Diremo
il fumo di quei giorni, l’alba
più oscura spaventata dalla notte
Avremo
orrore della cecità,
“Non c’era il sole?”
Noi diremo c’era,
tutto lo stesso,
il sole il vento i fiori
di primavera, anche l’amore.
Solo
mancava chi se ne accorgeva, l’uomo.
Tag: linguaggio
Il trovatore nel cielo – Raffaele Carrieri
Ci siamo riconosciuti
Ci siamo infine riconosciuti
Nei grilli caduti
Dal cielo d’estate
Come gli zingari rovinati
Da un medesimo editto
Abbiamo salvato le paure
Che ci fanno ombra.
Dalla pianura al mare
Abbiamo tolto il lutto
A specchi e campanelli
Per divertire l’anima scura.
Commedianti e mendicanti
Ci siamo riconosciuti
Come l’uva
Di una medesima pergola.
Ci siamo messi a cantare
E a ballare
Al suono dei tamburi
Ciascuno con una cicala
In quadriglia.
Ah, occhi duri
Che ci invidiate l’allegria
Nella terra di nessuno:
Per fare freschi i nostri sguardi
Ci son voluti millenni di digiuno
“E tu che hai nella bocca le dolcezze” Muhammad
E tu che hai nella bocca le dolcezze
uno dei tuoi malati ti domanda,
che dalla bocca tua ne beva un sorso.
Quando sarà per lui l’ora del sonno,
ché ai tuoi quegli occhi suoi tolsero il sonno?
Quanta guerra per te, notte su notte,
e quanti assalti disperati. Quanti per me
i desideri di te, gli sgomenti.
Concedo a me di svegliarti, nemica.
Che il tuo cuore morto lo voglia, ti concedi.
Attenta, anima mia, che un’altra a lui interessa
ed uguale sarà un’altra volta ancora
darti uguale dolore. Attenta, attenta.
Tu che passi di qui e ti siedi
per far passare il tempo sorridi felice
e lo attendi lui che non arriva mai.
Io se lascerò che amore apra la porta
strapperò cuore dal petto; e sarò come te
innamorato del nulla, e tu che hai nella bocca le dolcezze
sopportala la verità ora.
“Odio i miei limiti” Loris Giorgi
come demoni nell’acqua santa
e ad ogni urlo
il mio corpo e la mia mente
sono più leggeri.
e assorbo tutti i suoi risvolti.
Acre desolazioni fanno da cuscino
in uno squarcio di noia.
Ma nuovi pensieri mi ancorano al suolo
in un batter di ciglia
rendendomi nuovamente fragile.
“Nuda ma dipinta” Luciano Folgore
E questo lungo desiderio di godere
è una zattera di felci,
che mi trasporta, su liquidità verdi,
in un fresco pellegrinaggio
verso una città di alberi.
Ciglia socchiuse.
Lampada verde del sole.
La mia casa sarà d’ora di giunchi
e gli uomini saranno forse
piccoli fili d’erba
con goccioline di rugiada.
“Zang Tumb Tumb” Filippo Tommaso Marinetti
orecchie
occhi
narici
aperti attenti
forza che gioia vedere udire fiutare tutto tutto taratatatata delle mitragliatrici strillare a perdifiato sotto morsi schiaffffi traak-traak frustate pic-pac-pum-tumb bizzarrie salti altezza 200m. della fucileria. Giù giù in fondo all’orchestra stagni
diguazzare
buoi buffali
pungoli
carri
pluff plaff impennarsi di cavalli
flic flac
“Non si muore tutte le mattine” Vinicio Capossela
Siamo rimasti solo voce.
Come la ninfa Eco, a furia di consumarsi, per passione, finì col rimanere voce…
eco di voce,
eco della sua voce.
Non abbiamo più peso, né corpo, né vita, siamo soltanto voce.
La voce che si spande nei canali della quantità,
la voce rinchiusa,
asserragliata a spurgare,
incarcerata.
La voce dei motel, la voce rimasta impigliata nella rete dei telefoni, delle strade, dei binari.
Siamo rimasti Voce, senza più corpo,
sul bordo della nostra gioventù,
sull’orlo di come sarebbe dovuta andare.
La voce delle serenate, che ci echeggiano nelle orecchie, e non ci lasciano in pace.
Puniti dalla troppa passione, ci si è portati al di rimanere fermi davanti ai bivi.
Allora ci è voluto il ritiro,
l’impresa e l’epopea.
La voce è diventata la nostra divinità,
il nostro nume.
Essa soltanto ci tutela e conserva,
ci riproduce,
che ci ha infebbrato la vita,
ingravidati,
e solo la voce è rimasta per sgravare quella colica d’immaginazione,
quel mare grosso che ci ha sollevati fino a dove Dio si è fatto intravedere e poi ancora,
ci ha annegati,
ributtati dalla parte di sotto.
La voce è la nostra barca,
il nostro confine,
quel che resta di noi,
l’eco della nostra voce,
rimbalzante per tutti gli spigoli dai quali ci siamo intravisti.
La voce, eco della visione.
“Ghirlande di Anice” Alceo
Ghirlande di anice
qualcuno mi ponga intorno al collo
e dolce profumo
mi versi abbondante sul petto.
Sento la primavera
venire con i suoi fiori.
Presto, mescete nella coppa il vino più buono!
Figlia del bianco mare e degli scogli
incanti la mente dei fanciulli
conchiglia marina
dolcemente sorridente
stella.
“Guerra nella pace” Jorge Guillén
La piazza con le sue colombe
e qualche vecchio sulle panchine.
E le pietre gotiche, grigie ormai
o nerastre: tempio attuale.
Vicino passa il traffico rotante.
La grande città stride, si affretta,
e risuonando non cessa di donarsi,
di promettere la creazione di un nuovo mondo.
Perfino l’ozioso gattino collabora,
vagando nella sua zona soleggiata,
ad arricchire le luci e la promessa
della splendida città
che aspira a essere perenne.
“Nel marzo del 1938 Dalì si trasferisce per due mesi con Gala nella città eterna: nello studio di Lord Berners che si affaccia sui Fori. L’artista è attratto dalla sovversione delle leggi dell’ordine e della simmetria, che gli offrono spunti significativi per successive declinazioni del suo linguaggio surrealista e visionario.”
Charles Baudelaire “Elevazione”
Roma 23 marzo 2014
Sopra gli stagni, sopra le vallate,
i monti, i boschi, le nubi, il mare,
oltre l’etere, oltre l’astro solare,
oltre i confini delle sfere stellate,
spirito, tu ti muovi con agilità,
e come un buon nuotatore nell’estasi dell’onda,
con gioia percorri l’immensità profonda
con indicibile e virile voluttà.
Fuggi lontano da questi morbosi miasmi;
vola a purificarti in un’aria superiore,
e bevi, come un puro e divino liquore,
il chiaro fuoco che colma spazi limpidi.
Alle spalle affanni e grandi pene,
che pesano sull’esistenza brumosa.
Fortunato colui che con ali vigorose
si lancia in regioni serene e luminose,
libera i suoi pensieri al cielo
come allodole quando è mattino,
e sulla vita vola e facilmente comprende
il linguaggio dei fiori e delle cose mute!
A domani
Lié Larousse
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