365 giorni, Libroarbitrio

“La danza dei ragni” Gianluca Morozzi

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Chandra è in piedi, al centro esatto di un tappeto grande e rosso.
I capelli neri scendono morbidi sul suo corpo sinuoso, rivestendola molto di più della casacca di pizzo che porta addosso. Capelli neri, fusi con la casacca di pizzo.
Nero.
Chandra è alta e le sue gambe sono lunghe, lunghissime, magre. Porta una gonna rossa, così lunga da toccare il tappeto.
Rosso.
C’è uno spacco sul lato sinistro della gonna. Lo spacco rivela una coscia sottile, morbida e bianca.
Bianca.
Sotto la gonna rossa.
Il volto di Chandra sembra uscire da una tela di Botticelli fatta carne, tanto i lineamenti sono aggraziati e dolci. Un’icona profana.

Il ragazzo con la camicia azzurra è seduto sul divano.
Chandra è in piedi sul tappeto.
Chandra parla con estrema dolcezza. Una voce pacata, piacevole e calda.
Vieni qui Marc
Devi imparare a fidarti di me, Marc

Il ragazzo esita qualche secondo, poi si alza in piedi.
Resta per un istante immobile davanti al divano.
Poi raggiunge Chandra sul tappeto.
Chandra lo guarda negli occhi. Sorride, un sorriso appena accennato, giusto l’ombra di un sorriso, su labbra carnose ed invitanti.
Bene. Ora rilassati, Marc. E voltati.

 

tratto da Pene D’Amore, sette racconti erotici
Guanda Editore

365 giorni, Libroarbitrio

“Si dubita sempre delle cose più belle. Parole d’amore e di letteratura” Federico de Roberto & Ernesta Valle

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Milano 1888

Oggi voglio venirti a tergo,
stringerti con le mani la nuda vita,
la vita mia;
risalire, risalire ai grappoli elastici,
e poi possederti,
e farti morire una volta,
due volte, tre volte,
e poi ancora, ancora, e darti
fino all’ultima stilla
la midolla delle mie ossa.
Voglio i tuoi piedi nudi sulla mia faccia.
Voglio la tua carne nuda contro la mia carne.
Sai come le apro
e come le leggo queste tue lettere?
Con la carne irrigidita ed infocata
come nell’attesa
di penetrare nella tua carne umida e pulsante.

365 giorni, Libroarbitrio

“Bura Sancti Benedicti” J.A. Schmeller 1847

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La mia mente vacilla, sospesa all’ago
di una bilancia, e si agita ansiosa,
rinnega la decisione che ha già preso
e si lacera in pensieri contrastanti.

Oh, che tormento!
Vedo la causa del mio male,
ma non cerco di evitarla.
Muoio, mentre sono ancora vivo e cosciente.

365 giorni, Libroarbitrio

Giovanni Verga : la narrativa verista

Roma 13 agosto 2013

Giovanni Verga nacque a Catania nel 1840.

Dopo aver frequentato  la scuola di don Antonio Abate, un fervente patriota, entrò nel corpo della Guardia Nazionale istituito dopo l’arrivo di Garibaldi in Sicilia  e fondò varie riviste politiche e letterarie.

A venticinque anni volle uscire dal chiuso ambiente della provincia catanese e si trasferì prima a Firenze e poi a Milano.

Qui entrò in contatto con intellettuali e nobildonne e rappresentò questo ambiente  in numerose opere narrative e teatrali.

Dal 1874 in poi Verga abbandonò le figure di artisti infelici e donne dell’alta società che popolavano i suoi primi romanzi per volgere la sua attenzione verso personaggi più umili.

La realtà della Sicilia contadina di fine Ottocento divenne quindi protagonista delle sue opere.

Vi rappresentò  l’umile gente del popolo, contadini, braccianti, minatori, carrettieri, pescatori, rivelando l’abbrutimento della lotta per la sopravvivenza che li chiude in un destino disperato e senza scampo.

Emerge da queste opere una visione profondamente pessimistica della vita, dominata dalla consapevolezza che la natura, la società e la storia sono governate da leggi  ingiuste  e immutabili che schiacciano impietosamente  i deboli e li relegano al ruolo di “vinti”.

Al cambiamento  dei temi  corrisponde  un cambiamento  del modello narrativo: la figura del narratore  scompare per lasciar spazio  a una rappresentazione assolutamente oggettiva.

I personaggi si raccontano da soli, parlano direttamente attraverso una prosa asciutta, ricca di espressioni  dialettali con frequente uso del discorso indiretto libero, cioè riportato senza virgolette e senza venire introdotto da verbi come “dire” e “pensare”.

Lo scopo  del Verga era quello di prestare il possibile aderente al reale, che doveva emergere  dalla pagina con forza autonoma.

La narrativa del Verga fu assunta a modello di tutto un movimento letterario al quale fu assegnato il nome di Verismo che diede un contributo fondamentale alla fondazione della tradizione narrativa realistica italiana.

Dal 1893  in poi l’autore  ritornò per periodi sempre  più lunghi  a Catania fino a soggiornarvi definitivamente.

Gran successo ebbero le opere: Storia di una capinera, Eros, I malavoglia, Mastro don Gesualdo, Novelle rusticane.

Morì nel 1922.

A domani

LL