365 giorni, Libroarbitrio

“Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”: una favola per amare la lettura e la natura – Fiori di pesco e pagine scritte di Martina Benigni

“Quanto a baciare, come diceva?, «con ardore», come diavolo si faceva? Ricordava di aver baciato pochissime volte Dolores Encarnación del Santísimo Sacramento Estupiñán Otavalo. Forse in alcune rarissime occasioni lo aveva fatto così, con ardore, come il Paul del romanzo, ma senza saperlo.”

(Luis Sepúlveda, “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”)

Il 16 aprile 2020 ci lasciava il meraviglioso Luis Sepúlveda (1949-2020), imprimendo una tristezza indelebile nel cuore di tutti noi. Definendosi sempre “cittadino prima che scrittore” ha speso la sua vita a “dar voce a chi non ha voce”, fino all’ultimo istante, fino all’ultimo, doloroso, addio. Il coronavirus è riuscito a sradicare un uomo che non si era fermato neanche davanti alla dittatura di Pinochet, e a noi oggi non resta che portare avanti le sue idee riguardo alla democrazia, al rispetto per l’ambiente, all’amore e al rifiuto di qualsiasi forma di razzismo, attraverso la lettura della sua magnifica penna.

Lucho, come lo chiamavano affettuosamente gli amici e l’amata moglie Carmen, non fu solo un grande paroliere, ma anche un’attivista politico, un giornalista, un migrante ed un convinto ecologista. Grazie alla sua opera è possibile interfacciarsi con la storia del Novecento in tutte le sue sfumature con un fondo di ottimismo per un mondo migliore, che Luis, senza dubbio ha contribuito e contribuirà a costruire.

Proprio come il poeta Nâzım Hikmet (1902-1963),  l’esperienza del carcere, seppur tremenda, non riesce a scalfire la vitalità interna dell’autore, che infatti riuscirà a scrivere opere di grande bellezza e profondità come “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, favola che tutti i grandi dovrebbero non solo raccontare ai bambini ma leggere e rileggere per ricordarsi che spesso nella vita bisognerebbe imparare ad essere come il gatto Zorba e la piccola Fortunata.

Il libro di cui voglio palarvi, però, è “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”, apparso in Italia nel 1993. Questo romanzo, o “favola ecologica”, parla soprattutto d’amore: non solo quello che “il vecchio” cerca avidamente nei libri, ma anche e soprattutto quello per la lettura in sé e per la natura, grande protagonista di tutta la storia. La vicenda è ambientata a El Idilio, villaggio immerso nel Sud America, dove Antonio José Bolívar Proaño, il “vecchio”, appunto, dimora da moltissimi anni. Per un periodo decide di stare in mezzo agli shuar, indios che gli insegnano a vivere con la foresta, seguendone rispettosamente i ritmi e le leggi. Gli shuar lo trattano come fosse uno di loro, rivelandogli i segreti e le meraviglie del “grande verde”, insegandogli il linguaggio delle piante e degli animali, facendolo a poco a poco allontanare dalla sua mentalità violenta di colono bianco, o gringo. Un episodio particolare costringe il Vecchio a lasciare la comunità degli shuar per stabilirsi in una capanna presso El Idilio dove grazie alle sue conoscenze riesce a risolvere questioni spinose, come quella in cui saranno coinvolti un gringo ammazzato ed un fiero tigrillo che il Vecchio si vede costretto, a malincuore, a cacciare. Proprio quest’ultima faccenda costituisce la vera e propria storia del romanzo, attorno alla quale ruotano personaggi, ricordi e mondi che si incontrano-scontrano.

Antonio conduce una vita abbastanza solitaria e non vede di buon occhio gli uomini che provano continuamente a violentare la natura per i loro sporchi guadagni, costruendo “il capolavoro dell’uomo civilizzato: il deserto”. L’amore per la natura si alterna a quello per la lettura: il nostro Antonio, infatti, fa una scoperta strepitosa: sa leggere. Pensava di essersene dimenticato dopo tanto tempo nella foresta, ma invece, grazie alle elezioni del paese, scopre di esserne ancora capace. Da allora, non farà altro che questo: leggere e ancora leggere rigorosamente romanzi d’amore, “riempiendosi al tempo stesso di dubbi e di risposte”. Non possedendo alcun libro, però,  è sempre costretto a farseli prestare da tutte quelle persone che hanno la possibilità di andare periodicamente in città. Le scene in cui vengono descritte le impressioni di Antonio riguardo ai libri, i pensieri che scaturiscono dalle letture, e lo struggimento per i personaggi che via via incontra, sono di una dolcezza che commuoverebbe anche i cuori più duri.

