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“Gigli” Anna Achmatova
Ho colto gigli splendidi e profumati,
pudicamente chiusi,
come una schiera di fanciulle innocenti.
Dai tremuli petali, bagnati di rugiada
ho bevuto profumo, felicità, pace.
Il cuore batteva e tremava, come per un dolore,
i pallidi fiori dondolavano la corolla
di nuovo sognavano quella lontana libertà,
quel paese dove con te sono stata nei sogni…
“Se solo io. Ciuf. Ciuf. Niente conta.” L.L.
Niente conta.
Vedi ci sono binari sul soffitto.
Il ciuf ciuf corre lungo il davanzale di quest’unica finestra.
E m’affaccio. Raccolgo fiori da un suolo senza terra né seme né acqua.
Bugie. Bugie e strazio.
Non ci bere da lì.
Nuvolette di vapore.
Ciuf. Ciuf.
Ciuf. Ciuf.
Ma guardalo che c’è. Mica è immaginario!
Quanto scotta il carbone.
Come l’oro in moneta straccia.
Come i palmi delle sue mani mentre avide lo stringono e se ne affamano.
– Aho macché te sei messa in testa? Nun sei te che decidi se lo voi o nullo voi fà!-
Vabbenevabbenevabbenevabbene
Niente.
Non ho nulla in testa.
Pulita la mia testa.
Poi però per un po’.
Ho trovato un modo almeno.
Per non sentire le loro dita trapassare i fili della corrente.
Capelli di sangue.
E li ho annodati con l’uncinetto.
E per quel po’ ho creduto di aver vinto.
Ma quando fra tutti è tornato lui ho capito che era cosa inutile.
Affranta avvinta sconvolta disgustata terrorizzata
Li ho snodati e fatti ricrescere.
E m’affaccio. E raccolgo fiori dipinti su mattonelle stuccate in pavimenti gelidi.
Perché.
Ciononostante.
Non lo distolgo lo sguardo.
Se io solo potessi salvarli da loro stessi.
Ma non ne sono capace.
Già all’inizio.
Alle lettere dell’alfabeto.
Ma quando è arrivata la coscienza.
Tutto è andato in frantumi.
E loro avevano così bisogno di me.
Ed io così bisogno della loro pena.
E m’affaccio raccogliendo fiori dai petali di polvere nera e steli d’acido melmoso rimasuglio di vecchi bicchieri lungo binari di carne.
Ciuf ciuf dicono le mie labbra insanguinate.
Ciuf ciuf stringono le mie mani insanguinate.
Se solo io fossi capace di salvarli da loro stessi.
Se solo io non fossi la bambina mostruosa che sono.
Se solo io.
So per certo che li salverei tutti.
E invece stanno morendo come i soldati che non vogliono fare la guerra
uno ad uno
colpiti in faccia da un proiettile di cui non hanno sentito l’avvicinarsi.
Poveri.
A volte siamo un giorno senza luce
assassini amatoriali
ispirati dall’odio che zampilla
in gocce di barbiturici fuori produzione,
maledette case farmaceutiche,
ma niente conta vero?
L.L.
Del Poeta è il cuore che ama innocente
Roma 24 maggio 2013
Ella splendida incede, come notte
di cielo limpidamente stellato,
e tutto il meglio di oscuro e di luce
negli occhi e nell’aspetto suo rifulge
dolce in quel tenero chiarore
che il cielo nega allo sfarzo del giorno.
Un’ombra in più, uno raggio in meno
avrebbero sciupato la grazia indicibile
che tra i capelli di ebano si tinge
e sul suo volto poi risplende chiara;
un volto dai pensieri lieti che dicono sereni
quanto puro il loro rifugio sia e prezioso.
E sulla fronte, lungo le dolci guance
e calme, e tuttavia vivaci,
sorrisi docili e colori ardenti
parlano solo di giorni puri
e di una mente serena e sovrana
e di un cuore che ama innocente.
di
Lord George Gordon Byron
A domani
LL
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