365 giorni, Libroarbitrio

“Il dio vicino” Rabindranath Tagore

donna che osserva il mare

Non finirò mai di cercarTi
sino al mattino in cui rinascerò.
Entrerò in una nuova vita,
una nuova visione apparirà al mio sguardo,
nuovo diventerò a quella nuova luce,
mi legherò a Te in una nuova unione.
Non finirò mai di cercarTi.

Tu non hai confini, non hai confini
perciò il tuo gioco è sempre nuovo.
E io non so con quale veste
sorridente, o Signore, aspetterai sulla strada;
venendo vicino prendi questa mia mano,
e vibrerà nell’aria un nuovo fremito di vita.
Non finirò mai di cercarTi.

Sempre con nuova visione entrami nel cuore.
Vieni con la dolcezza di un profumo, vieni nel canto,
vieni con una carezza inebriante nella membra,
vieni esternamente gioioso nello spirito,
vieni negli occhi lacrimanti di stupore.
Sempre con una nuova visione entrami nel cuore.

Vieni puro, splendente, amoroso,
vieni bello, gioioso, sereno,
vieni in tante diverse forme.
Vieni  nel petto nella gioia e nel dolore,
sempre. Tu sia in ogni azione,
al termine di ogni opera tu sia.
Sempre con una nuova visione entrami nel cuore.

365 giorni, Libroarbitrio

Walt Whitman “Le più belle poesie”

Roma 24 marzo 2014

walt-whitman

Ohimè! O vita!

Ohimè! O vita! Per queste domande sempre ricorrenti,
per la folla infinita di fedeli, per le città  piene di sciocchi,
per il mio continuo rimproverarmi (poiché che è più sciocco di me
e più infedele?),
per gli occhi invano assetati di luce, per gli oggetti perfidi,
per la lotta sempre rinnovata,
per gli scarsi risultati di tutti, per le sordine folle che vedo
attorno a me avanzare con fatica,
per gli anni inutili e vuoti  di coloro che rimangono,
con il resto di me avvinghiato,
la domanda, Ohimè! Così triste, così ricorrente – cosa c’è
di buono in tutto questo? Ohimè! O vita!

(Risposta) Che tu sei qui – che la vita esiste, e l’identità,
che il potente spettacolo continua, e tu puoi contribuire
con un verso.

***

Quando i lillà fiorirono l’ultima volta  nel prato davanti a casa

Quando i lillà fiorirono l’ultima volta  nel prato davanti a casa,
e la gran stella si tuffò presto nel cielo d’occidente, a notte,
io presi il lutto e sempre lo prenderò, ogni volta che torni primavera.
Primavera che sempre ritorni, certo una trinità tu mi porti,
lillà perennemente in fiore e stella che cala ad occidente,
e il pensiero di colui che amo.

O stella possente che cali a occidente!
O ombre della notte – o malinconia notte di lacrime!
O grande stella scomparsa – o nera tenebra che la nascondi!
O mani crudeli che mi trattenete impotente – o anima mia indifesa!
O nuvola severa che mi circondi e non vuoi liberare la mia anima.

Scritta alla morte di Lincoln

A domani
Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

Anna Achmatova “Dedica”

Roma 4 ottobre 2013

 

Marzo 1940

Davanti a questo dolore si curvano i monti,
non scorre un grande fiume,
ma sono solide le serrature del carcere,
dietro di esse i “covi dei forzati”
e una malinconia di morte.

Per qualcuno alita un vento fresco,
per qualcuno languisce il tramonto,
non sappiamo, siamo ovunque le stesse,
sentiamo solo l’odioso scricchiolìo delle chiavi
e i pesanti passi dei soldati.

Ci alzavamo come per una messa mattutina,
camminavamo per la capitale inselvatichita,
là ci incontravamo, più esanimi dei morti,
il sole più basso, la Nevà più nebbiosa,
ma la speranza canta sempre in lontananza.

La condanna…

E subito scorrono le lacrime,
da tutti ormai allontanata,
la vita è come strappata dolorosamente dal cuore,
come gettata  brutalmente supina,
ma va avanti…

Barcolla…

Sola.

Dove sono ora le amiche occasionali
dei miei due anni infernali?
Che cosa scorgono nelle nevi siberiane?
Cosa intravedono nel disco lunare?

A loro mando il mio addio.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

“La notte” di Dino Campana

Roma 3 ottobre 2013

…Ma quale incubo gravava ancora su tutta la mia giovinezza?
O i baci vani della fanciulla che lavava,
lavava  e cantava nella neve delle bianche Alpi! ( le lagrime
salirono ai miei occhi al ricordo).
Riudivo il torrente ancora lontano: crosciava bagnando antiche città desolate,
lunghe vie silenziose, deserte come dopo un saccheggio.
Un calore dorato nell’ombra della stanza presente, una chioma profusa,
un corpo rantolante procubo nella notte mistica dell’antico animale umano.
Dormiva l’ancella dimentica nei suoi sogni oscuri:
come un’icona bizantina,
come un mito arabesco imbiancava in fondo
il pallore incerto della tenda.

A domani

LL