Roma 13 agosto 2013
Giovanni Verga nacque a Catania nel 1840.
Dopo aver frequentato la scuola di don Antonio Abate, un fervente patriota, entrò nel corpo della Guardia Nazionale istituito dopo l’arrivo di Garibaldi in Sicilia e fondò varie riviste politiche e letterarie.
A venticinque anni volle uscire dal chiuso ambiente della provincia catanese e si trasferì prima a Firenze e poi a Milano.
Qui entrò in contatto con intellettuali e nobildonne e rappresentò questo ambiente in numerose opere narrative e teatrali.
Dal 1874 in poi Verga abbandonò le figure di artisti infelici e donne dell’alta società che popolavano i suoi primi romanzi per volgere la sua attenzione verso personaggi più umili.
La realtà della Sicilia contadina di fine Ottocento divenne quindi protagonista delle sue opere.
Vi rappresentò l’umile gente del popolo, contadini, braccianti, minatori, carrettieri, pescatori, rivelando l’abbrutimento della lotta per la sopravvivenza che li chiude in un destino disperato e senza scampo.
Emerge da queste opere una visione profondamente pessimistica della vita, dominata dalla consapevolezza che la natura, la società e la storia sono governate da leggi ingiuste e immutabili che schiacciano impietosamente i deboli e li relegano al ruolo di “vinti”.
Al cambiamento dei temi corrisponde un cambiamento del modello narrativo: la figura del narratore scompare per lasciar spazio a una rappresentazione assolutamente oggettiva.
I personaggi si raccontano da soli, parlano direttamente attraverso una prosa asciutta, ricca di espressioni dialettali con frequente uso del discorso indiretto libero, cioè riportato senza virgolette e senza venire introdotto da verbi come “dire” e “pensare”.
Lo scopo del Verga era quello di prestare il possibile aderente al reale, che doveva emergere dalla pagina con forza autonoma.
La narrativa del Verga fu assunta a modello di tutto un movimento letterario al quale fu assegnato il nome di Verismo che diede un contributo fondamentale alla fondazione della tradizione narrativa realistica italiana.
Dal 1893 in poi l’autore ritornò per periodi sempre più lunghi a Catania fino a soggiornarvi definitivamente.
Gran successo ebbero le opere: Storia di una capinera, Eros, I malavoglia, Mastro don Gesualdo, Novelle rusticane.
Morì nel 1922.
A domani
LL