365 giorni, Libroarbitrio

Francois-Marie Arouet. La lotta contro il fanatismo religioso e l’arroganza politica

Roma 9 maggio 2013

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Il Settecento Illuministico fu vissuto da grandi personaggi che oltre a studiare le lettere furono grandi scienziati dell’essere umano e delle sue innate doti comunicative, pertanto non possiamo non dedicare una pagina a Lui,  Francois-Marie Arouet, detto Voltaire.

Parigino di nascita, rientra nella sua patria dopo ventotto anni di assenza per ammirare la sua opera Irène nel 1778, la sua ultima commedia, in questa occasione non più giovane ma bensì ottantenne e con la fama di studioso delle scienze filosofiche, viene applaudito e acclamato dall’enorme folla che si riunì per l’occasione.

La sua morte in quello stesso anno fu il degno epilogo di una vita dedicata alla lotta contro il fanatismo religioso e l’arroganza politica, in cui l’impegno sociale si univa a una prosa tanto elegante quanto sarcastica e graffiante.

Voltaire fu il padre spirituale dell’Illuminismo francese, l’emblema stesso del movimento, caratterizzando tutta la sua opera con l’espressione sorridente che è ben evidente in tutte le opere pittoriche che lo ritraggono ove si allude all’ironia con la quale egli caratterizzò tutto il suo lavoro, i suoi scritti e il suo pensiero.

Nonostante ciò, nei suoi primi anni della maturità, non erano mancati momenti di difficoltà: il filosofo fu arrestato due volte e rinchiuso alla Bastiglia per ordine degli arroganti nobili, le cui prepotenze non si stancava di denunciare.

Il barone di Rohan lo fece persino bastonare brutalmente dai servi, dopo essersi rifiutato di battersi a duello con lui, un semplice borghese figlio di un ricco notaio parigino.

A trent’anni, costretto all’esilio a Londra, entrò in contatto con la cultura inglese, subendo l’influenza della  filosofia di Locke e del metodo scientifico inaugurato da Newton, che non cessò mai di divulgare sul continente.

Nel 1746, riconciliatosi con la corte, soprattutto per i buoni uffici della Pompadour, fu ricevuto solennemente  nell’Académie e nominato storiografo di Francia.

 

A domani

LL

 

In copertina:

Portrait de Voltaire
Atelier de Nicolas de Largillière
Musée Carnavalet

365 giorni, Libroarbitrio

Locke: la mente è un foglio bianco

Roma 8 maggio 2013

Sfogliando un libro per la nostra ricerca sull’Illuminismo mi sono imbattuta in questa frase “la mente non inventa idee”,
-Impossibile!- ho pensato e sfogliando indietro le pagine ho fatto le miei presentazioni con Locke.

John Locke è un altro studioso classico prima e autodidatta poi, non sazio e mai soddisfatto dell’educazione culturale ricevuta a Oxford che definiva uno studio fondato su inutili ricerche e parole oscure, si interessò alle scienze mediche e letterarie.

Da qui nascono le polemiche contro le teorie cartesiane: Cartesio ritiene che taluni, come opinione incontestabile, che nell’intelligenza vi siano certi principi innati, certe nozioni primarie, altrimenti dette nozioni comuni, caratteri per dir così, impressi nella nostra mente, che l’anima riceve fin dal primo momento della sua esistenza, portandoli con sé nel mondo.

Locke, invece, dimostra con argomenti tratti dall’esperienza l’inesistenza delle idee innate, i bambini, i pazzi , i selvaggi non possiedono alcuna idea di Dio né dei fondamentali principi geometrici. Ciò dimostra sperimentalmente che  nella conoscenza nulla vi è di innato e tutto è appreso dall’esperienza. Per illustrare questa teoria, Locke ricorre a una metafora divenuta celebre: la mente umana è alla nascita una tabula rasa, un foglio bianco su cui la pratica del mondo esterno e la riflessione dell’individuo su se stesso imprimeranno quei segni che chiamiamo conoscenza.

Risulta quindi falsa l’idea fondamentale del Razionalismo cartesiano, per cui determinate verità evidenti e intuitive debbano essere per forza precedenti a qualsiasi esperienza.

Voi cosa ne pensate?

A domani

LL