365 giorni, Libroarbitrio

Luigi Zanazzo: “Vox populi”

Roma 3 luglio 2013

Il poeta Zanazzo nacque a Roma nel 1860. Studioso del dialetto e delle tradizioni popolari della sua città, nel 1880 pubblicò una prima raccolta di poesie dialettale intitolata Vox populi  e nel 1887 fondò la rivista dialettale “Il Rugantino”.

La sua vena creativa e popolaresca si espresse anche in alcune opere  teatrali, quali E’ re Gobbetto  e Li maganzesi a Roma, che riscossero un certo successo di pubblico. La professione di bibliotecario gli permise di approfondire la passione e lo studio del folklore e lavorare  alla pubblicazione di varie raccolte di novelle, favole, proverbi, usi, costumi e canti romani:

Era notte…

Era notte. Una notte tanto bella

con un celo e na luna che incantava.

E io stavo a vardà na finestrella,

che luccicava tanto, luccicava.

E vedevo apparì na capoccella

che arzava la tennina, se n’annava,

poi ritornava indietro e s’affissava

coll’occhi fissi come su na stella.

Allora io je cantai: “Fior de fortuna:

io spasimo pe voi, ciò er core in pena

e voi ve state a contemprà la luna”.

S’uprì la finestrella adacio adacio

e in quer silenzio, appena appena appena,

m’intesi fa un sospiro e mannà un bacio.

A domani

LL

365 giorni, Libroarbitrio

Giuseppe Gioacchino Belli e la sua Roma spietata

Roma 25 maggio 2013

Nato a Roma nel 1791, Belli ha un’infanzia difficile. Rimasto presto orfano, conosce miseria e umiliazioni, ma si fa largo da solo ottenendo un impiego pubblico e segnalandosi nell’Accademia Tiberina.

Negli anni quaranta del primo Ottocento si dedica all’unico figlio, Ciro, facendolo studiare a Perugia perché non ama l’educazione romana impartita dai gesuiti. Ha gran rispetto per la moglie ma molti altri amori lo coinvolgono soprattutto coinvolgono la sua produzione letteraria: per la marchesina Vincenza Roberti dedica un canzoniere petrarchesco, ispirandogli anche piccantissimi versi in dialetto.

Dopo la morte prematura della moglie, ha un trasporto sentimentale per l’attrice Amalia Bettini, corteggiata da letterati come Stendhal, lei si appassiona ai suoi scritti esortandolo, invano, di proporli all’editoria.

Amatore del teatro, Belli, concepisce i suoi sonetti per la dizione vocale. Il secondo matrimonio gli permette economicamente maggiori svaghi, inizia così un periodo di viaggi per l’Italia e ricerche. L’unica città che lo appassiona è Milano che si presenta con i suoi intellettuali impegnati e una forte sensibilità del popolo nell’essere civile, doti che a Roma con i suoi pettegolezzi, l’essere cialtrona e spietata, certamente  mancano.

Nella capitale lombarda approfondisce i suoi studi autodidattici, legge le Poesie milanesi di Porta, si dimette dall’Accademia, commenta Dante con gli amici e fonda ” società di lettura” per aggiornarsi sulle riveste europee; legge ossessivamente i Canti di Leopardi e il romanzo di Manzoni avvicinandosi alle idee liberali.

Tra il 1830 e il 1849 il Belli compone oltre duemila sonetti romaneschi, importante documento sul dialetto romanesco, folclorico e antropologico, una poesia maestra per la forma  e la metrica vivace e caparbiamente espressiva.

Prepara testi introduttivi e note esplicative ma non riuscendo a pubblicarli li legge solo agli amici tra cui Gogol’ che ne resta entusiasta ma fortemente impressionato, tuttavia, la mole di scrittura supera i 45.000 versi, ed egli pubblica solo due piccole antologie nel 1837 e nel 1843.

In quegli stessi anni la nuova politica ecclesiastica lo spaventa a tal punto da dover affidare alcuni sonetti alla figura di monsignor Vincenzo Tizzani,che si occuperà della loro edizione antologica tra il 1865 e il 1866.

Rientrato nella sua odiata Roma sempre più depresso e solo, si dedica alla lettura dei suoi versi ai pochi amici rimasti, restando egli serissimo tra le loro risa.

Muore nel 1863.

A domani

LL