella.
Già tutta l’aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre
giú da’ colli e da’ tetti,
al biancheggiar della recente luna.
Or la squilla dà segno
della festa che viene;
ed a quel suon diresti
che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
su la piazzuola in frotta,
e qua e là saltando,
fanno un lieto romore;
e intanto riede alla sua parca mensa,
fischiando, il zappatore,
e seco pensa al dí del suo riposo.

Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
e tutto l’altro tace,
odi il martel picchiare, odi la sega
del legnaiuol, che veglia
nella chiusa bottega alla lucerna,
e s’affretta, e s’adopra
di fornir l’opra anzi al chiarir dell’alba.(…)

365 giorni, Libroarbitrio

Nymphaea Alba

Nymphaea alba

Sogni allucinazioni di persona semplice

Sogni l’anima del tormento  in quanto vitalità maniacale

Sogni l’osservanza della spontaneità delle paranoie emozionali isteriche

Sogni assassinare la mente dal volere inconscio

Sogni l’improvvisazione di un’idea

Sogni  l’associazione dell’ Io al Tu che vorresti essere

Sogni l’arroganza della proprietà della carne

Sogni regole da importi e subito da infrangere

Sogni la cura

Sogni neri angeli di vapore dalle ali d’etere

Sogni ricordi persi e ritrovati e poi di nuovo volutamente persi

Sogni la realtà sincera dell’amore

Sogni  gli istinti del Sognatore

Sogni l’autoconservazione del cuore

Sogni i giardini degli illuminati

Sogni sentieri d’inchiostro

Sogni deliranti bizzarrie

Sogni la benevolenza della fobia compulsiva ossessiva

Sogni la nascita sconfinata dei sistemi diagnostici

Sogni la tenacia del pane caldo
del formaggio reso piccante dal tempo
del burro salato del miele del bicchiere di vino
e il bicchiere è quello della nonna di quando la vita era semplice sacrificio quotidiano del vivere
e il vino è quello acquistato dal Vini e Oli dalla bontà acida e pastosa
nero non rosso
senza fronzoli e assaggi
con la schiuma rosa in pizzo alla bocca del fiasco verde smeraldo
e nel tornare memore d’ogni odore
credi d’avere un tesoro tra le mani della ragione

Sogni  la bambina sirena del bosco

Sogni  Nymphaea Alba…

L.L.

365 giorni, Libroarbitrio

L’ironia di Alessandro Manzoni

Roma 22 maggio 2013

Oggi 22 maggio ricorre la sua morte 

A Brusuglio, otto chilometri dal Duomo di Milano, c’è la Villa Manzoni residenza estiva dello scrittore.

Nel parco, una montagnetta con in cima una pergola. E’ terra di riporto da uno scavo ordinato dai Manzoni per deviare il Seveso, che lambisce la proprietà.

“Un rompicapo per i geologi del futuro”, ridacchiava Manzoni, ” che non sapranno che che dire della cosa, nella spianata padana…”.

E qui c’è già tutta la sua ironia. Un sentierino erboso porta alla vetta dell’altura. Oggi s’interpone la coltre dei palazzoni e delle fabbriche. Ma un tempo, guardando a est, si vedeva nel bel cielo di Lombardia il frastaglio del Resegone.

E’ l’amato lecchese, con il Caleotto, la casa della sua infanzia, e il seme del romanzo. Era là, sulla montagnetta, quando il 17 luglio 1821, il postino gli mise in mano la “Gazzetta di Milano” con la notizia della morte di Napoleone.

La culla dell’ “Ei fu”, l’incipit più scolpito.

Alessandro Manzoni nasce  a Milano nel 1785, da Giulia Beccaria, figlia di Cesare. Il legale è il cinquantenne Pietro Manzoni, patrizio lecchese.  Le voci indicano come padre carnale Giovanni Verri, già legato a Giulia prima del suo matrimonio.

Per due anni, Alessandro è a Melgrate, a balia. Nel 1792, i genitori si separano: dal 1795, Giulia convive con il nobiluomo Carlo Imbonati a Parigi, dove frequenta i salotti intellettuali alla moda.

Il ragazzo, formalmente, è affidato al padre, ma passa da un collegio all’altro. Ventenne , compone gli impeccabilisciolti del poemetto In morte di Carlo Imbonati, che già include propositi  fondanti: “Sentire e meditare…”, “Non fare tregua coi vili”, “Il santo Vero mai non tradir”.

Ha rapporti con Vincenzo Monti, conosce Foscolo, a Milano incontra patrioti e intellettuali in esilio. Divora le pagine di Parini e Alfieri. Si forma. Nel 1805, muore l’Imbonati, lasciando a Giulia tutti i beni, compreso Brusuglio.

Alessandro si ricongiunge alla madre, a Parigi, dove sperimenta ambienti culturali fervidi.

Nel 1808, a Milano sposa Enrichetta Blondel, con rito calvinista, secondo la fede di lei. La coppia vive a Parigi fino al 1810, anno del graduale passaggio dei coniugi alla religione cattolica. Ora il trio dimora tra Milano e Brusuglio. Gli anni scorrono tra nascite, e moti premature dei figli, creazione letteraria e l’attività di agricoltore, da Manzoni considerata primaria sotto il profilo economico.

Esperto in botanica, introduce nuove tecniche di coltivazione, pianta l’esotica robinia, ne intreccia due tronchi significando se stesso ed Enrichetta, vinifica dalle sue vigne, prepara estratti e decotti (ancora visibili le piccole bottiglie nella stanza da letto, a Brusuglio), tenta senza successo di coltivare caffè, raccoglie cotone e bachi da seta sui gelsi.

Nel 1833, giorno di Natale, muore Enrichetta, stremata dai parti e dai salassi. E’ sepolta a Bresuglio sotto la grande croce della lapide di famiglia, dove riposa anche Donna Giulia.

Manzoni è schivo, ossessionato da balbuzie, nevrosi che gli causano mancamenti, agorafobia, schizofrenia tra maniaco distacco e precetti di carità che lo spingono alla beneficenza verso i bisognosi: si narra che a Bresuglio regalasse dolciumi ai bambini, ma a distanza, dall’alto dei gradini d’ingresso della villa.

Nel 1589 riceve da Vittorio Emanuele II un vitalizio, che prelude all’elezione a senatore del regno.

Cavour e Garibaldi gli fanno visita.

Accetta la cittadinanza onoraria di Roma, ma nella capitale non porrà mai piede.

Muore il 22 maggio 1873, ucciso da un ematoma alla testa, dopo una caduta sui gradini della chiesa di San Fedele.

Verdi compone per lui la Messa da Requiem, eseguita nella chiesa milanese di San Marco e alla Scala.

A domani

LL

 

Spunto di lettura:
Testo di Ezio Savino
Poesia e vite di poeti
Editore Fondazione Poesia Onlus