Roma 9 agosto 2013
Anton Cechov dedicò l’intera sua vita all’attività letteraria.
Convinto assertore dell’impegno sociale in uno stato, la Russia della seconda metà dell’Ottocento, dove gran parte della popolazione viveva in condizioni di miseria e semi-schiavitù, Cechov trascorse volutamente un anno in una colonia penale di deportati in Siberia, per poter scrivere con scrupolosa documentazione un libro-inchiesta sulla condizione dei condannati ai lavori forzati.
Successivamente acquistò una piccola tenuta di terra per sperimentare il modo di vita dei contadini poveri, a beneficio dei quali impegnò i suoi guadagni di scrittore per costruire scuole, strade ed ospedali.
Nel 1900 divenne membro onorario dell’Accademia russa degli scrittori, dalla quale si dimise due anni più tardi per protestare contro l’espulsione dalla stessa, voluta dallo zar, dello scrittore Maxim Gorkij.
Morì in Germania nel 1904.
I suoi racconti e le commedie furono molto influenzati dalla riflessione sulla decadenza della società zarista della quale fu un grande accusatore e le cui miserie quotidiane seppe descrivere con grande capacità di penetrazione, in modo più ironico e grottesco nella produzione giovanile, più amaro e rassegnato in quella dell’età matura.
“La Decorazione”
Nei racconti Cechov dipinge lo squallore della società russa di fine secolo attraverso quadri impietosi della vita quotidiana, in cui agiscono borghesi arrivisti, burocratici cinici, nobili senza valori ideali, uomini e donne attenti solo alle apparenze e alla difesa del proprio rango, individui vittime dei pregiudizi e dell’ignoranza del tempo.
Il racconto La Decorazione è stato pubblicato nel 1884.
Vi si riconoscono tratti di comicità, ironia e ridicolaggine dei personaggi, assurde marionette di un teatrino grottesco, quasi surreale.
A domani
LL
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