365 giorni, Libroarbitrio

Il romanzo latino: l’Eritreo

Roma 25 marzo 2013

Il romanzo a chiave nel Seicento era un modo per affrontare la realtà, mascherandola e smascherandola insieme, in quest’epoca di particolari successioni storiche politiche: ma il gioco delle maschere e dei labirinti, il moltiplicarsi di un personaggio in altri che lo riflettono era un atteggiamento letterario che si scindeva all’allegoria e come appena detto affamato di  situazioni e necessità politiche che poi andavano riproducendosi in abili poetiche successioni di racconti.

La lingua latina non era soltanto l’espressione di una certa cultura, dell’erudizione, della teologia e della Chiesa, ma era anche l’espressione di una forma di propaganda pubblicistica. L’uso di un linguaggio abbastanza conosciuto da essere un elemento della realtà contemporanea, ma insieme abbastanza raro e convenzionale per essere elemento di stilizzazione e di fissazione, può prestarsi opportunamente a rendere il processo allegorico del romanzo a chiave.

L’opera più letterariamente complessa ed ambiziosa dell’autore italiano Gian Vittorio Rossi è l’ Eudemia. Portato ad uno spiccato senso dell’analisi psicologica, la sua produzione si basa sullo studio dei personaggi,di ritratti di ambienti e di caratteri.

Nato a Roma nel 1577, dottore in legge nel 1596, Gian Vittorio Rossi, si dedicò per molta della sua vita allo studio e alle dotte amicizie. Col suo latino sicuro ed elegante, pieno di nostalgia umanistica veniva riflettendo sulla sua esperienza religiosa che lo portò al servizio del cardinale Andrea Perretti per diciotto anni. Janus Nicius Erythraeus così prese a farsi chiamare, riproponeva le sue riflessioni culturali e del mondo contemporaneo in lavori di scrittura, di fatti  meravigliosi e miracolosi, vere e proprie opere letterarie come la Pinacotheca, Omiliae, Documenta sacra ex evangeliis, Exempla virtutum et vitiorum, ed Epistulae. 

In continua osservazione privilegiando la  dotta satira, compone nel 1664 un romanzo latino l’Eudemia, dove il motivo di un viaggio e di un approdo in terra sconosciuta serve per una ricostruzione reale e fantastica della  Roma contemporanea, in essa l’autore avversa la moda degli scrittori contemporanei rievocando ed invocando l’antica chiarezza: egli si meraviglia che si debba espressamente cercare l’oscurità e rintracciare la vera dottrina e il vero valore nella presunta docta obscuritas.

A domani

LL