365 giorni, Libroarbitrio

Robert Musil : il disordine come principio ordinatore

Roma 28 agosto 2013

Robert Musil scrittore

Robert Musil nacque a Klagenfurt (Austria) nel 1880 da una famiglia borghese benestante.

Il padre, docente al Politecnico di Brunn (oggi Brno), lo fece educare in un severo collegio militare, poi Robert ottenne di iscriversi al Politecnico dove si laureò in ingegneria.

Tra il 1902 e il 1903 fu assistente all’università di Stoccarda ; resosi conto del suo calo d’interesse nei confronti del mestiere di ingegnere , incominciò a scrivere.

Si trasferì a Berlino per intraprendere studi di psicologia e, nel 1908, prese la seconda laurea; da due anni era stato pubblicato con successo il suo primo romanzo.

Deciso a fare della letteratura la sua unica attività, dopo aver lavorato come bibliotecario, come pubblicista e, dopo la fine della prima guerra mondiale, come archivista presso il Ministero degli esteri, nel 1923 cominciò a dedicarsi esclusivamente al suo romanzo più importante, L’uomo senza qualità, vivendo grazie agli anticipi dell’editore e alle sovvenzioni degli amici.

Con l’avvento del nazismo abbondò la Germania con la moglie Martha, che era ebrea, e si stabilì prima a Vienna e poi in Svizzera, dove continuò a scrivere in povertà fino alla morte, avvenuta a Ginevra nel 1942.

L’opera di Musil segna un passo importante sulla strada del romanzo moderno.

Egli attua il superamento di due strutture narrative tradizionali che erano state i cardini del romanzo realista e naturalista dell’Ottocento: l’intreccio e il tempo cronologico.

La sequenza degli avvenimenti si riduce al minimo, la riflessione prevale sulla narrazione, al punto che il romanzo diventa un romanzo-saggio, con una forte prevalenza di interventi del narratore.

Alla trama viene a mancare il filo conduttore e non si stabiliscono  più i legami di tipo causale o temporale.

Tutto appare ordinato  e finalizzato solo in apparenza: in verità niente porta a niente e il caos in cui è immersa la realtà viene imitato nella disgregazione delle strutture narrative.

Nel romanzo i personaggi sono rappresentati dalla vecchia società austroungarica in pieno disfacimento alla vigilia della prima guerra mondiale , ma ancora legati ai tradizionali valori  di patria e dovere.

Essi perciò si muovono all’interno di schemi noti ma ormai vani e si agitano a vuoto senza perseguire alcun obiettivo, senza individuare alcuna meta possibile.

Da questa contraddizione nasce l’ironia, che finisce col travolgere anche la figura del narratore ormai privato della sua tradizionale onniscenza, in un mondo dominato dal caos, che rende relativa e provvisoria ogni certezza.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

L’ “Adone” di Giovan Battista Marino

Roma 3 aprile 2013

Dato il grande interesse che ha riscosso l’argomento di ieri sulla vita e le opere di Giovan Battista Marino, approfondiamo oggi la sua opera principale l’Adone.

Scritto in ottave, il poema trae spunto dalla vicenda mitologica di Venere e Adone. Il manoscritto narra di come Cupido, adirato con Venere per essere stato rapito, si vendica colpendola con una freccia che la fa innamorare di Adone, il giovane nato dall’unione incestuosa di Mirra con il padre.
Venere conduce Adone nel suo palazzo e lo avvia alla conoscenza dei sensi e a quella intellettuale.
I due amanti, susseguentemente, si sposano, ma Adone è costretto a fuggire per l’arrivo di Marte, geloso di Venere.
Quando, dopo lunghe peripezie, la dea e il giovane riescono a ricongiungersi , Adone muore a causa dell’aggressione di un cinghiale colpito da una freccia di Cupido. Venere trasforma il cuore dell’amato in un anemone, celebrando in modo grandioso il funerale e dando giochi in suo onore.

Marino amplia questa vicenda, inserendo digressioni narrative, che aggiungono storie, descrizioni, e nuovi racconti al mito.
Queste parti sono spesso legate tra loro da associazioni curiose e ardite, del tutto slegate dalla logica della narrazione.
In questo modo, Marino rompe, e si allontana, da quelle che sono le convenzioni del gusto rinascimentale.
Anche il tema, eroico e mitologico, si distanzia dalla storicità e dalla verosimiglianza, princìpi, solitamente raccomandati per il poema eroico, dalla precettistica cinquecentesca.

Ciò che è alla base di queste scelte è il gusto tipico dell’epoca Barocca che, accresciuto nello stile,  suscita anche nel Marino un approccio di richiesta di un interesse legato alla “meraviglia” che il lettore può scaturire dalla sua lettura, così come anche lo stupore, pertanto, l’Adone scatenerà nei contemporanei dell’epoca accesi dibattiti.

A domani

LL

 

365 giorni, Libroarbitrio

Fra cronaca e favola: la costruzione del Decameron IV

Roma 24 febbraio 2013

L’occasione tragica

La descrizione della peste fiorentina rappresenta la circostanza reale entro la quale si colloca la narrazione dei vari casi umani da parte dei giovani sfuggiti al disfacimento che ha coinvolto la città. Lo spettacolo dei tragici effetti della peste suggerisce al Boccaccio una serie d’immagini truci della vita civile sconvolta dal cataclisma dell’infermità, poste in un crescendo di orrore: dalla considerazione del dissolvimento dei legami fra  i cittadini, i parenti, i componenti del nucleo familiare che  si tengono lontani, si schivano per paura del contagio, alla vista dei corpi abbandonati e portati via da becchini improvvisati e prezzolati, alla scena allucinante delle bare che racchiudono intere famiglie e di lunghe processioni di bare. Perfino la riflessione di natura sociale sulla misera fine degli appartenenti alle classi più disagiate sembrerebbe dare al racconto una dimensione realistica, se tutto il Decameron non si rivelasse poi proprio come liberazione da quella eccezionale sofferenza. Anzi quello spettacolo iniziale assume uno strano sapore di fiaba, tanto si allontana dalla memoria di chi continua la lettura e si ritrova nel luogo incantevole dove si svolge effettivamente  la vita dei novellatori. Le pagine sulla peste vengono così dimenticate e superate. Il tragico spettacolo della peste è nel Boccaccio un pezzo di grande bravura letteraria, che introduce e fa risaltare la cornice idillica del Decameron, cioè un mondo di graziose bellezze naturali che è quello della poesia bucolica: l’immagine ricreativa della natura come luogo di lieto conversare, come immagine della serenità dello spirito e condizione ideale dell’arte.

A domani

LL