365 giorni, Libroarbitrio

Lié Larousse a CASA SANREMO WRITERS 2023 con il suo romanzo d’esordio RID DEMENTIA – L’intervista

Vetrina Casa Sanremo Writers intervista Lié Larousse – Rid Dementia

Apriamo il nuovo anno con grandi speranze, emozioni forti e la bellissima opportunità di presentare
RID DEMENTIA per uno degli eventi più importanti in Italia, il Festival di Sanremo 2023, più nello specifico Casa Sanremo Writers che mi vuole in vetrina con questa prima intervista. Mi hanno chiesto cosa mi aspetto dalla mia partecipazione, io sono onorata di presenziare ad un progetto di divulgazione culturale così importante, spero mi dia la possibilità di far conoscere questo mio romanzo d’esordio e la sua storia ad un livello più profondo e conscio al pubblico italiano, ai critici letterari e a tutti i lavoratori del settore editoriale, per tanto ci tengo ad aprire questo 2023 con dei ringraziamenti che da me vengono sempre dal cuore, dall’anima: grazie a Giulio Perrone, Antonio Sunseri e la meravigliosa Gaia Giaccone per aver pubblicato quello che a me piace chiamare “nostro” romanzo, grazie alle mie amate Oriunda Jewels (Valentina Barella) e I, Witch (Sara Teodori) per mettermi indosso la loro preziosa arte, grazie infinite al mio sponsor, alla Dastit che ha scelto di affiancarmi in questa esperienza e nelle prossime, sì ci saranno altre grandi novità, intanto vi lascio l’intervista completa per chi volesse approfondire e conoscere meglio me, il mio romanzo, il mio mondo.

  1. Ci presenti il suo libro.

Siamo nel 1875, nei pressi di una Roma in via di espansione ed evoluzione scientifica: qui il Professor Fabio Amedeo Mari, Neuroanatomo e Neuropsichiatra, protagonista del romanzo, fa costruire un imponente manicomio il Rid Dementia, nome del metodo curativo sperimentato e creato da egli stesso, luogo che dà vita alla narrazione. A pochi metri da esso fa erigere una piccola dimora dove alloggia e dove non è solo, ma con il suo amato segreto.
Rid Dementia è la storia intima della psiche umana e di come troppo spesso lasciamo che siano le paure a decidere per noi; è la storia di possesso, amori proibiti, furti d’identità, violenze fisiche e psicologiche, gelosie ed invidie, dove non importa se ci troviamo in un’epoca passata, perché attraverso i personaggi e l’ambientazione è chiaro che il tempo non esiste e che l’essere umano nel corso della sua vita tende a sbagliare e a cadere spesso negli stessi sbagli. Mentre leggiamo questo libro, non sentiamo più questa distanza temporale ma ne siamo totalmente coinvolti, così come ci lasciamo coinvolgere nella vita quotidiana da problemi che non sono i nostri e per i quali ci prostriamo a dare consigli, il più delle volte non richiesti o fraintesi. Il RID DEMENTIA è “la nostra mente, labirinto di illusioni e sogni, ossessioni e caos, dove è facile perdersi”. Nel romanzo sono presenti più piani di realtà: in alcuni gli accadimenti sono realmente avvenuti, al lettore lascio la scelta di decidere quali. RID DEMENTIA è la storia nella storia di un presente lontano alla ricerca di un passato spietato che spaventa come certi incubi ricorrenti dai quali sembra impossibile svegliarsi. Ogni personaggio rappresenta uno stato d’animo, un vissuto agognato, un desiderio appena espresso, un sogno irrealizzato: tutto questo perché siamo sempre alla continua ricerca di qualcosa che non sappiamo bene cosa sia, e in questo romanzo avremo modo di scoprirlo.

  1. Ci regali un breve stralcio dell’opera, una parte che per lei è particolarmente significativa.

“Febbre improvvisa. Un tremore ti sconvolge le carni, piombi a terra. Visioni si scagliano in un lampeggiare in lontananza. Una folla di luci sfrecciano, credi ti stiano colpendo in pieno volto, strizzi gli occhi, ti trapassano indolore, non devi nemmeno schivarle, anzi, muovi la mano nella loro direzione, e proprio quando un’altra saetta è a uno stralcio dal tuo naso l’afferri, e la vedi. È un nastro. Un nastro di tulle, annodato, un fiocco.
Troppi segreti in un posto solo, pensi, ora, quand’era già il tempo dell’arrivo al Rid Dementia: «Oooooh!».
Il cocchiere con un intercalare nella voce tira le redini ai cavalli.
«Oooooh!».
E si zittisce anche il suono del campanaccio legato al collo delle prime due bestie. Scosti il drappeggio, porti fuori il braccio dall’abitacolo, abbassi la maniglia, apri la portiera della carrozza, un passo preciso, poi un altro a scendere lo scalino. Un’occhiata rapida tutt’attorno. Girandoti di tre quarti allunghi il braccio alle tue spalle. L’apice della punta di un naso dall’ombra dell’interno del calesse s’illumina. Labbra rosa inumidite dalla calura. Incorniciato il viso da un fiocco di tulle legato sotto il collo color turchese, con striature oro e arancio, le punte svolazzano nell’aria fresca. «Che dimora piccina Padre».
I suoi occhi corrono dal perimetro della piccola casa a te.
«Lumas, andrà più che bene».”

