365 giorni, Libroarbitrio

Scrittrici dimenticate: Alba de Céspedes per Fiori di pesco e pagine scritte di Martina Benigni

Alba de Céspedes

“Il grande segreto della vita è eliminare. Proprio così: eliminare tutte le cose inutili, quelle che ci fanno perdere tempo. Bisogna avere la forza di dire di no, se si vuole riuscire in qualche cosa. Ci sono persone che stanno bene solo se si distraggono, non possono restare sole dieci minuti… Quando si scopre di avere un interesse, bisogna essere pronti a sacrificargli tutto. Per scrivere qualche cosa di serio, bisogna dare la vita…”
(Alba de Céspedes, “Diari”)

Alba Carla Lauritai de Céspedes (1911-1997) è stata una scrittrice, una giornalista, una poetessa, un’intellettuale impegnata, una radiocronista, partigiana con lo pseudonimo di Clorinda: una donna.  Suo padre fu in Italia dal 1908 come ambasciatore della repubblica cubana, mentre sua madre era di Roma, città natale di Alba che, tuttavia, affermò più volte di sentire Cuba, “immensa zattera verde”, come sua vera patria.

Seduta sull’erba, con gli occhi chiusi, ascoltavo la voce delle foglie carezzate dal vento, quando mi venne in mente Alba de Céspedes. Non è un caso che le foglie mi abbiano sussurrato il suo nome proprio ora, in aprile, il mese della Libertà, nata sui monti, fra i papaveri rossi e i “nidi di ragno”. E non è un caso se il suo nome mi rimbomba in testa, a pochi giorni di distanza dall’infame voto contro Cuba, tradita da quegli italiani che fino a poco tempo fa la elogiavano per il prezioso aiuto prestato durante la “Fase 1” della pandemia.

Alba si sposò, come d’uso all’epoca, a quindici anni, riuscendo però a separarsi qualche anno dopo. Pubblicò, giovanissima, un racconto sul “Giornale d’Italia” che le valse una certa fama e la possibilità di collaborare con diverse testate giornalistiche, tra cui “Il Messaggero”. A far parlare di sé, però, fu il romanzo “Nessuno torna indietro” (1938), pubblicato da Mondadori nonostante il rischio di censura da parte del regime fascista. A provocare l’indignazione dei fascisti fu la presenza all’interno del romanzo di otto protagoniste, giovani ragazze, che perseguivano una vita libera, all’insegna del rifiuto del modello tanto caro a Mussolini di donna come “angelo del focolare”. Alba dedicherà tutta la sua vita alla scrittura- mezzo di comprensione di sé e del mondo- e soprattutto alla rappresentazione di immagini femminili non stereotipate, bensì vere, limpide, con tutte le loro contraddizioni, i loro dubbi, i loro desideri e le loro lotte per affermarsi in una società che, spesso, finge di non vederle nemmeno.

Tra i romanzi più “femministi” c’è sicuramente “Dalla parte di lei” (1949) che già dal titolo invita il lettore ad immedesimarsi nella protagonista, a indossare lenti e abiti nuovi per cercare di comprendere un mondo che il più delle volte viene giudicato da fuori, sulla base di insensati e violenti stereotipi ancora duri a morire. La protagonista, Alessandra, è forse tra le donne più ribelli e appassionate mai dipinte dalla De Céspedes: è una scrittrice che si misura ogni giorno con la “condizione femminile”, con il problema dell’incomunicabilità e con la violenza del regime fascista. Il romanzo è vivo così come la sua protagonista, che sembra farsi più vicina di pagina in pagina, non solo per via dell’abilità narrativa della sua autrice, che sa farci scendere nella profondità dei suoi pensieri, ma anche per via di una certa facilità, ahimé, a comprendere tutta una serie di meccanismi che sviliscono l’identità femminile e, di conseguenza, il rapporto con l’altro da sé. Come per “Una donna” di Sibilla Aleramo, invito soprattutto i lettori a cimentarsi in questo esercizio di empatia, sperando che possano uscirne arricchiti e alleggeriti, sgombri da ciò che da secoli sembra “normale”, “quotidiano”, ma che così non è.

Oltre a scrivere romanzi, Alba fondò anche una rivista, Mercurio (1944-1948), all’interno della quale lavorarono moltissimi intellettuali antifascisti, che si dedicarono ai temi più disparati, soprattutto per quanto riguarda l’Italia e la sua ricostruzione. Un vero e proprio “luogo letterario” della Resistenza. Fra gli articoli ivi comparsi, penso valga la pena rileggere queste poche righe di Anna Banti (1895-1985) che racconta del suo primo, sudato, voto:

“Quanto al ’46 e a quel che di “importante” per me, ci ho visto e ci ho sentito, dove mai ravvisarlo se non in quel due giugno che, nella cabina di votazione, avevo il cuore in gola e avevo paura di sbagliarmi fra il segno della repubblica e quello della monarchia? Forse solo le donne possono capirmi: e gli analfabeti. Era un giorno bellissimo, si votava in vista di un giardino dove i bambini giocavano fra i grandi che, calmi e sorridenti, aspettavano, senza impazienza, di entrare. Una riunione civilissima; e gli elettori eran tutti di campagna, mezzadri e manovali. Quando i presentimenti neri mi opprimono, penso a quel giorno e spero.”

La ricchissima vita di Alba de Céspedes vanta una marea di esperienze: dal carcere per mano dei fascisti, fino alla partecipata osservazione del ’68 parigino, senza mai smettere di dedicarsi alla comprensione delle trasformazioni in Italia e a Cuba. Una vita a cavallo di una penna, compagna fedele, che ha saputo districarsi fra le pagine più disparate che, per fortuna, possiamo ancora leggere.

Buona lettura!

Articolo di Martina Benigni