In poco più di 130 pagine, Lucho, riesce a creare nel lettore le emozioni di un’intera saga, ci si ritrova su un’altalena emotiva dalla quale dispiace dover scendere a fine libro, viene voglia di “pagare un altro giro” e poi un altro ancora, fino a saziarsi di dolori e gioie, lacrime e sorrisi. In poco tempo si è costretti a fare i conti con la violenza di alcuni esseri umani ma anche con la bellezza disarmante di altri, per non parlare delle riflessioni che siamo chiamati a fare rispetto al trattamento che stiamo riservando all’ambiente, grande malato dei nostri tempi. Penso che le ultime righe del romanzo siano le migliori per concludere anche questo articolo la cui autrice, a modo suo, continua a credere e a battersi per un mondo migliore:

“…si avviò verso El Idilio, verso la sua capanna, e verso i suoi romanzi, che parlavano d’amore con parole così belle che a volte gli facevano dimenticare la barbarie umana”.

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AVVERTENZE PER SCRITTORI DELUSI – Lié Larousse

Lié Larousse & Sigmund Freud

Al giorno d’oggi molte opere letterarie di un secolo fa sono considerate dei capolavori, e con esse la bravura dei loro autori, quasi nessuno sa, che queste opere ai tempi della loro pubblicazione non venivano comprese, addirittura nemmeno prese in considerazione dal pubblico lettore e quindi abbandonate sugli scaffali, o peggio negli angusti magazzini e mai giunte in libreria. Altre venivano accolte negativamente dalla critica, a volte, se si era proprio dei grandi scrittori accadevano tutte queste cose assieme, e lo sconforto e la depressione ne erano le indegne conseguenze di anni di studi e lavori di scrittura.
Ora, per carità, non voglio dire che tutte le opere contemporanee che vedono la poca luce di occhi e bocche affamate di leggerle siano tutti dei capolavori, ma, molto spesso so di libri che meriterebbero più interesse da parte del pubblico lettore, ormai assuefatto e sterilizzato mentalmente, ineducato allo sperimentare con la propria testa la piacevole scoperta di un nuovo autore e il suo libro.

Lettori attenti non vi offendete, non è per tutti così, ma siamo sempre gli stessi, quelli che alla fine facciamo già parte del favoloso mondo della lettura, a volte facciamo parte del rarefatto mondo dell’editoria e quindi, forse, abbiamo più di un motivo per voler sperimentare. Ma tra il pubblico lettore quanti di voi sono disposti ad investire quindici euro in un romanzo d’esordio? In una raccolta poetica di un non Gio Evan? Insomma in una lettura al buio di cui non sappiamo nulla a priori dell’autore, nemmeno il profilo instagram?

Mentre a tutti gli autori che si sentono di aver fallito vi dico – non fate così!
Non ha a che fare con il fallimento, né propriamente con voi, ha a che fare con l’apparire e il marketing spietato che sta caratterizzando quest’epoca, un’involuzione umana e tutto ciò che ne concerne, il naturale decorso della vita che si percorre e ripercorre sempre uguale. Magari tra cento anni sarete dei Bestsellers come L’interpretazione dei sogni (1899) e ne godranno i vostri nipoti, economicamente, forse.

Tuttavia se hai pubblicato il tuo libro, e magari non è nemmeno il primo, e nessuno ne parla, e sono sempre troppo pochi a leggerlo, tu continua lo stesso con il tuo lavoro quotidiano per la scrittura, con la lettura, la ricerca, il volere bene e fare del bene, ridi, magia, vivi una vita il più possibile normale, passeggia, scopri un barlume di luce mentre dentro tempesta, abbraccia la notte, ogni tanto lasciati stare e lascia stare le ansie, e di nuovo leggi e di nuovo scrivi, e chi vivrà vedrà, e se sarai letto e venderai tanto e andrai in ristampa sii felice, e se invece arrivi sullo scaffale e vendi dieci copie, nove agli amici e una ad un perfetto sconosciuto, vivi, leggi, scrivi, e sii ancora più felice.

