365 giorni, Libroarbitrio

“Ode su un’urna greca & Ode a un usignolo” John Keats

Ricardo Fernandez Ortega

Avere un sorso di vino!
Da lungo, lungo tempo
raffreddato nelle profonde caverne della terra,
dal sapore di Flora, di campagna verde,
danze, canti provenzali, e allegria solare!
Poter bere una coppa colma del caldo Sud,
colma di rossa, vera Ippocrene,
con perle, bollicine scintillanti all’orlo,
e la bocca una purpurea macchia;
potessi io bere, e non visto abbandonare il mondo
e via, con te svanire nella foresta oscura.

Via! Via! Volerò da te, 
non portato da Bacco e dai suoi leopardi,
ma sulle ali invisibili della poesia,
anche se lenta e dubbiosa la mente indugia:
con te, di certo, tenera è la notte…
Ma qui non c’è alcuna luce,
se non quella che dal cielo le brezze hanno soffiato 
attraverso verdeggianti oscurità
e tortuosi sentieri di muschio

365 giorni, Libroarbitrio

“La filosofia dell’Amore” Percy Bysshe Shelly

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Vedi che le montagne baciano l’alto
del Cielo, e che le onde una per una
si abbracciano.
Nessun fiore-sorella

vivrebbe più ritroso verso il fratello-fiore.
E il chiarore del sole abbraccia la terra
e i raggi della luna baciano il mare.
Per che cosa tutto questo mestier tenero
se tu non vuoi baciarmi?

Brigh Star - Abbie Cornish & Ben Whishaw

365 giorni, Libroarbitrio

John Keats “Versi magici”

Roma 22 marzo 2014

E se questa poesia fosse letta ai miei orecchi dalla voce vostra mio Sole,
allora io morirei cullata da un tormento così tenero da volerla,
la morte,
perpetuare all’infinito.

L.L.

Bright Star John keats

Sparire lontano, dissolvermi, e dimenticare
ciò che tu tra le foglie non hai mai conosciuto:
la stanchezza, la malattia, l’ansia qui,
dove l’uomo siede e ascolta lamenti
dove il tremito scuote i pochi , ultimi capelli grigi,
dove la giovinezza impallidisce
e come uno spettro si consuma e muore,
dove anche il pensare è riempirsi di pena
e regna la disperazione dalle ciglia di piombo,
dove la bellezza non può far brillare i suoi occhi
e l’amore nuovo non li piange oltre il domani.

Via! Via! Volerò da te,
non portato da Bacco e dai suoi leopardi,
ma sulle ali invisibile della poesia,
anche se lenta e dubbiosa la mente indugia:
con te, di certo, tenera è la notte
e forse la luna quale regina sta sul trono
con intorno la schiera delle fate stellate.
Ma qui non c’è alcuna luce,
se non quella che dal cielo le brezze hanno soffiato
attraverso verdeggianti oscurità
e tortuosi sentieri di muschio.

A domani
Lié Larousse

365 giorni, Libroarbitrio

“Sparire lontano, dissolvermi, e dimenticare…” : versi magici di Keats

Roma 23 giugno 2013

Sparire lontano, dissolvermi, e dimenticare

ciò che tu tra le foglie non hai mai conosciuto:

la stanchezza, la malattia, l’ansia qui,

dove l’uomo siede e ascolta lamenti

dove il tremito scuote i pochi, ultimi capelli grigi,

dove la giovinezza impallidisce

e come uno spettro  si consuma e muore,

dove anche il pensare  è riempirsi di pena

e regna  la disperazione dalle ciglia di piombo,

dove la bellezza non può far brillare i suoi occhi

 e l’amore nuovo non li piange oltre il domani.

Via!Via!Volerò da te,

non portato da Bacco e dai suoi leopardi,

ma sulle ali invisibili della poesia,

anche se lenta e dubbiosa la mente indugia:

con te, di certo, tenera è la notte

e forse la luna quale regina sta sul trono

con intorno la schiera delle fate stellate.

Ma qui non c’è alcuna luce,

se non quella che dal cielo le brezze hanno soffiato

attraverso verdeggianti oscurità

e tortuosi sentieri di muschio.

Non posso vedere i fiori ai miei piedi

e neppure il dolce incenso che pende sui rami,

ma nell’oscurità profumata intuisco ogni dolcezza

con cui il mese propizio  arricchisce

l’erba, il bosco e l’albero da frutta selvatico,

il biancospino e la rosa canina di campagna,

le viole che presto appassiscono, sotto le foglie,

e la figlia più antica del mese di maggio:

il boccio di rosa muschiata, pieno di vino rugiadoso,

rifugio mormorante d’insetti nelle sere estive.

(…)

Tu non sei nato per morire, uccello immortale!

non ti calpestano generazioni d’affamati.

La tua voce, che sento in questa fugace notte,

già fu ascoltata da re e buffoni:

forse è lo stesso canto  che una breccia aprì

nel triste cuore di Ruth, quando malata dio nostalgia

in lacrime restò nel campo straniero;

lo stesso canto che tante volte ha affascinato

magiche finestre aperte  sulla schiuma

di mari pericolosi, in incantate terre deserte.

Deserte! Questa parola è come una campana

che da te mi riporta alla mia solitudine.

Addio! La fantasia non può più illudermi,

come si dice faccia quest’elfo ingannevole.

Addio, addio! Il tuo lamentoso canto si perde

oltre i prati, oltre il torrente quieto,

al di là del colle, e ora è sepolto

tra i boschi della vicina valle.

