365 giorni, Libroarbitrio

Il teatro edificante

Roma 17 marzo 2013

Da molti testi letti si evince che il copioso teatro edificante, nonostante la ricchezza e la tenacia dell’impegno, non ha dato opere di grande valore storico letterario. Anch’esso e in particolare quello dei Gesuiti, si fondava piuttosto sui valori dello spettacolo che su quelli strettamente letterari.

Nel teatro sacro si provarono scrittori di interessi diversi da quelli teatrali, come il cardinal Sforza Pallavicino col suo Ermenegildo martire, o Emanuele Tesauro con la sua tragedia Ermegildo.

L’opera di Padre Cinquanta e le tragedie del Tesauro rimangono tra le prove più significative, l’una di un teatro drammatico volto alla realtà, l’altra di un teatro tragico e solenne, che impegna il nuovo stile in un senso religioso.

Il padre Benedetto Cinquanta,  teologo e predicatore dei Minori osservanti, ci ha lasciato una serie di drammi religiosi: Il ricco epulone del 1621, Il figliol prodigo del 1633, Il fariseo e il pubblicano del 1634, Santa Agnese del 1635. Nella Peste del 1630, pubblicata a Milano nel 1632, il Cinquanta colloca la scena nella milanese Porta Tosa; e introduce sulla scena medici, chirurghi, monatti, soldati, commissari, donne e gentil donne, due sacerdoti, un gentil’uomo milanese e un gentil’uomo bolognese. Dalla commedia il Cinquanta deriva il tono narrativo e prosastico dei versi, che tuttavia non impedisce una sostenuta meditazione.

L a meditazione morale muove continuamente da un’analisi precisa della realtà contemporanea, per la quale Egli prova un acuto interesse; come risulta dalla perplessità con cui affronta il problema degli untori, e dalla spregiudicatezza con cui esamina la situazione morale della donna in quel tempo.

A domani

LL