3. C’è un aneddoto particolare che l’ha spinta a scrivere questo libro?

Nel 2014 ho iniziato un percorso di studi in psicologia generale, infantile e clinica, terminati nell’aprile 2021, che mi hanno portato a conoscere persone e situazioni davvero difficili da gestire con i soli mezzi tecnici che stavo testando. Ho capito, con il tempo, che dovevo andare oltre al semplice studio di questa materia e alle sue tecniche approvate fino ad oggi, che dovevo scavare nel tempo che si cela in ogni vita umana, percorrendo una strada, sì verso il passato ma non in ordine cronologico di accadimenti come siamo soliti fare. Ho capito che è ciò che non conosciamo di noi a rendere la vita difficile ed incerta; perciò, con questo romanzo, ho voluto sperimentare, proprio come il protagonista, una nuova e sconosciuta strada, anche se non ne conoscevo inizialmente la direzione, ma di certo conoscevo l’obiettivo. Ma lo abbiamo imparato leggendo questo romanzo: la mente mente, e perdersi in essa è il più grande dono che possiamo fare a noi stessi. Molto spesso ci sentiamo confusi, ci sentiamo persi, fuori luogo anche in situazioni che noi stessi abbiamo contribuito a creare: perché? Molto spesso abbiamo tutto ciò che vogliamo ma ci sentiamo infelici, insoddisfatti, inappagati, addirittura soffriamo di attacchi di panico, siamo ansiosi, abbiamo continui mal di testa, e siamo stanchi, affranti e cadiamo in depressione: perché? Perché non ci ascoltiamo, non ascoltiamo ciò che il nostro cuore e la nostra anima vogliono per noi, ciò per cui siamo venuti al mondo. La nostra missione di vita non la conosciamo, non la conosciamo perché viviamo nella mente e, come scrivo sopra e qui ribadisco, “la mente mente”; allora ci facciamo manipolare dal volere altrui, convinti del contrario, ed iniziamo a percorrere un cammino nel buio pesto dove spiragli di luce sono sfocati  da un paio di occhiali da vista che indossiamo, ma non sono i nostri, perché noi ci vediamo benissimo. Ma vogliamo ciò che ha qualcun altro, perché è più facile emulare la vita altrui che avere il coraggio di accettare chi siamo e vivere la nostra.

4. Cosa si aspetta dalla partecipazione a Casa Sanremo Writers 2023?

Sono onorata di partecipare ad un progetto di divulgazione culturale così importante, e spero mi dia la possibilità di far conoscere questo mio romanzo d’esordio e la sua storia ad un livello più profondo e conscio al pubblico italiano, ai critici letterari e a tutti i lavoratori del settore editoriale.

p.s. non so dalle vostre parti ma qui continuano a sparare fuochi d’artificio!

#Lielarousse #riddementia #casasanremo #CasaSanremoWriters #festivaldisanremo #giulioperroneditore #lerudita

Lié Larousse

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.LA VITA COMUNQUE. LIÉ LAROUSSE FEAT. EMILIO STELLA. IN USCITA IL PRIMO “BOOKMUSCIC FILM” ITALIANO

SONO EMOZIONATISSIMA

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Una diabolica mano – di DuediRipicca da POKER D’INCUBI

