
Siamo al cospetto di un esordio di rilievo. Impregnato di una scrittura spesso barocca, convulsa e a tratti ai limiti dell’espressionismo, tesa a rendere l’idea dinamica del disordine mentale sullo sfondo di una realtà scientifica a sua volta in forte mutamento, il romanzo d’esordio della Larousse si struttura instaurando un’omologia tra la concitazione esterna di un siffatto scenario storico fortemente intuibile e quella interna del protagonista, la cui degradazione dal ruolo di medico a quello di paziente è al centro della vicenda.
Il dinamismo stilistico è dato dall’uso abbastanza originale della seconda persona nella narrazione, che conferisce un’idea di movimento perpetuo. Si è in presenza di una scrittura molto visual, che sembra – ancor più che una sceneggiatura – la tratteggiatura trascrittiva di un film; e tale visualismo s’accompagna a una tematica d’antan (e tuttavia sempre attuale), idonea a essere concretizzabile come film in costume, per la precisione sotto forma di thriller scientifico “vintage”.
L’andamento narrativo – padroneggiato con una sicurezza per nulla scontata – è dunque cinematico, assecondando i contorni di una confusione temporale e identitaria tanto tipica dei modi espressivi del cinema e delle serie tv odierne: l’incarico di mimetizzare i contorcimenti mentali è veicolato dall’irrequietezza della prosa, mentre l’abbondanza di riferimenti anatomici richiama la ricerca di un nuovo equilibrio tra interiorità e contesto nella rappresentazione letteraria, che a sua volta rievoca i cambiamenti dei paradigmi medici e anatomici in un frangente storico precisato con esattezza cronologica fin dall’inizio.
Agganciandosi a una corrente ben consolidata in letteratura dalla Scapigliatura in poi, assi tematici quali isteria e nevrosi anche in “Rid Dementia” si pongono come fondamenti scientifici della dissoluzione dell’io, elemento notoriamente centrale nell’arte (non solo scrittoria) novecentesca.
A ispessire il risultato finale contribuiscono anche accostamenti di genere, che non escludono lo sfociare dei diffusi richiami fisiologici e sensoriali nello splatter.
In definitiva sottostante all’intero pastiche si struttura una mappatura ideologica che ripropone una delle più dibattute questioni di quella che si potrebbe chiamare socialità sanitaria contemporanea: i confini – o meglio sarebbe dire gli ambiti di pertinenza – tra “normalità” e follia, le cui fluttuazioni implicano una ridefinizione tuttora irrisolta tra ruolo terapeutico e posizionamento patologico, che non ha mancato di ispirare nell’immaginario creativo della nostra epoca un fortunato filone incentrato sull’inversione dei ruoli.
Lié Larousse mette a frutto in queste sue pagine anni di studio in materia, come pure la sperimentazione in vari ambiti creativi: sue poesie e racconti hanno ricevuto l’attenzione di Dacia Maraini e Paolo Di Paolo, e il suo blog www.libroarbitrio.com è studiato in Canada e Stati Uniti. Esperienze che fanno sentire il proprio valore in “Rid Dementia”, consentendo al libro di travalicare gli steccati dell’opera di genere – entro i quali per profilo formale e sensibilità provocate avrebbe potuto essere assegnato – per aspirare a orizzonti e uditori di livello più articolato.
Segnalazioni Letterarie
Alberto Raffaelli
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