365 giorni, Libroarbitrio

Iginio Ugo Tarchetti uno degli “Scapigliati” di Milano

Roma 6 agosto 2013

Poeti Scapigliatura Milano

Iginio Ugo Tarchetti – ma il nome Ugo lo prese solo in un secondo tempo in onore del Foscolo – nacque a San Salvatore Monferrato  nel 1839.

Nel 1859  intraprese la carriera militare e trascorse diverso tempo  nell’Italia meridionale, impegnato nella lotta contro il brigantaggio.

Nel 1865 lasciò l’esercito per recarsi prima a Parma e poi a Milano, dove iniziò la carriera di scrittore pubblicando articoli e racconti su riviste e giornali.

Frequentò salotti importanti, strinse amicizia con intellettuali e artisti che si riconoscevano nel gruppo  degli “Scapigliati” e, come la maggior parte di essi, condusse una vita sregolata all’insegna dell’anticonformismo.

Malato e senza mezzi, morì a Milano, trentenne nel 1869.

Tarchetti ci appare influenzato dai motivi della letteratura nordica romantica, quali l’ossessione della morte, l’attrazione per lo spiritismo, il gusto dell’orrido.

Ispirandosi a scrittori fantastici come Poe, Tarchetti scelse per i propri racconti temi anche macabri , perfettamente in linea con il modello di letteratura “ribelle”, tesa a provocare il lettore, seguito dalla Scapigliatura.

Questo movimento, che tra il 1860 e il 1870 animò l’ambiente culturale milanese, si opponeva fieramente all’idea di letteratura come impegno sociale o morale suggerita dagli intellettuali  romantici milanesi e dal Manzoni; esso  pertanto ruppe nettamente con la tradizione per realizzare un programma  di europeizzazione e di sprovincializzazione della cultura italiana.

Gli scapigliati scelsero  in politica atteggiamenti anarchici, in letteratura preferirono l’introspezione  alla rappresentazione della realtà oggettiva, nella vita privata scelsero la provocazione e le esperienze estreme, che condussero molti di loro all’alcolismo  e al suicidio.

Le sue opere romanzate maggiori sono Fosca e Una nobile follia, Racconti fantastici e Amore nell’arte.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

Il Preromanticismo

Roma 6 giugno 2013

Come abbiamo letto ieri il neoclassicismo fu l’aspetto dominante del gusto dell’età napoleonica, ma, intrecciati con esso troviamo negli stessi neoclassici più tipici come il Monti e il Foscolo, situazioni e toni di una sensibilità assai diversa che si suol raccogliere sotto la comune denominazione  di “Preromanticismo”.

Appartengono al preromanticismo anzitutto il gusto per gli atteggiamenti malinconici, la ricerca della solitudine, l’esaltazione della tenerezza sentimentale e della capacità di commozione come segno di nobiltà e finezza di spirito.

Erano motivi che avevano avuto successo nelle letterature europee del Settecento, specie in Inghilterra e in Francia col genere “larmoyant” (lacrimevole) e l’esaltazione sentimentale del Rousseau, e che quindi si erano diffusi in tutta Europa.

Un altro avvenimento rilevatore del nascere di una nuova sensibilità era stato certamente il successo dei poemi dello pseudo-Ossian. Il fatto che ben presto essi si fossero dimostrati un falso letterario non diminuisce il significato che ebbe la loro diffusione in tutta Europa: in Italia essi furono tradotti già nel 1763 dal Cesarotti, che li preferiva all’Iliade, essi portarono nei letterati e nel pubblico la moda del primitivo, dell’orrido e del lugubre, dei paesaggi foschi, misteriosi e notturni.

Similmente, per l’influenza insieme dell’dell’ultima Arcadia notturna e lunare e di contemporanee esperienze letterarie inglesi e tedesche (la poesia sepolcrale di Young e del Gray, gli Idilli dello svizzero Gessner) si diffondeva una particolare tendenza a cogliere nel paesaggio gli aspetti malinconici in cui identificare e calare un atteggiamento di tristezza e di solitudine interiore.

Sono atteggiamenti che certo preludevano al sorgere della nuova coscienza romantica: all’interno della letteratura dell’età napoleonica essi erano però presenti come elementi di stile e ricerca di particolari contenuti, senza appoggiarsi ad una vera consapevolezza di rappresentare una svolta decisa, una nuova civiltà letteraria.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

L’ipotesi del classicismo

Roma 8 aprile 2013

Il Foscolo, il Leopardi e il Carducci in una tradizione che è insieme riflessione e coscienza di tecnica letteraria e di interesse di poeti e scrittori, videro il Chiabrera e il Testi come creatori di quelle novità di stile, di linguaggio e di forme metriche  che la letteratura italiana doveva continuare nel Settecento e, in un certo modo, sino alla loro poesia stessa.

Il classicismo, il nome cioè e la categoria sotto la quale si raccolgono questi due autori, è stato una ricerca, più inquieta nelle forme che non nello spirito, di strutture nuove e corrispondentemente di temi, se non sempre di sentimenti e di contenuti nuovi.

Il Chiabrera, ammirato dal Marino, viene ricordato con riconoscente esaltazione dal Testi nell’avvertenza alle sue poesie come “il primo a correre questo arringo della pindarica imitazione, riportandone plauso sempre grandissimo, ma non mai maggiore del merito”.

La posizione di questi due scrittori  rispetto al mondo classico, pur diversa dal Marino, non è più quella umanistica né quella rinascimentale: le grandi letterature moderne  si equiparano  a quelle classiche  e quella italiana si colloca in una rete di relazioni e di sollecitazioni con gli stranieri contemporanei  e con gli antichi.

A domani

LL

 

Testo di lettura
La letteratura italiana, Il Seicento
Editore: Iniziative Speciali De Agostini