unadiabolicamano

Il bar, angusto e soffocante, saturato dal vociare febbrile del sabato sera, celava un segreto.
No, no era la salmonellosi aleggiante nella vetrina frigo tra tramezzi stantii e paste mesozoiche. E no, non erano neanche i topi grassi e ben in tiro tipo agenti immobiliari. Quelli li conoscevamo bene tutti e li chiamavamo per nome oramai.
No, quel covo di relitti umani nascondeva, alle spalle del bancone, appena dopo il cesso con un rischio igienico pari al Gange nei giorni di piena, uno stretto corridoio riverniciato dalla muffa che si snodava sino ad una piccola porta cigolante affacciata su di una claustrofobica scala a pioli che s’avvitava su se stessa nell’oscurità sino ad una sordida cantina. L’aria ristagnava, mal illuminata dall’unica lampadina ed intrisa di fumo e disperazione, in linea con il resto del quartiere. La sedia, di quelle in legno e paglia, era spigolosa e pizzicava qua e là, la mano in bilico e la posta, beh, la posta era alta, molto alta. Aprì le mie carte, donna di cuori e donna di quadri. Non male.            Fissai il tizio in completo nero seduto accanto a me passarsi una mano sulla tesa del cappello ben calato sul volto. Con l’altra adagiò un lungo bocchino nel posacenere. La sigaretta all’estremità sfrigolava lieve senza consumarsi.
– Diecimila.- Annunciò sorridendo una sorta di Big Jim alla sinistra del tizio. Aveva i capelli color grano e la pelle di quel marroncino bruciato tipo polpettone di steroidi dimenticato in forno.
– Call.- Replicò il nanetto occhialuto, grassottello e stempiato alla sua sinistra, gli occhi fissi sulla scollatura del dealer, una rossa mozzafiato che avrebbe irrigidito persino Signorini.
Il tizio alla mia destra sfoggiava l’imperscrutabile espressione del grande pokerista, di chi si sta giocando i risparmi della moglie, una moglie in apprensiva attesa sull’uscio di casa, con una mazza chiodata che neanche Conan il barbaro.
Bofonchiò qualche imprecazione, e infine si decise: – Call, anch’io.
Guardai ancora le mie carte. Due donne, non male. Spostai i miei dieci mila al centro del panno verde. Gli occhi del tizio in nero erano adombrati dalla tesa del cappello, ma avrei giurato di vederli brillare per un istante, o forse fu solo la brace della sigaretta.
Espirò lentamente il fumo e fece schioccare la lingua: – All in.- Sibilò senza scomporsi.
Toccava aggiungere pochi spicci e lo feci senza pensarci due volte, come del resto gli altri tre.
E’ sempre quello che ti frega, pensarci troppo: un attimo di esitazione e perdi l’occasione, l’equilibrio, la strada.
La rossa ammiccò al tizio in nero e girò le prime tre carte.
Due assi e un re di fiori, pessimo flop.
L’umidità sgocciolava ritmica dalle tubature.                                                                              Big Jim prese a contrarre ogni fibra muscolare pompata da cicli e cicli di sostanze al limite della legalità. Le lenti del nanerottolo si appannarono, e questa volta non era colpa dei due MIG mammari del dealer. Gli occhi del grande giocatore girarono su se stessi come i rulli di una slot prima che un gemito strozzato scappasse dalle labbra contratte.
L’uomo in nero rimase in silenzio.
Stava a me parlare, e forse non era la mossa migliore da fare, ma passai comunque la mano. Qualcosa puzzava, anche se non avevo ben idea cosa fosse, o di cosa puzzasse.
– Signori,- esordì l’uomo misterioso da sotto il cappello – come potete benissimo vedere da voi, non mi rimangono fiches per rilanciare.
– E allora? Stai lì buono, che con i piatti grossi ci giocano i professionisti.- Fischiò tra i denti il campione di Gratta&Perdi alla mia destra.                                                                        – Basta che ci sbrighiamo.- Intervenne Big Jim.- Domani ho un’altra audizione e non posso fare tardi, sennò come gliele spiego le rughe al regista.
– Lasciate parlare il signor Lucky Lucy.- Ecco come si chiamava l’uomo in nero.- Siate ragionevoli, in fondo qui siamo tutti dei galantuomini, non è vero mia cara?- Conciliò l’occhialuto continuando a sorridere al dealer.
La rossa strizzò l’occhio alla botte piccola ripiena d’ormoni arretrati.  Poi ammiccò verso Lucky Lucy, che riprese a parlare con la disinvoltura di chi piazza aspirapolveri nel Sahara.
– Dicevamo, sarebbe un peccato giocare una così bella mano per un piatto così irrisorio. E sono uno che di peccati se ne intende, fidatevi.
– Se intuisco bene, ci sta proponendo un accordo, signor Lucky?
– Diciamo una sorta. Non ho contanti con me, ma potrei comunque ripagare la vostra fiducia se mi permetteste di rilanciare.
– Ohi, ciccio, o i soldi o niente. Non vengo mica qui tutte le sere per fare beneficenza.- Ruggì il grande giocatore.
– E poi, cosa potresti mai mettere sul piatto? Forse qualcosa per questi due sfigati,- sbottò il Big Jim – ma guardami: sono giovane, affascinante e in rampa di lancio per il mondo dello spettacolo. Per non parlare delle carte, con queste m’intasco una mano da cinquantamila, minimo. Non credo tu abbia niente di buono per me.                                  La rossa sorrise sorniona mentre la puzza cresceva esponenziale senza che riuscissi a decodificarla.
– Vedi, mio caro Steve,- sibilò Lucky L.- o dovrei forse chiamarti Igino?
Big Jim sbiancò come se gli avessero confermato che con tutta la merda che si sparava tra un paio d’anni addio pistolino.
– No, non ti spaventare se conosco il tuo vero nome. Io sono a conoscenza di molte cose: tutte le tue marchette, per esempio, e dire che neanche ti hanno portato lontano. O quante volte il rispettabilissimo Carlo Maria qui presente si reca a trovare una certa Irina, e, datemi retta, non è vero quello che dice lei, ne ha visti eccome di batacchi più grossi.
Il nanerottolo farfugliò qualcosa mentre cercava di sbrinarsi le lenti degli occhiali.            – Per non parlare di tutte le preghiere del povero Fausto, che non ce la fa proprio ad arrivare a fine mese con una moglie che lo aspetta a casa tutte le notti, sveglia e con una mazza chiodata tra le mani per giunta.
– Ma…ma…- singhiozzò il grande giocatore- ma come fa a saperlo?
– Stiamo tutti con l’acqua alla gola, avrà tirato ad indovinare.- Tagliai corto io.
– No, che mia moglie ha una mazza chiodata, intendo.
La risata agghiacciante di Lucky L. face accapponare la pelle a tutti i presenti.
– Signori, vi prego, tranquilli, non dovete avere paura di me. O forse un pochino sì.- E giù un’altra risata confortante come quelle dei bimbi dall’altra stanza, di notte, in una casa senza frugoletti.
– Ecco la mia offerta.- Fece una breve pausa, giusto il tempo di accendere un fiammifero, posarlo in piedi sul tavolo e fissare la fiamma blu da sotto il cappello.
