365 giorni, Libroarbitrio

“una vetrata” Charles Bukowski

manara

i cani e gli angeli non sono
molto diversi.
vado spesso in questo posto
a mangiare
alle 2 e 30 circa del pomeriggio
perché tutti quelli che mangiano
lì sono particolarmente tonti
contenti semplicemente di essere vivi e
mangiano fagioli
accanto a una vetrata
che trattiene il calore
e tiene lontane le macchine e
i marciapiedi.

ci danno gratis tutto il
caffè che riusciamo a bere
e ce ne stiamo seduti e beviamo in silenzio
il caffè nero è forte.

è bello stare seduti in un posto
nel mondo alle 2 e 30 del pomeriggio
senza che ti strappino la carne
dalle ossa, anche
se siamo tonti, lo sappiamo.

nessuno ci dà fastidio
non diamo fastidio a nessuno.

gli angeli e i cani non sono
molto diversi
alle 2 e 30 del pomeriggio.

ho il mio tavolo preferito
e quando ho finito
raccolgo i piatti, i piattini,
la tazza, le posate
ordinatamente –
il pegno che pago alla mia buona sorte –
e quel sole
fa un buon lavoro
dappertutto
qui
nel
buio.

365 giorni, Libroarbitrio

Saffo

nebulosa

“Alcuni la dicono figlia di Simeone, o di Camone, o di Eutarco; altri, infine, di Scamandrònimo. Nativa di Ereso, in Lesbo, poetessa lirica, nata verso il 630 a.C., nell’epoca del grande  Alceo, poeta anch’esso che la soprannominò “Usignolo”. Andò sposa a Cèrcila, un uomo molto ricco. Ma esistette anche una Saffo, nativa di Mitilene, in Lesbo. Costei, per amore di Faone, si gettò in mare dalla rupe di Leucade. Alcuni affermano che ogni sua poesia sia dedicata a questo loro grande amore.”

Policromo trono antimorte Afrodite
figlia di Cielo, doloso telaio, te, accarezzo:
non imbrigliarmi in amarezze e ansie,
o Forza, questa febbre!

No! Devi apparire. Ora: se in passati giorni
sentivi i miei richiami nelle altezze,
e mi dicevi sì! Lasciavi padre, casa,
e fosti qui

guidando il carro d’oro. Passeri d’amore erano
il tuo volo rasente  terre buie,
teso gorgo d’ali che rigano
l’azzurro.

Eccoli! Qui! Tu, Miracolosa
ridente in occhi viva vita
mi domandavi il nuovo patimento, il senso
del mio nuovo grido

oggetto d’assoluto desiderio mio,
febbre del mio io bruciato “Chi dovrei piegare
all’intimità con te? Chi non è leale
con te, Saffo?

Chiaro: se fugge, veloce ti pedinerà.
Se non prende doni, doni donerà.
Se non ti sente sua, intima da ora ti vorrà,
anche se non hai intenzione…”.

Vieni, per me. Adesso. Toglimi pesi
di desolazione. Quanto la mia febbre brama
che maturi, tu maturalo! Adesso! Tu, dea,
battiti per me!

La sua arte era un assolo ispirato, di getto, un ricamo di parole  e di note sempre nuovo, che dipingeva sentimenti e battiti del cuore istantanei, ricordi di pochi minuti fa, il calore di una vita in diretta che nessuna mediazione appanna. Tutto cristallo puro, semplice, presente. Il presente è il tempo verbale di Saffo. Al presente lei prega, si tormenta, assapora l’attimo, dolce o acre che sia.

E allora penso che magari Amore è questa semplicità dell’essere Sé nell’Io che necessita solo della parola silenziosa della scrittura, che diviene voce quando colui che ispira tali turbinanti folli accorati impudici sinceri sentimenti ne legge tra le labbra il sospiro abbeverandosi l’animo e il cuore.

Magari Amore è la pace che gli dona questo mio dolce pensarlo.

Magari Amore è la pace del pensarlo a me vicino.

L.L.

365 giorni, Libroarbitrio

Manuel Bandeira “La Bestia”

Roma 26 dicembre 2013

Ieri ho visto una bestia:
tra le immondizie
del mio cortile,
cercava cibo.

Quando trovava qualcosa
senza guardare né odorare,
la inghiottiva con voracità.