Dal diario di Sigmund Freud:
“Sono stato come tagliato fuori dal mondo; non una foglia si è mossa per dimostrare che l’Interpretazione dei sogni significhi qualcosa per qualcuno. L’ accoglienza che ha avuto il libro e il silenzio che ne è seguito hanno di nuovo distrutto il mio nascente rapporto col mondo” E ancora qualche giorno dopo “Nelle molte ore tristi mi è di conforto pensare che lascio almeno questo libro. In verità il modo come è stato accolto, perlomeno finora, non mi ha recato alcun piacere. Esso ha incontrato la comprensione più avara, le lodi che gli sono state concesse sono misere come la carità; evidentemente non piace alla maggioranza dei lettori e ancora non ho avuto sentore che qualcuno si sia accorto di tutto il suo valore. Mi faccio una ragione di ciò pensando di aver anticipato i tempi di quindici o venti anni. Poi, inevitabilmente, mi assale il dubbio tormentoso che si tratti invece di un giudizio in propriis”

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DIARIO INTERIORE di SARA TEODORI

Giorno 24/08/2018

Sara Teodori - Fotografia di Sara Teodori

Peter Pan, l’Ombra e la Malattia

Vi ricordate di Peter Pan, quel buffo ragazzino che viveva sull’isola che non c’è, combatteva pirati e aveva un seguito di bimbi sperduti a coprirgli le spalle?

Quel buffo ragazzino aveva anche un’altra caratteristica:
cercava disperatamente la sua ombra.

Ma cosa rappresentava davvero l’ombra per Peter Pan?
(Pan dal Dio Pan, dio della natura istintuale e selvaggia, ma questa è un’altra storia)
.
È una domanda che dovremmo porci, perché è una questione che ci riguarda direttamente.

Cos’è l’ombra e perché è così importante?

Carl Gustav Jung la definiva come la somma di tutte le realtà rifiutate, quelle che l’uomo non vede o non vuol vedere e che rimangono quindi inconsce. Ma dov’è il pericolo in questo non vedere?
Il pericolo è che non riconoscendo l’ombra, quindi il negativo, l’inferiore, il “male” in noi, lo proiettiamo all’esterno, sugli altri, vincolando noi stessi in uno status di luce perfetta e il resto del mondo in tutto ciò che non ci piace, con il risultato di creare divisione e dualità.

Secondo questo principio
ciò che ci infastidisce del fuori
è ciò che ci infastidisce del dentro.

Attribuiamo all’ombra tutto quello che non ci piace del mondo senza capire che l’ombra è tutto ciò di cui ha bisogno il nostro mondo interiore per sanarsi.
Ed è qui che arriviamo al rapporto dell’ombra con la malattia.

Cos’è la malattia?
La malattia è un alleato. La malattia è il Lucifero che porta la luce nell’ombra.
La malattia ha questo scopo: farci integrare la nostra ombra, riportarci ad un sano stadio di unità, uscendo dalla dualità.

Ed ecco che i sintomi non sono altro che sveglie, sono il grillo parlante che vuole farci arrivare dritti a scuola, sono amici che a volte sussurrano e a volte gridano nelle orecchie che è tempo di guardare dentro, di accettare quell’ombra dentro di noi e di smetterla di vedere la pagliuzza nell’occhio dell’altro.

Ma quanto è più semplice guardare quella pagliuzza nell’altro? Giudicarla, deriderla e gongolarsi della propria perfezione? È più semplice sì, ma se pensiamo a quanta attenzione e quanta energia spendiamo nello spingere quest’ombra al di fuori, nel combatterla, nel fargli una guerra!
Non sarebbe molto più semplice aprirle le porte e lasciarla entrare?
Lasciare che diventi cosciente e non abbia più bisogno di farci ammalare per farci capire chi siamo?
La malattia ci rende onesti, materializza attraverso i sintomi quelle parti che a tutti i costi neghiamo. E se continuiamo a negare alzerà il tiro, sempre di più. Vale lo stesso per gli incidenti e le situazioni in cui ci ritroviamo nostro malgrado. Quando ci ritroviamo a dire, ma perché proprio a me? Perché mi è accaduta questa cosa? Perché ho incontrato questa persona? Cosa ho fatto di male per meritarmi questo? E’ proprio in questi casi che dovete gioire e ringraziare! Avete la possibilità di osservare tutto ciò che vi manca, avete la possibilità di evolvere!