– Successo!- Tuonò con voce grave e la fiammella avvampò in lingue bluastre fino al soffitto, e tra le lingue flash, sorrisi in copertina e statuette dorate.
Per un minuscolo, brevissimo istante, strinsi il culo sulla sedia.
– Caro il mio Steve, a prescindere se vincerai o meno la mano, da domani la tua vita sarà una discesa continua: tronista, ospite, serate in discoteca, fiction, reality e il firmamento delle stelle si piegherà dinanzi a te. Una lunga discesa senza fine.
Big Jim improvvisò un’espressione sorpresa, testata e ritestata allo specchio per anni, in piccole sale prove, dinanzi a fidanzate e nonne e zie certe del suo brillante futuro; una prova inconfutabile delle sue doti recitative, qualcosa a metà tra una trota ed il Trota.
– Donne!- Esclamò ancora Lucky L. e ancora le lingue incandescenti s’arrampicarono lungo corpi tonici e sinuosi. Tette, labbra e culi presero a danzare tra le fiamme.
Qualcosa si inturgidì anche a me, sempre lì, seduto sulla sedia.
– Per te, mio fascinoso Carlo Maria, bizzeffe di donne: bionde, brune, rosse, vecchie, giovani, e se vuoi anche uomini, bambini, pecore, cammelli e dugonghi, nessun essere vivente potrà resisterti.
Di nuovo la fiamma si…beh, in effetti, dopo un po’ il giochetto sfrantumava i coglioni, diventava più prevedibile dell’assenteismo parlamentare.
– E per te, povero Fausto, soldi a non finire, cascate di gioielli, filarmoniche di moneta sonante, oceani di
– Sì vabbè,- interruppi io – e tu che ci guadagni?
Mi fissarono tutti con più odio di quanto ne trovi nell’Antico Testamento. Avevo rotto la magia, ma quello m’aveva rotto altro già da un po’.
– Avvocato, per caso?- Mi chiese incuriosito prima di ritrattare.­- No, no, ci saremmo già incontrati. Ah, sì, tu sei quello col pallino dello scrivere. Dovevo aspettarmelo, la famosa curiosità dello scrittore. Comunque, è tutto molto semplice, voi avrete a prescindere quello che vi offro.
– E se perdon…- Lo sguardo torvo dei presenti mi convinse a non terminare la frase, e anche un calcio sotto il tavolo fece il suo.
– E se perdono,- riprese Lucky L. accentuando le prime sillabe tipo supplente isterica al decimo giorno di ritardo e tu proprio non hai capito a cosa cazzo serva costruire un quadrato sull’ipotenusa di un triangolo se poi non siamo in grado di tirar giù due strade che non si sbriciolino alla prima pioggia – se perdono, molto semplicemente, avrò le loro anime.
E questa volta la risata fece tremare le mura della cantina, sfarfallare l’unica luce e chiedermi se non fosse stato il caso di svuotare gli intestini prima di sedermi a giocare.
– Fammi capire, cosa sei, il diavolo che te ne vai in giro pacioso e tranquillo a comprare anime come fossero zucchine mutanti su una bancarella di Chernobyl?
Lucky L. sollevò leggermente il cappello lasciando sfavillare due occhioni gialli da far rabbrividire l’onorevole più mafioso, o il mafioso più onorevole, che la differenza, poi, ancora mi sfugge.
– Diciamo che sono più un intermediario, un procacciatore.
– E lavori a proviggio
– Hai rotto il cazzo, hai già foldato e mo’ stai zitto.- Irruppe Steve o Igino o come cazzo si chiamasse Big Jim, provando la sua espressione da duro, ma duro duro, tipo stronzo di uno stitico.- Io chiamo.
– Call anch’io,- s’affrettò a dire Fausto, il grande giocatore – e ‘sta volta vi lascio in mutande, belli.
– Beh, io di mutande ne vorrei annusare parecchie, quindi me la gioco anch’io. Mi dica signor Lucky, dobbiamo firmare qualche contratto, autenticare questo accordo in qualche modo?
– Non ce ne sarà bisogno, ormai con l’InterHell Banking movimentiamo anime restandocene comodamente seduti al tavolo. Quindi, prego Eva, scopri il turn.
– Non dovreste scoprire le vostre carte prima?
Mi fissarono con espressione amorevole, quasi materna, tipo quella della Franzoni.
– Non ce n’è bisogno.- Sibilò Lucky L. e con un cenno lasciò che la rossa Eva scoprisse la carta.
Donna di fiori.
Quasi infartavo. Lo sapevo che avrei dovuto giocare, ma in fondo, con un tris donne mica avrei vinto di sicuro, o no?
Fossero state una settantina, mi sarei pure potuto organizzare per un bell’attacco kamikaze, ma tre donne con due assi a terra, con quel piatto poi, ne valeva la pena?
L’aria s’era appesantita ulteriormente, anche perché la sigaretta nel bocchino continuava a bruciare senza consumarsi e la cantina rimbombava del palpitare di tre cuori al limite del collasso. Gli sguardi si fecero sempr
Ero sicuro che al minimo rumore i tre si sarebbero sgretolati come cristallo. Forse sarebbe stato meglio per loro.
Tre gole deglutirono all’unisono e tre pomi d’Adamo fecero su e giù e sei mani stritolarono il panno verde e quella stranamente irsuta e tozza di Eva scoprì il river.
Donna di picche.
Non so se quel tizio fosse veramente il diavolo o meno, in compenso quelli che tirai giù io erano veri e propri santi intrecciati nelle più diverse posizione kamasutriche proibitive anche per la più snodata contorsionista balcanica.
Lucky L. sorrise, non so se per la bestemmia da Nobel, per le carte o per entrambe.
Adesso, sul tavolo, c’erano due assi un re e due donne.
– Cazzo!- Sussurrò Big Jim scoprendo due miseri jack.- Scala bucata.
– Tris di re, mi dispiace signori.- Gongolò il nanetto occhialuto pregustandosi scorpacciate di figa da infinocchire persino Siffredi.
– Dispiace a me, tris d’assi.- Squittì il grande giocatore e fece per allungare una mano. Un’ombra, o forse una coda sbucata dal nulla, schioccò repentina cacciandogliela indietro.
– Veramente, dispiace a me,- ghignò tetro Lucky L.- anzi, non mi dispiace affatto.
Improvviso un calo di tensione ci lasciò al buio nel momento esatto in cui risuonò un fruscio di carte. Quando la lampadina riprese ad andare sul tavolo c’erano altre due donne: una di cuori, una di quadri, a pochi centimetri dalla mano di Lucky.
La puzza non lasciava più dubbi sulla propria origine: zolfo.
E merda.
Sì, sarei dovuto andare al bagno prima di sedermi.
– E adesso?- Chiese un arguto Big Jim e istantaneo il colorito bruciacchiato della pelle trasmutò in un’abbronzatura da flash compulsivo e l’espressione si instupidì ancora, se possibile, e il telefono gli prese a urlare in una tasca, tutti lo volevano, tutti lo bramavano, anche se ancora nessuno sapeva chi fosse.
Strana cosa la fama, più sei sconosciuto, più nessuno sa cosa hai mai fatto nella tua inutile vita, più in giro c’è gente pronta a giurare che sei il migliore nel tuo campo, anche se non si capisce bene qual sia il tuo campo.
Il nanerottolo occhialuto s’alzò spigliato e senza proferire parola prese sotto braccio, anzi sopra chiappa, la bellissima dealer.