Non era né un cane, né un gatto,
né un topo.

La bestia, Dio mio, era un uomo!

Lucido conoscitore della dura realtà quotidiana del suo popolo brasiliano, Bandeira nelle sue liriche rievocò con tenera sensualità la sua regione natale, usando un  linguaggio semplice ed immediato, volutamente depurato da artefici letterari.

***

  Ho visto una bestia:
nell’imbrattate
mie cervella,
agognava nutrimento.

Quando trovata la sua vivanda
esaminandola e spingendola,
l’ingurgitava affamato.

Non era né un incubo di un sogno cupo,
né una creatura orribile delle favole mai lette,
né uno spettro eclissato nell’armadio.

E ho visto quella bestia
da cui petto si mostravano altri a lui simili,
li nutriva con quell’unica pietanza,
Dio mio,
lui,
loro,
 tutti,
erano uomini!

LL

A domani
Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

Il Lied

Roma 6 luglio 2013

Il Lied

Con questo termine si intende un’espressione poetico-musicale tedesca, di carattere lirico o narrativo, che corrisponde all’inglese “Song” , al francese “Chanson” e all’italiano “canzone” o “romanza”.

Durante il Romanticismo, la vasta produzione di lieder ( più di un migliaio ) da parte del musicista austriaco Franz Schubert diede inizio a una lunga sequenza di compositori, che per tutto l’Ottocento si espressero con questo genere musicale.

Caratterizzato da temi intimistici ed equilibrate scelte formali, il lied fu apprezzato da Beethoven, Schuman, Liszt, Brahms, Wagner e tanti altri.

Da tutti questi compositori furono usati come testi le liriche di grandi poeti tedeschi quali Goethe, Schiller, Heine e i canti popolari raccolti da Brentano  e Von Arnim.

In particolare Schumann trasse dal secondo ciclo del Libro dei canti di Heine uno dei suoi più mirabili cicli di lieder, intitolato Dichterliebe e pubblicato nel 1844.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

La Letteratura cortese in Italia

Roma 26 gennaio 2013

Egemonia francese e corte feudale italiana

In Italia, dove questa letteratura si diffuse anche nella lingua originale, le traduzioni dei romanzi cortesi contribuirono, proprio per il modello di stile cui si rifacevano, alla formazione della prosa narrativa in volgare. La loro fortuna si protrasse in Italia fino a tutto il secolo XIV. Ma il modesto livello letterario dei volgarizzamenti, che risentono il delle volte di ingenuità linguistica e del limite pedantesco del ripetitore, indica soprattutto il diverso grado intellettuale del pubblico cortigiano, che era pur sempre quello cui in gran parte era destinata questa letteratura. Come Dante condannerà il pericolo della narrativa cortese dal punto di vista morale, così Boccaccio esprimerà nel Filocolo il disgusto per la degradazione  cui essa era pervenuta sul piano artistico nel processo di diffusione.

In realtà mentre in territorio gallo-romanzo la corte feudale viveva il momento culminante della sua potenza, accrescendo la sua forza di attrazione nei confronti degli intellettuali, in Italia il feudalesimo era in piena crisi. I feudi, frazionati, avevano perso gran parte della loro potenza e gli stessi signori andavano fissando la loro dimora entro le mura cittadine, o erano impegnati nella lotta contro le aspirazioni autonomistiche dei Comuni. Sappiamo che alcune grandi corti feudali del settentrione, i Malaspina, i Savoia, gli Este, i da Romano, i Visconti accoglievano trovatori e giullari, e dei primi Dante tesserà l’elogio come esempio di antica civiltà cortese. Al Sud, nella sede dei normanni, fioriva una cultura non propriamente orientata secondo il modello cortese.

Ma nelle corti italiane si affermò soprattutto la lirica, favorita dagli scambi con la vicina Provenza; la poesia epica ebbe vita soprattutto nella forma del cantare,rimaneggiamento ad uso popolare dei cicli cavallereschi. Nelle città, dove invece si va popolarizzando e accentrando tutta la nuova vita economica e sorge una animata e più complessa vita politica, l’intellettuale si rivolge prevalentemente alle arti utili alla vita civile e l’impegno artistico sorge spesso in margine alla sua professione o come estremo compimento di essa.

A domani

LL