 E la risposta giusta è :
“E’ successo a me perché doveva succedere proprio a me!”

Tornando a Peter Pan. Se vi ricordate lui cercava la sua ombra, voleva a tutti i costi rincollarla a sé per poter finalmente tornare a volare. E forse è proprio quello che dovremmo fare tutti, perché siamo tutti malati, anche chi non crede di esserlo, poiché siamo duali e siamo tutti incompleti.

E allora su,
prendiamo un po’ di ago e filo e rincolliamoci l’ombra! Farà male all’inizio, ma ne varrà la pena.

 

Testo e fotografie,
dal DIARIO INTERIORE
di Sara Teodori

 

Rubrica online
creata e diretta da Libroarbitrio DuediRipicca #2dR

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.ad ognuno il suo mondo. – Lié Larousse

Roberto-Ferri-La-Sfinge-2011.jpg

.quella sera
l’uomo
inviò un messaggio
e ripose il cellulare nello zaino,
staccò dal lavoro
infuriato
confuso
esausto
del giorno passato
tra chiacchiere per sentito dire
ipocrisie, maschere bieche
e ingiustizie vere
di tutta questa gente
di questo poco Stato
andando avanti così
arrivato fino a qui
prima ancora di salire in moto
cercarsi per sei piani nello specchio dell’ascensore
bussare alla porta di lei
pensò
di lui, domani
di tutta questa gente
di questo poco Stato
della sua donna
cosa resterà?

quella sera
la donna
lesse il messaggio
ripose il cellulare sul comodino
entrò in doccia
l’acqua tiepida sulla pelle l’accarezzava
mentre a mente ripassava
il suono della sua voce
le linee del viso
la ferocia del suo sorriso
le parole dell’ultimo messaggio letto
ancora nuda mise in tavola due bicchieri
e pane caldo e croccante
versò vino, accostò le persiane
la puntina sul disco prese a girare
e quel gruppo col nome difficile che piace tanto a lui
iniziarono a cantare
pensò
chi se ne frega di domani
del mondo che non sarà
della gente che invece è
dello Stato poi
perché per un momento
o almeno per poche ore adesso
possiamo smettere di starci tanto male
e fare di questo posto un mondo tutto nostro ora
e sentì il campanello suonare
e corse alla porta
vestita solo di quei due bicchieri di rosso aprì
a questo uomo così grande
si alzò sulle punte dei piedi
gli sorrise un bacio
gli accostò il bicchiere alle labbra
lui lasciò cadere lo zaino
e ogni preoccupazione
le strinse i fianchi
bevve di quel bacio e di un sorso di vino
e tutto svanì

quella sera
quell’uomo e quella donna si amarono forte,
si amarono proprio forte.

Roberto Ferri

Opere pittoriche di Roberto Ferri
La Sfinge
Ebe

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.la missionaria. – Lié Larousse

Il-pittore-e-la-modella-Gustave-Klimt - Milo Manara

.sfilata la mutandina
mi sono seduta sulla tazza,
il mio bagno – piastrelle blu notte e granito ramato –
mi somigliano queste pareti penso,
e per un bel po’
sono rimasta così
schiena curva, nuca al muro
la mutandina stretta nelle mani
la pipì a farsi luminosa ad intermittenza
e i pensieri
a raccapricciarsi tra loro da quanto schifo si fanno
e a pensare che da bambina
volevo fare la missionaria
e a pensare che l’unica missione che vivo oggi
è tentare di restare al mondo
magari pure rincasando sana e salva
e poi sei sbucato tu
che davvero non me l’aspettavo
e io credimi che me ne aspetto di cose dalla vita
che qui tra cattiverie gratuite e amori improbabili
fregarsene per andare avanti
è fregarsi d’esserci cascati
d’essere andati avanti
e io ti vorrei davanti ai miei occhi adesso
su questo cesso
anche solo per odorarti, abbracciarti e poi scappare
che mica per forza alla fine si deve fare l’amore
e penso che volevo solo fare la missionaria
e più ci penso e più m’incazzo
e si sono fatte le due di notte così
seduta incazzata
in questo cesso meraviglioso che m’assomiglia
e la pipì bella, che tutto illumina
ma a intermittenza.