Ancora non realizzavo ma bastò uno strappo improvviso ad illuminarmi. Mi voltai e vidi le tasche di Fausto, il grande giocatore, gonfiarsi a dismisura, esplodere, dilaniarsi sotto la spinta di rotoli sbucati dal nulla, tipo inaspettate proprietà immobiliari in certe, scomode, indagini. Ne aveva in ogni dove, nei pantaloni, nella camicia, anche in posti non proprio piacevoli. Almeno questo faceva intuire la sua espressione mentre si cacciava una mano dietro il fondo schiena, per estrarla poco dopo avvinghiata attorno ad una mazzetta tra l’arancione-cinquanta euro e il marroncino-non c’è bisogno di specificare.
Rimasi lì in silenzio, guardandoli salutare e ringraziare Lucky L. .
Non dimenticherò mai i loro occhi: grigie orbite vuote sopra sorrisi perlacei. Erano spenti, senza fiamma, orfani di qualsiasi slancio, castrati di qualsiasi pur metaforico attributo genitale.
Allora, siamo rimasti solo noi due. Vuoi abbandonare o continuiamo a giocare?- Mi chiese Lucky L. dando un’altra tirata al bocchino.
Avevo appena visto tre uomini perdere l’anima, andarsene via con lo sguardo privo di segni vitali e un ghigno ebete: tre vite distrutte. Qualsiasi normo dotato avrebbe tagliato la corda finché era in tempo, qualsiasi essere vivente dotato di materia grigia funzionante.
– Giochiamo, ma toglimi una curiosità, Lucy di Lucky Lucy non sta per
Luciano, o sbaglio?
– Arguto.- Rispose gettando via il cappello, mettendo così in mostra due piccole corna sulla fronte spaziosa e appena sotto un lungo naso aquilino e appena sotto due lunghi baffi sottili e appena sot, no, basta così.- Sta per Lucifero, apprendistagista demone di terzo livello, in prova, per servirla.
– Anche all’inferno state impicciati col precariato? Brutta bestia, lo so. Replicai facendo frusciare le carte tra le mani.
– Arguto e coraggioso. Dimmi, non hai forse paura, tu, piccolo umano insignificante?
La temperatura s’era abbassata di una decina di gradi, sulla parete difronte a me si stagliava l’ombra imponente ed alata di Lucky L., e alla sua sinistra una lunga coda appuntita si annodò intorno al bocchino portandolo alle labbra del mio avversario.
– Beh, a dirla tutta, me la sto letteralmente facendo sotto, come ogni altro essere vivente, del resto. Non ha forse paura l’equilibrista in bilico sulla fune, o un padre di famiglia quando controlla l’estratto conto? Eppure, nessuno dei due può permettersi il lusso di fermarsi. E’ proprio questo che fa la pura: ti blocca e ti fotte, come pensare troppo. Ma se non pensi mai al demonio non puoi averne paura. Allora, giochiamo?
– Con quelle poche fiches?- Chiese rilanciando.
Aprì le carte: due di cuori e due di fiori.
Cazzo, gioco una mano col diavolo, o un suo fottutissimo dipendente interinale e cosa pesco? Una coppia di due?
Dio stammi bene a sentire, quant’è vero che esisti, perché se esiste il diavolo devi esistere anche te, e non provarci nemmeno a fare il vago, ti giuro che se perdo questa mano vengo su a prenderti a calci in culo finché non canti “Osanna nell’alto dei cieli” ruttando.
– Bastano a vedere il flop, all in!- Feci lanciando le ultime fiches.
Lucky L. sorrise ancora scoprendo la dentatura aguzza da anchorman e le sue carte: jack e dieci di cuori. Feci lo stesso con le mie e per il momento ero in vantaggio con una coppia di due.
Devo ammetterlo, tra le budella stringevo la certezza di portarmi a casa quella diabolica mano. La stessa sicurezza con cui Lucy schioccò due dita artigliate e il flop si voltò magicamente da solo sotto i nostri occhi, senza sorprendermi eccessivamente.
Insomma, ero cresciuto in uno stato che ti ammazza senza troppi problemi lasciando a spasso assassini e criminali, anzi, dopo pretende addirittura l’indennità di sevizia. Ce ne voleva ormai per stupirmi, che ne so, un celebre cantante gay dichiarato che fa outing ammettendo d’essere etero, per esempio.
Le prime community card furono una coltellata al cuore, anzi, tre coltellate di cuori: asso, re e otto rossi come il cuore, come il sangue, come il mio conto in banca.
– Colore e quasi scala reale!- Sibilò il demone senza contratto fisso.
– Ormai sei fregato, mio povero amico. Voglio essere magnanimo con te, voglio offrirti comunque una via d’uscita, come ho fatto con quei tre.
Perle di sudore presero a sbizzarrirsi lungo la mia schiena neanche fosse lo scivolo di un acqua park. Lo stomaco mi si appallottolò in gola e la mente, sempre cara e premurosa, m’illustrò come fosse tanto stupido giocare senza avere i soldi della posta.
E la vita non ammette mai debiti. Pretende che si saldi tutto e subito, anche con sangue e lacrime se necessario. Anzi, le preferisce proprio.
– Sarebbe?- Chiesi con il tono deciso e sicuro di un paracadutista che s’è lanciato con lo zainetto di Peppa Pig della nipote.
– Diciamo che rilanci usando per posta la tua anima, se perdessi avresti comunque il tuo ritorno.
– Tipo? Sì, ma non rifarmi il giochetto della fiamma visionaria, ti prego. C’è un cingalese, giù a Trilussa, che conosce trucchi migliori.
L’apprendista diavolo stizzì rifoderando il fiammifero. Si schiarì la voce catarrosa per tutti i fumi inalati all’inferno (neanche laggiù le condizioni lavorative sono il top, ma di questi tempi non ci si può mica lamentare) e unì le mani difronte al suo brutto muso.
– Caro il mio aspirante scrittore, tu non hai mai pubblicato, giusto? Nessuno ha mai tessuto lodi sul tuo presunto genio, vero? I tuoi lavori ammuffiscono in cassetti e chiavette usb mentre continui ad arrancare per pagare l’affitto, corretto?
Silenzio assenso di chi è stato beccato in fragrante, e pure latitante col padrone di casa.
– Ecco la soluzione,- continuò Lucy – la tua anima sul tavolo e comunque andrà ho per te, già pronta ed editata, con il tuo nome in calce, la bozza del prossimo best-seller intergalattico: la storia d’amore tra un leghista duro e puro e un rifugiato duro e basta. Che ne dici? Le classifiche di vendita, i premi, l’immortalità, la fama.
– Taglia corto, al massimo io c’ho fame, e pure un frigo vuoto.
Il demone strabuzzò gli occhi sorpreso dal rifiuto. Ripartì subito alla carica.
– Ecco la tua soluzione: soldi! Soldi come se piovessero, assegni in bianco, multiproprietà, investimenti spregiudicati ma ben guidati, conti a sette cifre alle Cayman, alle Barbados, alle Mauritius.
– Senti, a me pesa andare al mare a Fregene, pensa se per un prelievo mi tocca fare dodici scali. Lascia stare non fa per me.
Povero Lucky, lo vidi quasi sbiancare mentre si passava affranto una mano sul volto.
