365 giorni, Libroarbitrio

“Si dubita sempre delle cose più belle. Parole d’amore e di letteratura” Federico de Roberto & Ernesta Valle

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Milano 1888

Oggi voglio venirti a tergo,
stringerti con le mani la nuda vita,
la vita mia;
risalire, risalire ai grappoli elastici,
e poi possederti,
e farti morire una volta,
due volte, tre volte,
e poi ancora, ancora, e darti
fino all’ultima stilla
la midolla delle mie ossa.
Voglio i tuoi piedi nudi sulla mia faccia.
Voglio la tua carne nuda contro la mia carne.
Sai come le apro
e come le leggo queste tue lettere?
Con la carne irrigidita ed infocata
come nell’attesa
di penetrare nella tua carne umida e pulsante.

365 giorni, Libroarbitrio

“L’illusione” Federico De Roberto

Perché tu manchi sempre in questo sempre fatto d’attimi manchi di più mentre sentirti presente è subito ora adesso profumo di ricordo inventando giorni mai vissuti  sussurrando all’aria preghiere risuono della tua voce nel sogno.
-Perché non mi vieni più a trovare?
Stai lasciando spazio troppo spazio che si fa largo sradicando i cardini delle mie porte di radici asciutte dal tempo a tutti loro ma se voi morti siete capaci come Dio d’ascoltare i pensieri allora ascoltami la mente che ti domanda:
-Vienimi a cercare! Nonno, ohé nonno!… (L.L.)

gDipinto dell’esimio Artista Mabel Rollins Harris ( American )

– Il nonno! il nonno!… Arriva!… Eccolo qui!
Lasciata a precipizio la finestra, ella si mise a correre, insieme con Lauretta, per la casa; gridò dietro l’uscio della camera della mamma: – E’ arrivato!… E’ qui!… – scappò a chiamare le persone di servizio: – Stefana!… Camilla!… – e tornò verso l’anticamera sgolandosi:
– Nonno!…Nonno!…Eccoci, nonno!…
Il nonno, seguito dal portinaio e dal facchino con le valige, era a mezza scala quando ella gli arrivò dinanzi. Abbracciatala e baciatala sulle due guance, esclamò:
– Teresina!…Come stai? Come sta la mamma?
– Bene, nonnuccio… tutti bene!…Anche Lauretta… Dove s’è cacciata?… Toh: eccola lì!…
E scoppiò a ridere perché la sorellina, rimasta indietro, ansimante, scendeva appena allora i primi gradini, uno alla volta, strettamente afferrata alle bacchette della ringhiera. Allora ella risalì di corsa e traversò di nuovo la fila delle stanze, gridando:
– Mamma!… Ohé, mamma, non senti?…E’ arrivato, è qui!
La mamma, ancora un poco pallida, usciva in quel momento dalla sua camera mezzo buia; ella le si buttò addosso, con le braccia aperte:
– Ma vieni!…Fa’ presto!…Eccolo, guarda!
E mentre il nonno, entrato, abbracciava stretto stretto la sua figliuola, ella gli gridava attorno, saltellando, tirandolo per le falde dell’abito, rovesciando domande sopra domande:
– E quando sei partito?…Quanti giorni sei stato per via?…Hai fatto un bel viaggio?… Che si dice in quella brutta Milazzo?… Nonno, ohé nonno!…