365 giorni, Libroarbitrio

PAPIN: Il Re della Bici – di Renata Covi

Fotografia di Renata Covi –

C’era una volta un re … adesso i regni non ci sono più ma in Val Pusteria c’è un signore che domina tra Italia e Austria.
PAPIN è il nome che tutti i ciclisti conoscono. È il re della bicicletta. L’imperatore delle ciclabili tra San Candido Cortina e Brunico e Lienz in Austria. La famosa ciclabile San Candido Lienz è battuta dalle bici di Papin, 52 chilometri nel bosco e lungo il fiume Drava.
Vuoi fare la ciclabile ma ti sei portato il cane e non puoi farlo correre così a lungo?
Papin ti dà la bici con carrellino per il cane, se invece del cane hai i gemelli al seguito, si aggancia alla bici il carrello per i pargoli. Se poi strada facendo ti si rompe la bici, può sempre accadere, arriva il camion e la sostituisce. Insomma qualsiasi percorso tu voglia fare, Papin ha la bici giusta. Se la bici ti da problemi ci pensa Papin. Le sue bici ancora non arrampicano sulle ferrate ma ci manca poco. Anch’io ho arricchito un po’ Papin. Due volte siamo andati a Lienz, due volte ci siamo fatti tutta la strada fino alla scritta ENDE cioè FINE.  Che soddisfazione, come aver vinto una tappa di montagna del Giro d’Italia. Forse mi sono scordata di dire che i 52 chilometri sono tutti in leggera discesa e con poche curve, fa poco Giro d’Italia ma va bene lo stesso.  Arrivati in città si fa come fanno tutti: ci si schianta in un bar della piazza per recuperare velocemente le poche calorie che si erano perse. Sacher Torte e Würstel con patatine fritte dominano la scena. Si mangia e si esulta e ci si lamenta che il sellino ha massacrato il didietro. Soddisfatte le esigenze primarie di mangiare e bere arriva il momento di tornare in Italia a San Candido. Rifare la stesa strada, questa volta in salita, e per di più doloranti per la mancanza di allenamento, non è pensabile. Ma le ferrovie Italo-Austriache hanno dei treni speciali dove si caricano le bici che vengono agganciate alle rastrelliere, in ordine preciso per scaricarle alla fermata giusta. La tua.

Fotografia di Renata Covi

Ci sono ciclisti bravissimi che si arrampicano per la terribile salita di Passo Stelvio, ci sono ciclisti che ti gelano il sangue quando li vedi andare allegramente sui sentieri più impervi di montagna, in mezzo ai sassi, cosa che se perdono l’equilibrio precipitano a valle, eppure noi che affittiamo da Papin bici normali per un’intera giornata ci sentiamo eroi.

Fotografia di Renata Covi

Articolo di Renata Covi

365 giorni, Libroarbitrio

La vita di Seneca (ultima parte)

Roma 17 marzo 2014

impero neroniano

Lucio Anneo Seneca nacque in Spagna, a Cardova, intorno al 4 a.C.; suo padre era quell’Anneo Seneca, detto il Retore, che scrisse un’opera di fondamentale importanza  per la conoscenza dell’oratoria romana al tempo di Augusto; la madre Elvia era donna colta e intelligente. A completare il quadro di questa famiglia, tanto significativa nell’ambito della cultura  romana, ricordiamo il poeta Lucano, nipote di Seneca, figlio di uno dei suoi due fratelli.
Venuto a Roma coi suoi ancora fanciullo Seneca si dedicò agli studi di retorica , ma ben presto fu attratto dalla filosofia, che divenne poi l’impegno costante della sua vita.
Colpito ancora giovane da una forma acuta d’asma per rimettersi soggiornò per qualche tempo da una zia materna in Egitto. Al suo ritorno (dopo un breve periodo di attività forense) entrò a far parte del Senato, ove suscitò l’ira di Caligola per aver parlato un po’ troppo liberamente, dichiarando la sua intenzione di ridare al Senato la dignità ormai persa da tempo.
Nel 41 d.C. , sotto l’impero di Claudio, fu vittima di un intrigo politico  e, coinvolto in uno scandalo, venne esiliato in Corsica, dove rimase per ben otto anni. Solo nel 49 la seconda moglie di Claudio, Agrippina, ottenne il richiamo dell’esule, allo scopo do affidargli l’educazione del giovane figlio Nerone.
Il filosofo si impegnò seriamente ad educare alla dignità d’animo il giovane e, quando questi divenne imperatore, affiancato da Burro, tentò di guidarlo nel governo in qualità di consigliere ufficiale. Ma ben presto il carattere ribelle del principe cominciò a sottrarsi alla benefica influenza politica e morale. Tant’è che dopo l’uccisione di Agrippina, Seneca sfiduciato e disgustato chiese all’imperatore il permesso di lasciare i suoi incarichi; ma ricevette un rifiuto.
Alla morte di Burro, però, adducendo motivi di salute, si ritirò definitivamente a vita privata, per dedicarsi agli studi e alla meditazione.
Nerone, non c’è dubbio, interpretò il ritiro di Seneca come una condanna del suo operato e del suo comportamento, e quando nel 65 venne sventata la congiura pisoniana, per vendicarsi, incluse nella lista dei congiurati il suo vecchio maestro e gli inviò l’ordine di uccidersi.
E Seneca, confortato dall’amore della moglie Paolina e dalla presenza degli amici, si diede la morte tagliandosi le vene. La dignità e la nobiltà dei suoi ultimi momenti, drammaticamente descritti da Tacito, coronano splendidamente la sua vita rivelando la profonda coerenza morale dell’uomo e mettendolo inequivocabilmente al di sopra di qualsiasi critica sul suo agire nel quotidiano.
Non fu certo facile per Seneca vivere senza errori e contraddizioni negli anni bui dell’impero neroniano; la sua opera  ci fa luce sulla sua vita interiore, i suoi travagli, le sue lotte, le sue conquiste, le sue disfatte: contiene insomma tutto il suo iter spirituale verso la saggezza, difficile e faticoso nella pesante atmosfera del momento.
I filosofi non cancellano gli errori e le debolezze umane, ma, come dice Seneca:
“fanno già molto per il solo fatto di concepire e dire cose oneste”.

A domani
Lié Larousse