– Ok, allora: donne! E che ne dici, tu che ti accoppi a casaccio come un riccio sotto viagra e sei riuscito ad impallare perfino trucideassatanate.org, potresti avere tutte le donne che vuoi ai tuoi piedi: le più sensuali, le più trasgressive, le femmine più vogliose e accattivanti e stupende del pianeta.
Mi fissò per qualche istante con gli occhi lucidi, era certo d’aver fatto centro. In effetti non era male come offerta, almeno a giudicare dall’inspessito epidermide dei miei palmi e da come l’inquilino di sotto sgomitava tra peli pubici e un sadico elastico intimo.
– Naaah, io preferisco le brutte, quelle sì che ci danno dentro.
Lucky s’affloscio inerme.
Sarà stata l’ansia da prestazione, Satana è pur sempre un capo esigente.
– Non ti buttar giù, te lo faccio io un bel re-raise.
Dal suo sguardo intuì d’aver agganciato il pollo. O magari ero io a essere stato fregato. Era meglio non pensarci.
– Io mi gioco l’anima, e non voglio nulla di quello che m’hai offerto, bensì…
– Bensì?- Chiese con occhi luccicanti.
– La tua anima sul piatto, pari e patta, da onesti bari quali siamo: un  povero cristo e un povero diavolo che si giocano tutto in un’unica mano.
– Vuoi farmi ridere? Cos’hai di così allettante da incuriosire un figlio delle tenebre?
– Coperchi, coperchi per tutte le pentole che avete sul fuoco, e sono tante ormai. Pensaci bene,- continuai notando come l’iride verticale del diavolo si dilatasse intrigato – con tutte queste guerre ed epidemie ed elezioni truccate ed ecocatastrofi e suicidi e famiglicidi e streaming di pestaggi e pesticidi nella frutta e nuovi ordini mondiali e disordini per le strade e uomini senza attributi e donne col pisello, non ci si capisce più nulla, neanche il tuo capo sa dove mettere le zampe. E’ la verità, state perdendo terreno, stiamo diventando più bravi di voi nel vostro stesso lavoro. Pensa se tu sapessi fare i coperchi, saresti il nuovo padrone dell’inferno con un bel contratto a vita, o morte, non so bene come funzioni da voi. Dovrebbero riscrivere la “Divina Commedia” per piazzare te al centro di tutto, le donne ti avrebbero per ogni capello e le demonesse darebbero in escandescenza per te. I diavoli inscenerebbero kolossal sulle tue gesta,- ormai neanche fiatava più, pendeva dalle mie labbra come un verme dall’amo – “L’Inferno quotidiano” e “ Lo Stige 24 ore” ti dedicherebbero le prime pagine da qui all’eternità, saresti il primo diavolo che si è fatto da solo ad arrivare così in alto, o così in basso. Sì, insomma, saresti il padrone di tutto con il culo incollato al trono come quello di un senatore alla poltrona.
Dalla sua bitorzoluta scatola cranica veniva un gran sferragliare di pensieri, aveva l’acquolina sulfurea alla bocca e la coda non gli stava più nelle squame.
– Buah, buahah, buahahahaah, povero idiota, ci sto!- E mi stritolò la mano con quella zampaccia infernale.
Non ebbi il tempo di realizzare cosa avessi fatto che Lucy pescò dal mazzo il turn inchiodandomi alla sedia. Ondeggiò la carta a mezz’aria e sentì le coronarie strizzarsi compulsive quando finalmente la voltò, posandola leggiadra sul panno verde.
Un due di quadri si stagliava sul tavolo riverberando inutili speranze in un piccolo spazio dentro di me, tra lo stomaco e lo gola, o magari tra l’intestino crasso e le cistifellea.
– Un tris di due,- constatò il mio avversario – bel punto, ma non basta.
Certo potresti sperare ancora in un full per battere il mio colore a cuori, eppure sono abbastanza sicuro che la prossima carta sarà una donna, di cuori.
– Punti alla scala reale sperando in una donna di cuori? Non ti hanno insegnato che le donne ne sanno una più del diavolo, e sanno essere anche più stronze quando ci si mettono?
La luce ebbe un impercettibile calo di tensione.
– Non essere arrogante, non puoi sperare di battere il diavolo a poker.
– Se per questo ormai non spero neanche di battere cassa, con i tempi che corrono, poi. Sfortunatamente, però, ho questa congenita passione per il brivido, che ci vuoi fare. Allora, giochiamo?
Allungai la mano, scartai la prima carta dal mazzo, come vogliono le regole, e le regole vanno sempre rispettate, e la posai sul river. Quell’ultima e decisiva carta che portava intrinseca una percentuale di vittoria inferiore a quella di sopravvivenza di una panda troppo pigro anche per accoppiarsi.
– Permetti?- Chiesi con un lieve incrinatura nella voce.
– Prego, è sempre piacevole guardare un umano distruggersi con le proprie mani.
Ecco, è la fine, pensai sollevando la carta.
I miei occhi si spengeranno come quelli dei tre prima di me, pensai  inclinandola di lato mentre la calavo.
E’ una donna di cuori, sussurrò appena Lucky Lucy, e la corrente borbottò ancora. La lampadina disertò ancora per un lunghissimo secondo di oscurità, un secolo.
Il cuore martellava in testa, il sudore sgocciolava dalle mie dita sulla carta, i polmoni non si erano dimentica come assorbire ossigeno.
Ero finito. Ero spacciato. Avevo perso l’anima ad uno stupido gioco.
E luce fu.
Tremolante, fredda, ma fu.
E un grido terribile dilaniò il silenzio, straziò i timpani dei clienti del bar sopra di noi, dei passanti ignari, fuori, in strada. Arrivò a disturbare le frequenze di Radio Maria, facendo così infartare la signora Pistilli, placida ottantenne sintonizzata sulla suddetta radio, che, tra un “Padre Nostro” e un’omelia, si sorbì tutta la discografia death metal degli ultimi quindici anni prima di stramazzare al suolo con la bava alla bocca.
Il volto contratto in una smorfia, le labbra tremanti, gli occhi sempre più bui, sempre più spenti. Lucky Lucy non se la stava passando bene, con l’artiglio in parkinson spinto che puntava dritto davanti a sé, dritto sul panno verde, dritto sul placido due di picche adagiato accanto alla mia mano.
– No…non è possibile.- Tartagliò pallido in volto.
– Cosa ci vuoi fare, aspettavi tanto una donna di cuori e ti sei ritrovato con un due di picche: è la vita, tocca prenderla come viene.
– Ma, ma come facevi a sapere che un diavolo con l’anima impegnata perde i suoi poteri?
– Ah, davvero? Non lo sapevo, buon per me.- Sorrisi, voltai le spalle e feci per andarmene.
– Aspetta, aspetta.- Mi fermò Lucky con le orbite cha andavano a sbiadirsi dal giallo originale a un grigio più convenzionale.- Rivelami almeno come fare i coperchi, ti prego.
– Ops, ho bluffato. Non so neanche prepararmi due Sofficini, figurati se so fare coperchi per pentole. Stammi bene, ciao.
Risalendo le scale verso il bar lo sentii imprecare e maledirsi, bestemmiare mentre prendevo una bottiglia d’amaro al bar, piangere convulsamente quando ormai ero fuori in strada.
E così è come comprai l’anima al diavolo, e adesso la tengo in una bottiglia d’amaro per un gran giorno, ma basta parlare.
Allora, giochiamo?

