365 giorni, Libroarbitrio

“Panic Station” Muse

Non ti avvicinerai molto
finchè non sacrificherai tutto ciò che hai
Non arriverai ad assaggiarlo
se hai la faccia contro il muro

Alzati e impegnati
Mostra il potere intrappolato dentro di te
Fai quello che vuoi fare
E adesso sollevati e comincia

Oooh, 1, 2, 3, 4, hai il fuoco negli occhi
E questo caos sfida l’immaginazione
Oooh, 5, 6, 7, 8, meno 9 vite
Sei arrivato alla stazione del panico

I dubbi cercheranno di spezzarti
Scatena il tuo cuore e la tua anima
I problemi ti circonderanno
Inizia a prenderne il controllo

Sollevati e dai libero sfogo
alla tua fantasia più selvaggia
Fai quello che vuoi
Non c’è nessuno che ti placherà

Oooh, 1, 2, 3, 4, hai il fuoco negli occhi
E questo caos sfida l’immaginazione
Oooh, 5, 6, 7, 8, meno 9 vite
Sei arrivato alla stazione del panico

Oooh, 1, 2, 3, 4, hai il fuoco negli occhi
E questo caos sfida l’immaginazione
Oooh, 5, 6, 7, 8, meno 9 vite
Sei arrivato alla stazione del panico
E so che combatterai finché durerà

Oooh, 1, 2, 3, 4, hai il fuoco negli occhi
E sai che non so resistere alle tentazioni
Oooh, 5, 6, 7, 8, meno 9 vite
Sei arrivato alla stazione del panico

365 giorni, Libroarbitrio

La Poesia salva la vita

Roma 4 agosto 2013

Poesia

Muse, che tante volto ributtai,

importune correte a’ miei dolori,

per consolarmi sole ne’ miei guai

con tai versi, tai rime e tai furori,

con quali ad altri vi mostraste mai,

che de mirti si vantan ed allori…

Giordano Bruno

Le mie poesie portano un dolce profumo

come nell’aiuola tua preferita il giacinto.

Herman Hesse

E’ povero il mio dono, flebile la mia voce,

ma io vivo il mio essere sulla terra

 è di consolazione a qualcuno…

Evgenij  Baratynskij

Ti servono davvero le mie rime?

Ti danno coraggio e cibo nelle chiare

nelle scure tue solitudini preziose…?

Gerardo Diego

Rima, sonora compagna…

un tempo il tuo bel cinguettare

calmava l’anima mia,

la mia angoscia sapeva addormentare,

mi blandivi e vezzeggiavi,

lontano dal mondo mi portavi

in remote terre di magia.

Aleksandr Puskin

Le parole della poesia, come aboliscono

la morte desiderandola, così annullano

il dolore.

Toti Scialoja

A domani

LL

Spunto di lettura:
Antologia illustrata della poesia
Elvira Marinelli
Demetra Editore

365 giorni, Libroarbitrio

L’illuminismo tragico del Foscolo

Roma 7 maggio 2013

Foscolo nasce un’epoca di passaggio, fine Settecento ove sarà sempre esule, e segnato dall’illusione di riscatto, albori dell’Ottocento,  nonostante la tragicità relegata dalla sua origine, alla vita e alle opere.

Nel mutare degli orizzonti politici di un’Europa attraversata dalla tempesta napoleonica e sottoposta poi alla Restaurazione, nel vortice degli eventi di cui fu partecipe, egli vide il suo amor di patria dapprima vittima del trattato di Campoformio, che concesse Venezia al dominio austriaco , in seguito irreparabilmente offeso dalla consacrazione, nel 1815, di quello stesso dominio.

Ciò nonostante egli potè ritrovare sempre la sua vera patria. Dentro di sé. Questo concetto è ben descritto nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis ove anche se non si era in grado di lavare via il sangue, il riflesso di quel sorriso, il lampo di femmineo pudore di Teresa, sua protagonista, consolava il cuor.

Il carme Dei sepolcri, apparso a Brescia nel 1807, traccia intorno al motivo della tomba, simbolo concreto dell’apparente condanna dell’uomo alla dissoluzione ma anche della sua permanenza nella memoria, un affresco della storia umana e della condizione dei singoli: entrambe sempre oscillanti tra grandezza e miseria, tra slancio ideale e rovinose cadute.

Negli endecasillabi foscoliani la tragedia del destino umano, proteso al morire, risuona con la gravità austera e maestosa del canto attribuito alle Parche.  Questo canto, oscuro e dolente, fa vibrare il carme per il mistero dello scoprirsi, in quanto uomini, nudi e indifesi.

Un altro canto però risuona, subito dopo, non a rinnegare l’inno delle Parche, bensì a completarlo, quasi a farlo risplendere mentre lo rende sopportabile, ed è il canto delle Pimplèe: le Muse.

Le Muse che son bellezza cantano la bellezza.

Le Parche sillabano con lenti rintocchi un inevitabile morire.

Ma i versi delle Muse pulsano di un’eco iridata che risuona “oltre”: oltre il tempo, oltre la fine del mondo e delle cose. 

A domani

LL