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MORBOSA CURIOSITA’ – POKER D’INCUBI – GIANLUCA PAVIA LIE’ LAROUSSE – 2dR

Frida Kahlo and Vladimir Mayakovsky

MA TU POKER D’INCUBI L’HAI LETTO?
https://www.amazon.it/PokerdincubiDuediRipicca/dp/8893330644
E soprattutto…

Quando ti nasce il dubbio
che le ore scivolino via
come sabbia tra le mani
mentre costruisci castelli
con carte che non vincono
neanche una mano?

Dove nascondi i dubbi,
le ansie, i mostri?
Nell’armadio,
nella testa
o sotto ad un letto
di foglie
in una foresta dispersa?

Chi ha deciso cosa ti spetti?
Se foto in prima pagina
o un trafiletto tra i necrologi?
E chi il tuo destino:
l’inizio, la fine
e l’intreccio nel mezzo?

Come si discrimina
tra allucinazioni
ed illusioni
quando t’han cresciuto
a suon di lieto fine
e ora ne senti solo il puzzo
della fine?

Perché deve sempre
valerne la pena
e mai
ma proprio mai
la gioia?

…da MORBOSA CURIOSITA’, pagina 17

Gianluca Pavia Lié Larousse
DuediRipicca
#FRIDAKALOeVLADIMIRMAYAKOVSKY
#POKERDINCUBIMORBOSACURIOSITA
Danilo Bultrini Alter Ego Edizioni

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.l’ispirazione dei poeti. – Lié Larousse

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

.cari poeti
che mi lasciate interdetta
non riesco a capire
aiutatemi voi
se sei mora o bionda
allora sei una gran fica a priori?
una dea
una musa
una ninfetta
che merita nota
e cascate d’inchiostro
e lacrime di sangue e fango
e struggimenti
per i vostri racconti?
ma se il pelo è ramato
nessun verso gli viene accordato
allora con gran pena
già dico addio alla vostra penna
a corde di violino
e assoli di chitarra
poi però
per fortuna penso
l’obiettivo e il pennello
ci hanno sempre amate
giovani pittori
pazzi illustratori
addirittura fotografi  in bianco e nero
c’hanno svelato
incantato
loro sì
ci scoprono, ci divorano
ogni giorno
in ogni tonalità
di colore
odore
visione
senza censura
ecco però perché
siamo in via d’estinzione
sono pochi di numero loro
a confronto vostro
ma ci voglio credere ancora
e mi sto domandando
non è che forse
non ne avete mai vista una
di rossa
in carne ed ossa
o che v’accarezza in sogno
al bisogno
un bisbiglio, un abbaglio?
no? certo è un peccato
che se mai ci sarà memoria di noi
sarà solo attraverso il colore
di oli e stampe
ma non in quello
di poetiche parole
ed è troppo triste per me
perciò vi saluto
ma mi raccomando poeti cari
correte, andate,
tenetevi strette le vostre more
e le vostre bionde,
non sia mai scegliessero
un altro ennesimo poetucolo con abduzione
e a voi poi non tocchi
di perdere l’ispirazione.

Lié Larousse

 

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Le ricordanze – Giacomo Leopardi

gerard-daran-_-painter_-france

Viene il vento recando il suon dell’ora
dalla torre del borgo. Era conforto
questo suon, mi rimembra, alle mie notti,
quando fanciullo, nella buia stanza,
per assidui terrori io vigilava,
sospirando il mattin. Qui non è cosa
ch’io vegga o senta, onde un’immagine dentro
non torni, e un dolce rimembrar non sorga.

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LIBERO ARBITRIO – GIANLUCA PAVIA

pablo-picasso

Scegliere di vivere
e alzarsi la mattina
per pagare le bollette,
essere puntuale
e fare il tuo lavoro,
non uccidere nessuno
e mantenere il decoro,
non sono la stessa cosa.
Abbandonarsi e morire
e assaporare un fiore,
danzare sul tintinnio
fuori la finestra
o magari ascoltare
cosa il silenzio ha da dire
non sono la stessa cosa.
Il confine è sottile,
il capello di una donna tra le dita,
il click prima dello sparo,
il bip dell’emergenza,
lo chiamano libero arbitrio
ma è solo una stronzata,
alza il culo
e vai fuori a vivere
oppure
cambia canale
sarai più fortunato.
Forse.