 

Estratto dal libro Poker d’incubi, scritto da Gianluca Pavia & Lié Larousse, firmato DuediRipicca.
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“Tempo da lupi, si direbbe, e da mostri − tutti troppo umani.
Fremiti, brividi, respiri che si spezzano. I personaggi di questa raccolta − un inconsueto prosimetro contemporaneo − hanno paura o fanno paura.
Qualcuno potrebbe tirare fuori la parola noir, ma forse a sproposito − perché se c’è qualcosa di nero in questi (guarda caso) 17 poesie più 17 testi perturbanti, è il nero che è già nelle cose.
Gli autori lo fanno risaltare giocando con l’idea di incubo, ma si tratta in molti casi di incubi fatti da svegli.”
(dalla prefazione di Paolo Di Paolo)

Se volete acquistare una copia autografata dagli autori scrivete a: duediripicca@yahoo.com

 

 

 

 

 

365 giorni, Libroarbitrio

BLACKOUT di Gianluca Pavia

John Singer Sargent, Atlas and the Hesperides, 1922-25..jpg

“E lui era stanco, stanco di lottare per un lavoro da otto ore al giorno, sei giorni a settimana e due spicci in tasca. Stanco di quelle derelitte amicizie che erano un solo andata per l’inferno, e con una lowcost. Stanco di scappare da guardie e ladri, che dopo un po’ neanche li distingui più. Stanco dei sorrisi sgargianti che vomitano promesse, delle lacrime in diretta per l’ennesimo sacrificio. Stanco della paura spacciata per informazione, del social per sociale, dell’avere per essere. Stanco delle belle facce da copertina, di quelle brutte alle quattro di notte, di non intendere e non poter volere. Stanco di quella vita che prende sempre tutto, senza dar mai nulla in cambio; e lui voleva solo una spiaggia messicana, una tequila e mandare tutti a fanculo. Non era poi tanto, no?”

365 giorni, Libroarbitrio

.in frigorifero, ad aspettare. – Lié Larousse

 

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pubblicato anche nella pagina facebook DuediRipicca
.ah! se fossi io
l’innamorata tua,
non starei a pensare
al letto da rifare
i piatti la spesa
la casa da rassettare,
il cellulare le applicazioni
e il selfie con le amiche da scattare,
né giacca cravatta
o abiti da operaio ti farei indossare,
e le ore poi perderle a contare
come meglio sarebbe
questo e quello impiegare,
ma me ne starei nel letto
tutto il giorno disfatto
a farci fare dall’amore
io di te tu
tu di me io
mentre gli avanzi degli avanzi
geneticamente mutano
in frigo
ad aspettare.
365 giorni, BLACKOUT, Libroarbitrio

Grande serata per l’autore Gianluca Pavia e il suo ultimo romanzo BLACK OUT a LETTURE D’ESTATE

BLACK OUT di Gianluca Pavia per LETTURE D'ESTATE  (17).jpg

Prosa e poesia, ma anche uno straordinario interprete e Roma ad incorniciare la bellissima serata di presentazione di BLACK OUT, romanzo dell’autore Gianluca Pavia, lo scorso martedì per LETTURE D’ESTATE.

Ad accoglierci la contessa, storica dell’arte, ideatrice e organizzatrice dal 1986 della manifestazione Invito alla Lettura nei Giardini di Castel Sant’Angelo, poi chiamata Letture d’Estate Lungo il Fiume e tra gli alberi.