E’ stata una visione? Un sogno a occhi aperti?

Svanita è la musica: ” Sono sveglio o dormo?”

John Keats

da

Ode a un usignolo 

A domani

LL

Libroarbitrio

John Keats e la nascita dell’amore più romantico della letteratura

Roma 3 giugno 2013

John Keats dipinto da Severn

Lentamente ci siamo lasciati alle spalle illustri personaggi dell’epoca illuministica per farci largo al futuro, un futuro appassionato e lussureggiante, l’ Ottocento.

Massimo esponente con il quale apriamo le danze è lui, l’amato nostro John Keats, rappresentante massimo del romanticismo inglese.

Ieri abbiamo letto Al Sonno, meravigliosa poesia, oggi leggiamo della sua vita.

Nato nel 1795 nel sobborgo londinese di Moorgate, primo di cinque figli, dopo pochi anni di un’infanzia felice Keats conosce presto la sventura, che lo accompagnerà sempre nel corso della sua breve vita: a otto anni perde il padre, morto per una caduta da cavallo, qualche anno dopo la madre, che lo lascia, con i fratelli, in custodia alla nonna.

Affidato poi dalla nonna a due tutori, Keats è costretto a interrompere gli studi, in cui pure eccelleva, e a lavorare come apprendista chirurgo, ma riesce ugualmente a dedicarsi con passione a vaste letture poetiche e alla scrittura.

Stringe amicizia con Leigh Hunt, editore e poeta, che nel 1817 gli pubblica il primo volume di poesie, intitolato semplicemente Poems.

Come se presentisse che non gli è concesso molto tempo, Keats scrive con intensità febbrile.

Per lavorare indisturbato alle sue opere si trasferisce sull’isola di Wight, e  nel frattempo cura con abnegazione l’amato fratello Thomas, affetto da tubercolosi.

Terminato il poema epico Endymion, Keats parte per un’escursione in Scozia e Irlanda accompagnato dall’amico Charles Brown, ma durante il viaggio avverte i sintomi dell’infezione da tubercolosi e deve interrompere il viaggio.

Al suo ritorno a casa lo aspettano giorni amari: le condizioni del fratello si sono molto aggravate, inoltre Endymion, al pari di Poems, viene stroncato dalla critica.

Nel 1818 il fratello muore, ma nasce uno degli amori più romantici della letteratura: nella casa dell’amico Brown, di cui è ospite a Londra, Keats conosce Fanny Brawne, giovane sarta e ricamatrice, e i due s’innamorano perdutamente.

Ma il poeta è troppo povero per potersi sposare, e la sua salute è minata.

E’ ora che il poeta parte per Roma, grazie a una colletta organizzata dai suoi amici letterati, nella speranza che il clima mediterraneo possa salvarlo dalla tubercolosi. Inizia così l’epistolario tra John e Fanny, nel quale un amore infiammato tenta di colmare la distanza geografica tra i due innamorati.

Non sono pochi i critici che ritengono le lettere d’amore che John indirizza a Fanny all’altezza della sua produzione poetica.

Eppure, la pubblicazione postuma di questa intensa corrispondenza amorosa provocò, nell’Inghilterra vittoriana, un vero e proprio scandalo.

Quindi nel 1820, dopo un burrascoso viaggio in nave, il poeta sbarca a Roma, dove ad accoglierlo c’è il fior fiore della letteratura inglese: Lord Byron, la scrittrice Mary Shelley, inventrice di Frankestein, e Percy Bysshe Shelley, fratello di Mary.

Ma anche a Roma gli inverni possono essere rigidi per chi vive in una soffitta gelida, e per di più si ciba solo di un’acciuga e di un pezzo di pane a causa di un’assurda dieta alla quale lo costringe il medico dopo aver sbagliato la facile diagnosi, e che gli procura atroci sofferenze e allucinazioni, accelerando la sua fine.

Assiste Keats negli ultimi giorni di vita l’amico pittore John Severn, che ci lascia un ritratto del poeta morente in cui mette in risalto l’ancora delicata , eterea bellezza.

Sulla sua lapide, come lui stesso volle, si legge:

Qui giace uno il cui nome fu scritto sull’acqua

A domani

LL

 

 

 

365 giorni, Libroarbitrio

Il favoloso John Keats e il suo “Al sonno”

Roma 2 giugno 2013


targa romana John_Keats

A Roma, sulla facciata di un’antica casa lungo la scalinata di Piazza di Spagna una targa recita:

L’inglese poeta Giovanni Keats, mente meravigliosa quanto precoce, morì in questa casa, li 24 febbraio 1821, ventesimosesto dell’età sua.

Al Sonno

O tu che dolcemente imbalsamando

la silenziosa mezzanotte serri

con le dita benigne e diligenti

gli occhi nostri protetti dalla luce,

compiaciuti dell’ombra, sigillati

in un oblio divino, o soavissimo

Sonno, nel mezzo di quest’inno tuo

chiudi i miei occhi se così ti piaccia,

consenzienti, od aspetta l'”Amen”, prima

che sul mio letto sparga il tuo papavero

le sue cullanti carità. Poi salvami,

o il giorno ormai passato splenderà

sul mio cuscino, generando molti

tormenti; dalla curiosa coscienza

tu salvami, che ancora per il buio

accumula le forze, perforando

come talpa; abilmente nei serrami

oliati gira la tua chiave, e il tacito

scrigno della mia anima sigilla.

di John Keats

A domani

LL