Ad accompagnare la presentazione, la straordinaria interpretazione artistica dell’attore “CATERPILLAR”  con il reading delle poesie dell’autore Gianluca Pavia TARTARE LOVE! , e WISKEY & SODA CAUSTICA.

Un grazie infinito a tutti gli amici, lettori, poeti performer, e curiosi che sono intervenuti.

BLACK OUT di Gianluca Pavia per LETTURE D'ESTATE  (6).jpg

Con la presenza di Biblioteche di Roma, Peter Pan Onlus, Rete Librerie di Roma, Azienda Vinicola Montefalco, e tanti altri, si è restituito, ad uno spazio lasciato al degrado, la bellezza di un tempo e la possibilità di tornare a passeggiare lungo il fiume e tra gli alberi, proprio come cita il titolo della manifestazione completamente gratuita e autofinanziata, volta alla diffusione del libro e della lettura. Offre un panorama abbastanza completo dell’editoria italiana. Con una particolare attenzione alla piccola e media editoria. D’estate, all’aperto, a Castel Sant’Angelo, a Roma. E non soltanto libri, ma anche un’atmosfera da isola felice. Un ricco programma di qualità per tutti i gusti, la possibilità di parlare con garbo, di ascoltare con interesse, di passare una serata diversa, di gustare, soli o in compagnia, ottima musica e uno spuntino di qualità.

BLACK OUT di Gianluca Pavia per LETTURE D'ESTATE  (14).jpg

Quindi un grazie speciale a LETTURE D’ESTATE per l’invito, in particolar modo alla dottoressa Rosanna Vano, a e Lucio Villani & Margherita Schirmacher , a Federica Nastasia e a Giusy Esposito. Grazie per la coinvolgente lettura dell’attore Frank Pelta, e a tutti gli amici, lettori e curiosi che sono intervenuti. Un grazie speciale all’amica e fotografa Sara Teodori per aver reso indelebile la serata. Senza mai tralasciare Pier Paolo Mocci con il suo Map Magazine e la casa editrice Ned Edizioni per aver creduto ne progetto  #BLACKOUT

 

Lié Larousse & Gianluca Pavia/DuediRipicca

365 giorni, BLACKOUT, Libroarbitrio

Questa sera BLACK OUT per l’estate romana a LETTURE D’ESTATE – CASTEL SANT’ ANGELO

Cari amici lettori che vi trovate a Roma, vi aspetto questa sera alle ore 21:30 per l’evento Letture d’Estate ai giardini di Castel Sant’Angelo, presenteremo il romanzo BLACK OUT dell’autore Gianluca Pavia, per la casa editrice romana Ned Edizioni.
Un grazie speciale a Margheritaschirmacher curatrice dell’evento.

LINK DELL’EVENTO E INFO Gianluca Pavia a Letture d’Estate

#roma #blackout #letturedestate

365 giorni, Libroarbitrio

.come ora. – Lié Larousse

Lié - Horlogerie ancienne

.sola come ora
ricordo una pioggia nera
e d’essermi perduta
mentre la notte
ancora vigilava
sul sonno dolce
dell’alba.

Lié horlogerie ancienne 3

Ringrazio tutto lo staff dell’ultimo set: il fotografo Gabriele Ferramola, l’Atelier Horlogerie Ancienne di Lucca, Omai haute couture, Rafael D’Andrè & Waterman, il mio editore Miraggi Edizioni, lo scrittore e poeta Gianluca Pavia.

 

Vi invito tutti cari lettori
alla presentazione di BLACKOUT
romanzo di Gianluca Pavia, edito da NED Edizioni,
che si terrà martedì 7 agosto alle ore 21:30
per Letture d’Estate
presso i giardini di Castel Sant’Angelo a Roma.

 

 

365 giorni, Libroarbitrio

.ad ognuno il suo mondo. – Lié Larousse

Roberto-Ferri-La-Sfinge-2011.jpg

.quella sera
l’uomo
inviò un messaggio
e ripose il cellulare nello zaino,
staccò dal lavoro
infuriato
confuso
esausto
del giorno passato
tra chiacchiere per sentito dire
ipocrisie, maschere bieche
e ingiustizie vere
di tutta questa gente
di questo poco Stato
andando avanti così
arrivato fino a qui
prima ancora di salire in moto
cercarsi per sei piani nello specchio dell’ascensore
bussare alla porta di lei
pensò
di lui, domani
di tutta questa gente
di questo poco Stato
della sua donna
cosa resterà?

quella sera
la donna
lesse il messaggio
ripose il cellulare sul comodino
entrò in doccia
l’acqua tiepida sulla pelle l’accarezzava
mentre a mente ripassava
il suono della sua voce
le linee del viso
la ferocia del suo sorriso
le parole dell’ultimo messaggio letto
ancora nuda mise in tavola due bicchieri
e pane caldo e croccante
versò vino, accostò le persiane
la puntina sul disco prese a girare
e quel gruppo col nome difficile che piace tanto a lui
iniziarono a cantare
pensò
chi se ne frega di domani
del mondo che non sarà
della gente che invece è
dello Stato poi
perché per un momento
o almeno per poche ore adesso
possiamo smettere di starci tanto male
e fare di questo posto un mondo tutto nostro ora
e sentì il campanello suonare
e corse alla porta
vestita solo di quei due bicchieri di rosso aprì
a questo uomo così grande
si alzò sulle punte dei piedi
gli sorrise un bacio
gli accostò il bicchiere alle labbra
lui lasciò cadere lo zaino
e ogni preoccupazione
le strinse i fianchi
bevve di quel bacio e di un sorso di vino
e tutto svanì

quella sera
quell’uomo e quella donna si amarono forte,
si amarono proprio forte.

Roberto Ferri

Opere pittoriche di Roberto Ferri
La Sfinge
Ebe